UN DONO 'SPECIALE' DEL 1428
Il messale di prete Acerboni donato alle parrocchie di Pasturo e Baiedo
Regalare un libro (di carta) oggi è un gesto culturale alla portata di tutti, anche se magari non più tanto di moda dopo l’avvento degli e-book e affini dell’era digitale. Ma non era così nel 1428, anno in cui è ambientata la storia che stiamo per narrare. Fino alla metà del Quattrocento, infatti, non esistevano ancora i libri stampati come li intendiamo noi oggi, ma circolavano solo libri manoscritti, cioè scritti a mano, un prodotto del lavoro paziente, meticoloso e al tempo stesso logorante di un amanuense o di un copista attivo in una bottega specializzata oppure nello scrittoio di un monastero o di un convento. Proprio perché fatto a mano, eseguito spesso su commissione e abbellito anche da preziose miniature su richiesta del committente, il libro manoscritto, a differenza di quello a stampa, era per sua natura un oggetto molto costoso e dunque elitario; ogni copia era un pezzo unico. C’è poi un’altra grande differenza: il testo contenuto in un libro manoscritto poteva mutare da copia a copia, per interventi ed errori dei copisti, per accidenti meccanici (perdita di fogli o di interi fascicoli, buchi, guasti per umidità) o per eventuali interventi dell’autore, se ancora in vita. Ma con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, messa a punto da Gutemberg e dalla sua bottega a Magonza, in Germania, nella seconda metà del Quattrocento, costi e tempi di produzione dei libri diminuirono drasticamente e si moltiplicò il numero delle copie di un’opera che potevano essere messe in circolazione. Fu così che il libro diventò, col passare degli anni e con l’avanzamento tecnologico, un oggetto di largo consumo e sempre più alla portata di tutti (o quasi).
Questa premessa ci consente di cogliere appieno e con consapevolezza la portata culturale del dono ‘speciale’ fatto - ben 590 anni fa - da prete Acerboni (de Aserbonibus) alle sue parrocchie di Pasturo e Baiedo. Originario di Sanico in Val Muggiasca (de loco Sanicho Mugiasche), Giacomo Acerboni era prete beneficiale (benfitialis, cioè dotato di un beneficio assicurato dalla comunità di Pasturo) del S.Eusebio, la cui cura d’anime resse almeno dal 1399, come risulta da una pergamena tuttora conservata alla Biblioteca Ambrosiana di Milano1, fino al 1428, come attesta la pergamena, oggetto del presente studio. Prima del 1428 prete Acerboni aveva acquistato (emit) a sue spese (non sappiamo però a quanto) un messale (librum missalis) da prete Bernardo Teoldi (de Teoldis), lecchese, benefiziale della cappella di S. Antonio sita nella chiesa dei SS. Giorgio e Nazzaro a Bellano. Nell’atto di donazione datato sabato 17 luglio 1428 (milleximo quatrocentessimo vigessimo octavo indictione sexta die sabbati decimoseptimo mensis Iullii) il curato Acerboni donava questo prezioso e costoso messale alle chiese di S. Eusebio di Pasturo e di S. Andrea di Baiedo2, delle quali era rettore già da lungo tempo (longis temporibus retroactis). Il donatore stabiliva inoltre che i suoi successori celebrassero mensilmente (singulo mense) una Messa di suffragio per lui dopo la sua morte (missam unam pro salute et remedio anime ipsius domini presbiteri Iacobi) in tutte e due o in una delle chiese di Pasturo e di Baiedo. L’atto fu steso e sottoscritto per testimonio dal notaio Gaspare del fu Filippo Amigoni di Cortenova.
La singolarità di questa pergamena (244 x 363 mm), conservata presso l’archivio parrocchiale di Pasturo, è rappresentata dalle tracce di cucitura lungo tutto il margine sinistro dell’atto che inducono a credere che quest’ultima fosse inserta nel messale stesso; rimarrebbe così giustificata l’espressione “hunc presentem librum” contenuta nella scrittura. Di questo messale si sono perse le tracce.
Un bel gesto, dunque, quello di prete Acerboni che dotò di un libro e quindi arricchì di un bene prezioso le sue parrocchie. Quello del prete di Pasturo non è comunque un caso isolato. Nel 1448 prete Protaso Ciresa (de Cirexis), prevosto della chiesa di S. Martino di Perledo, lasciava per testamento alla chiesa di S. Pietro di Dervio 32 lire di terzioli perché venisse acquistato un messale per quella chiesa3. Un altro de Cirexis, fratello di Protaso, Simone Ciresa, canonico a Bellano, citava nel 1404 tra i paramenti e gli arredi liturgici della sua chiesa prepositurale ben 27 codici di argomento sacro4, a dimostrazione dell’importanza che avevano i libri liturgici nella vita pastorale delle nostre parrocchie.
Concludiamo questo nostro viaggio nella Pasturo del 1428, lasciando la parola alla pergamena, che riportiamo qui di seguito integralmente, sicuri che l’impatto diretto con un documento può avere una sua insostituibile efficacia. Il documento è scritto in latino (era quella allora la lingua del diritto, oltre che della Chiesa e della cultura in genere), in un latino che però non è quello ciceroniano, bensì quello degli atti notarili infarcito di qualche strafalcione dovuto alla lingua parlata, come un uso non sempre grammaticalmente corretto delle doppie (vocabulla al posto di vocabula, Fillipi al posto di Filippi).
In nomine Domini nostri Ihesu Christi millessimo quatrocentessimo vigessimo octavo indictione sexta die sabbati / decimoseptimo mensis Iullii venerabilis vir dominus presbiter Iacobus de Aserbonibus de loco Sanicho Mugiasche / benefitialis Ecclesie Sancti Eusebii loci de Pasturio emit hunc presentem librum missalis suis tamen propriis / dinariis et omnibus eius sumptibus et expensis a venerabili viro domino presbitero Bernardo de Teoldis de Lucho5 [sic] / benefitiali capeli sancti Anthonii sita in ecclesia sanctorum et Georgii et Nazarii de Bellano, et hoc pro / salute et remedio anime ipsius domini presbiteri Iacobi et ut ipsius anima consequi valeat premia / sempiterna. Quem librum prefatus dominus presbiter Iacobus voluit, iussit, statuit et ordinavit cunctis / temporibus esse et uti debere in ecclesia predicta sancti Eusebii loci de Pasturio et etiam in ecclesia sancti / Andree apostoli loci de Baliate quarum ecclesiarum idem dominus presbiter Iacobus longis temporibus retroactis / extitit gubernator benefitialis et rector gratia altissimi creatoris. Et ad hoc ut omnes et / singuli sacerdotes qui post mortem seu obitum ipsius domini presbiteri Iacobi offitiari contullit in dictis / ecclesiis et ipsas ecclesias sub eorum custodia retinere, regere et gubernare velint et dignentur singulo / mense perpetuo omnibusque temporibus duraturis celebrare in dictis ecclesiis seu altera earum missam unam / pro salute et remedio anime ipsius domini presbiteri Iacobi. Dicti eidem sancti scilicet confessor martyr et apostolus, sub / quorum vocabulla dicte ecclesie sunt fondate eorum benigna misericordia ante altissimum creatorem / eiusque inclitissimam genetricem beatissimam virginem Mariam intercessores existant et / animam suprascripti domini presbiteri Iacobi apud omnipotentem collocare dignentur ad possidenda gaudia paradisii.
Ego Gaspar imperiali auctoritate notarius publicus natus quondam ser Fillipi de Amigonibus / de loco Curtenova hanc suprascriptam scripturam parabulla et mandatu prefatorum dictorum dominorum / venerabilium sacerdotum scripsi et me subscripsi in testimonium premissorum.
Marco Sampietro
1 Biblioteca Ambrosiana di Milano, Perg. 3072 Iemale 237.
2 La chiesa di S. Andrea al cimitero, già citata nel duecentesco Liber notitiae Sanctorum Mediolani e riedificata a partire dal 1626, rappresentava l’oratorio maggiore di Baiedo, quello feriale era il piccolo oratorio di S. Pietro martire.
3Archivio di Stato di Milano (ASMi), Notarile, cart. 3356 di Pietro Donato Denti, 1448 luglio 15.
4ASMi, Notarile, cart. 188 di Nicololo Denti, 1404 novembre 7.
5Sta per “Leucho”, cioè Lecco. Nel 1446 prete Bernardo Teoldi era uno dei tre canonici prebendati e residenti del capitolo di Bellano (O. Zastrow, La chiesa dei santi Giorgio, Nazaro e Celso a Bellano, Prepositurale di Bellano, Lecco 1993, p. 207). Risulta inoltre citato negli atti della visita pastorale di Gabriele Sforza compiuta nel 1455 alla pieve di Bellano (Archivio Storico Diocesano di Milano, sez. X, vol. 1, f. 443v; A. Borghi, Chiesa e società nel territorio di Lecco alla metà del Quattrocento nelle relazioni dell’arcivescovo Sforza. La pieve di Bellano, in “Archivi di Lecco”, 1981, n. 1, pp. 352-360
IL GRINZONE n.63