DAL RITMO DEL MAGLIO A QUELLO DELLA MUSICA

 

Abita poco distante dalla sua officina e dal torrente Grinzone, che fin dall’inizio con la forza dell’acqua faceva funzionare i vari macchinari. Ha piovuto parecchio negli ultimi giorni e il torrente si fa sentire con tutto il suo fragore. In effetti Fausto, prima di iniziare l’intervista, mi vuole mostrare ancora una volta dove scorre il Grinzone e dove recentemente si è staccato il ceppo di una pianta caduta alcuni anni fa.

In quell’officina Fausto Agostoni ha trascorso quasi tutta la sua vita lavorativa fin da quando, ancora bambino, andava ad aiutare il papà Carlo che nel 1948 aveva acquistato una piccola stalla accanto ad un mulino ed aveva trasformato l’una e l’altro nella sua officina.

Carlo, classe 1916, originario di Cortabbio, aveva iniziato a lavorare assieme ai fratelli nell’officina di famiglia, che produceva vari attrezzi per agricoltori, carpentieri, muratori e falegnami, soprattutto tenaglie. Si sposa nel 1943 con Buzzoni Enrichetta di Barzio; nel 1945 nasce il primo figlio, Fausto, e nel ’48 decide di mettersi in proprio anche perché - mi dice Fausto - “voleva dimostrare di sapersela cavare anche da solo”. Inizia così la propria attività a Pasturo e produce tenaglie di varie grandezze e per diversi usi. “Fabbricavano anche quelle piccole che venivano poi inserite nelle scatole dei trafori dei ragazzi come pure quelle ‘a metà taglio’ che richiedevano particolare attenzione. Mio papà diceva che per trainare in officina il basamento della berta1 ci sono voluti 4 uomini, 1 cavallo e… una damigiana di vino come compenso per il lavoro svolto”.

C’era inizialmente una tubazione in legno che prendeva l’acqua dal Grinzone, sostituita poi da una turbina, che faceva girare la ruota che, attraverso delle pulegge, sollevava la berta e il maglio2 che poi ricadevano pesantemente sul ferro incandescente per tagliarlo e dargli la forma voluta da chi lo stava lavorando: “Sedici colpi di berta per fare una tenaglia”. Dovevano lavorare di notte (pensate ai colpi che si sentivano anche a distanza…) perché di giorno l’acqua serviva alle famiglie che abitavano sotto di loro lungo il Grinzone e soprattutto alla “centralina” del Cugnasca.


         


Per scaldare il ferro e renderlo incandescente nei primi anni si bruciavano i ricci secchi delle castagne, e ne occorrevano tantissimi ovviamente; successivamente hanno iniziato ad utilizzare il carbone. Il ferro incandescente era posto poi sotto i colpi della berta con gli appositi stampi per avere una parte della tenaglia delle dimensioni richieste. Poi occorreva riunire le due parti, temprarle, fare il ‘filo’ (con la mola, rigorosamente a mano), lucidarle e confezionarle…

Nel 1953 nasce la sorella Rita, che si è sposata poi a Ballabio ed ha avuto tre figli. E’ purtroppo mancata lo scorso anno, dopo una breve malattia. 

Fausto ricorda alcuni episodi che l’hanno visto protagonista da piccolo: quando frequentava ancora l’asilo, ha fatto cadere delle scorie bollenti nella latta di vernice che ha preso fuoco; mentre un’altra volta, più grandicello, per lo stesso motivo ha dovuto buttarsi velocemente nel Grinzone per spegnere il fuoco che si era appiccato ai suoi vestiti. Anche Piero Valseschini, un vicino di casa, era corso a soccorrerlo…

Dopo aver frequentato l’asilo (“Ricordo che a volte veniva a prendermi mio papà tutto nero di fuliggine e gli altri bambini si spaventavano”) e le Scuole Elementari, Fausto viene mandato al Collegio Sant’Antonio di Cassago Brianza per frequentare l’Avviamento Professionale: “Mio papà mi ha accompagnato con la Lambretta sulla quale aveva caricato anche un materasso perché i ragazzi che si fermavano a dormire dovevano portarselo da casa… Per me sono stati anni belli e soprattutto utili perché ho imparato anche un po’ di ragioneria e a scrivere a macchina”.

A 15 anni collabora a tempo pieno col papà nell’officina. Sono molti in quegli anni i ragazzi e giovani di Pasturo che ci vanno a lavorare, qualcuno per poco tempo in attesa di altre occupazioni e altri invece per parecchi anni: “Tognèto secrista ha lavorato qui per oltre 15 anni; l’Armando, che era molto capace anche nel preparare gli stampi, per 6 anni; la Stella De Martini per oltre 10 mentre altri (Tino Costadoni, Giovanni ‘perùc’, Pigazzi Ezio, Giovanni Doniselli, ecc) per periodi più brevi”. Tutti ne uscivano, al termine della giornata, neri come il carbone…

Nel 1963 apre, come titolare, una nuova piccola azienda, sempre per produrre tenaglie, a Cassina dove inizia ad utilizzare delle frese3 più moderne; dopo tre anni rientra a Pasturo nella “vecchia” officina, portando anche i macchinari utilizzati a Cassina, mantenendo però la turbina alimentata ad acqua, fino alla chiusura dell’attività nel 2006. Per circa 40 anni Fausto ha sempre prodotto tenaglie, circa 300 al giorno!

“Le tenaglie venivano poi commercializzate, soprattutto all’estero, tramite un’azienda milanese (ECEF) ed anche alcune grosse aziende del lecchese. Nei primi anni le portava a Lecco Mazzoleni Renzo che al ritorno caricava le barre di ferro, e successivamente anche i sacchi di carbone, sul suo motocarro che forse qualche persona fra le più anziane della valle ricorda per la lentezza con cui saliva la Lecco Ballabio”. Successivamente Fausto acquista una “ambulanza dismessa” che diventa un furgone per poter trasportare direttamente la materia prima da Lecco a Pasturo e viceversa le tenaglie. Però siccome tale automezzo non passava in Via Casere, troppo stretta, doveva sempre caricare e scaricare presso la Piazza e fare poi la spola verso l’officina con un’Ape.

Ne 1975 Fausto sposa Albertina Arrigoni, che era amica di sua sorella ed aveva conosciuto a Cremeno. Anche lei collabora col marito nell’attività dell’officina: “Aiutava un po’ in tutto ma soprattutto era addetta al confezionamento: preparava delle scatole di cartone in cui venivano poste le tenaglie dopo averle cellofanate ad una ad una”. Nel 1977 nasce Carlo (morto tragicamente nel 1999) e nel 1982 Giuseppe, sposatosi nel 2016, che lavora alla Ciresa di Introbio.

Dal ritmo del maglio a quello della musica, perché c’è sempre stata la musica nella famiglia di Fausto Agostoni; già il papà Carlo, alpino con sei anni di guerra tra Albania e Grecia, era solito allietare le serate con gli amici suonando il mandolino. Anche Fausto entra nella Banda di Barzio (erano gli anni in cui abitava a Cassina) a 17 anni e suona il clarinetto. Poi aderisce alla Banda di Pasturo dove nel 2012 riceve la medaglia per 50 anni di attività musicale, traguardo superato perché è tuttora attivo suonando il basso, uno strumento che ha “ereditato” dall’Ercolino Invernizzi quando si è ritirato. Innumerevoli sono i ricordi bandistici anche se a Fausto piace indicare l’usanza, in occasione della festa di San Giuseppe, di andare a suonare davanti alle case dove abitava qualche Giuseppe: “Un po’ tutti offrivano da bere ai musicanti, in particolare del vino, per cui le suonate alla fine del percorso lasciavano un po’ a desiderare…”.

Si è sempre divertito anche con la fisarmonica, che ancora suona di tanto in tanto in occasioni particolari o anche sul balcone di casa, come mi raccontano i vicini.

Nel corso degli anni ha fatto parte anche della Compagnia Teatrale di Pasturo che l’ha visto più volte fra gli “attori”.

L’officina rimane comunque nel cuore di Fausto: perché non farne un piccolo museo di storia industriale? “A volte in effetti capita qualcuno interessato a visitarla”. Alcuni anni fa vi si sono recati anche i ragazzi della Cooperativa “Le Grigne” che, con caschetto e guanti d’ordinanza, si sono molto divertiti fra tenaglie e forchettoni…

Fausto infatti conserva con cura e con affetto tutti i macchinari e gli strumenti usati: il maglio, la turbina, la mòla, la fresatrice, gli stampi, i forchettoni… Raccolti in un museo sarebbero una viva testimonianza del lavoro artigianale del dopoguerra.

                                                                                                             Guido

 

 IL GRINZONE N.85