MISSIONARIO AL CONTRARIO
Chi poteva immaginare che un giorno, un africano del Congo, cresciuto tra il verde equatoriale e il caldo tropicale, si sarebbe innamorato delle Pre-Alpi Orobie andando a vivere tra l'altopiano valsassinese e il paese ai piedi della Grigna Settentrionale… Un background valsassinese che, nel corso di ben 17 anni, ha plasmato la mia nuova identità. Perché, da che mondo è mondo, ogni volta che un popolo è entrato in contatto con un altro popolo ha sempre subito ineluttabilmente un cambiamento, un mutamento; ed è proprio la diversità dell'altro ad arricchire la nostra personalità. Il mio credere alla bellezza delle diversità in questi anni di presenza tra Bàrs e Pastür mi ha aiutato a coniugare le diversità delle due sponde del torrente Pioverna, facendo di me un ibrido Valsasnat, ed io mi sento fiero di esserlo.
Innamorato perso della mia terra d'origine, la Repubblica Democratica del Congo, arrivai in Italia, nel 2002, grazie all’amicizia con don Francesco Pedretti, sacerdote della Chiesa ambrosiana e fondatore del Centro di Orientamento Educativo, e a una borsa di studio che mi consentì l’iscrizione alla facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica a Milano. Un vero cursus di studi, alla scoperta di sé e uno strumento per approfondire quanto è decisiva in ogni esistenza la dimensione dell’incontro: “L’uomo non è fatto per vivere da solo, è fatto per entrare in rapporto con l’altro”. Ogni ‘io’ si realizza nell’interazione con un ‘tu’, ogni identità si arricchisce incontrando altre identità. Oggi come oggi cerco di mettere a frutto questo convincimento, veicolando nelle realtà scolastiche i vari percorsi educativi, condividendo con i giovani i temi della convivenza, della coabitazione e dell’integrazione. Parlo della mia terra nella sua varietà invitandoli ad oltrepassare i pregiudizi e stereotipi e a valorizzare il bello delle culture. Nella mia cultura sub-sahariana africana, bantù, congolese, ci sono valori culturali che fanno invidia a tutto il mondo, così come ci sono degli aspetti della medesima cultura di cui vergognarsi. Nella vostra/nostra cultura occidentale, mediterranea, italiana, valssasinese, ci sono altrettanto valori culturali da lodare, come ci sono aspetti di cui vergognarsi... ed è qui che viene il bello, il punto della nostra maturità, ovvero setacciare, prendendo il bello dei popoli e scartando il brutto dei popoli, ognuno però nella propria libertà di scelta.
Grande sette volte più dell'Italia e ricco di risorse minerarie, la Repubblica Democratica del Congo (RDC), ex Congo belga, ex Zaire, è il secondo paese più grande dell'Africa, dopo l'Algeria. Nonostante abbia il sottosuolo più ricco del pianeta, oggi si ritrova tra i paesi meno sviluppati del pianeta. La disintegrazione delle strutture economiche formali e la crisi del controllo politico autoritario post-coloniale, lo stanno spostando sempre più lontano da percorsi riconosciuti di sviluppo. Un paese dilaniato da vent'anni di guerra assurda, decimato dagli “assettati di ricchezze”. All’origine di quella che viene presentata come guerra civile, c’è una lotta per il controllo delle risorse in cui sono coinvolti grandi interessi internazionali ed oligarchie locali. “Il Congo è il termometro della dimenticanza del mondo”.
Ecco perché il mio cuore piange e geme a causa dell'egoismo dell'umano, a causa dell'ipocrisia dell'umano, a causa dell'avarizia dei comuni mortali.
Motivo per cui nei miei incontri nelle scuole cerco di far scoprire popoli e culture in gran parte sconosciuti ma che le migrazioni hanno portato in Italia, tento di farmi ambasciatore di quella cultura dell’incontro, evocata da Papa Francesco, che rappresenta la risorsa più efficace per costruire una convivenza con radici solide in un Paese sempre più multietnico.
Questo desiderio dell'incontro tra varie culture ha fatto scaturire in me il desiderio di iniziare un percorso che facilitasse l'incontro tra persone e tra culture. Quale modo migliore per
sincronizzare le persone se non utilizzare lo strumento più potente che abbatte i muri, la musica? Nel 2010 è stato fondato Elikya, che in lingua lingala del Congo significa “Speranza”, un coro e una realtà associativa che oggi opera su tutto il territorio italiano, è formato da 60 coristi e una decina di musicisti originari di 16 Paesi diversi, in un contesto sociale ed ecclesiale molto vario e mutevole. Elikya vuole mostrare, attraverso la sua espressione, come sia possibile una convivenza pacifica tra giovani appartenenti a diverse nazionalità, lingue e religioni differenti. Il nostro progetto attraverso il linguaggio universale della musica trasmette un messaggio di speranza per tutti i popoli della terra. I principi di pace e fratellanza che danno vita ad ogni azione, vogliono essere la testimonianza di una integrazione e inclusione possibile dove le differenze vengono riconosciute per trovare insieme un massimo comune denominatore, un modello di integrazione che può rispondere alla domanda di quale cambiamento sia possibile al fine di costruire un “mondo di Bene”. Ergo, ringrazio questa terra che mi ha reso un fratello tra i fratelli nella “valle dei sassi”.
Raymond Bahati
IL GRINZONE n.67