SU E GIU' DAL PIALERAL
La famiglia Aliprandi per molti anni è stata quasi identificata con il Pialeral o meglio con la Còa, dove si arriva sia salendo da Pasturo che da Balisio e si trova un bel laghetto, punto di attrazione soprattutto per i bambini e una volta abbeveratoio di tutte le mandrie che pascolavano nei dintorni.
Sia il nonno Carlo che il bisnonno di Piero allevavano le capre (da qui il soprannome “Cabret” che ancora identifica la famiglia…) sulla Grigna, nella zona degli “scudi”, e due volte la settimana scendevano a portare la pasta per i caprini; di fatto impiegavano una giornata intera tra andata e ritorno con l’asino: “Era un 4 X 4 ma andava piano...” aggiunge Piero.
Il papà Alfredo invece, con la sua famiglia, viveva alla Còa (“C’era anche un’osteria e addirittura il campo per il gioco delle bocce”) ed allevava le mucche. Quando le altre famiglie prima dell’inverno scendevano a Pasturo, gli Aliprandi rimanevano alla Còa sino alla fine di gennaio quando andavano ai Grassi Lunghi da dove, all’inizio di marzo, si spostavano a Erba per risalire, verso metà giugno, al Pialeral.
Alfredo (nato il 30 dicembre 1901 e morto lo stesso giorno nel 1973) ha sposato Merlo Barbara, nata nel 1902. Hanno avuto 7 figli: Carlo (1928, sposato con Galbani Claudia), Piera (1930, sposata con Binda Primo di Costamasnaga), Maddalena (Léna, 1934, sposata con Antonio Anghileri di Lecco), Ambrogio (1937, sposato con Rosanna Combi di Cassina Valsassin), Enrica (Erica, 1940, sposata a Primaluna con Vittorio Buzzoni, che faceva il pastore), Maria (1941, sposata con Anghileri Nino) e Piero nato nel 1944.
La mamma è morta a nemmeno cinquant’anni nel 1951 per cui per gli ultimi tre figli (Enrica, Maria e soprattutto Piero) le sorelle maggiori e, in particolare Léna, hanno dovuto fare da mamma. Successivamente è stata la cognata Claudia, moglie del primogenito Carlo, a seguire il suocero e la famiglia: “Io devo esserle molto riconoscente” mi dice Piero, rimasto ormai solo perché tutti i fratelli e le sorelle sono già deceduti.
Ricorda che allora, la domenica, tutti scendevano dai monti per la Messa, che nei mesi estivi era celebrata alle 4.30 del mattino per permettere a tutti di ritornare alle loro baite e alle diverse incombenze di lavoro con le mucche e nei prati. La prima volta che è andato in Chiesa, Piero, vedendo gli scranni dei confratelli dietro e di fianco all’altare, ha chiesto alla mamma chi utilizzava quella ‘mangiatoia’ che gli richiamava quelle delle stalle…
Piero non ha potuto frequentare la scuola materna (“L’asilo l’ho fatto attorno al laghetto della Còa”) mentre per andare a scuola scendeva tutte le mattine dal Pialeral per risalire poi al termine delle lezioni che allora erano sia di mattino che di pomeriggio: “Partivamo verso le sette e tornavamo per le diciassette, di fatto sempre al buio nei mesi invernali. E poi in stalla, al caldo delle mucche e con la lanterna era una gran fatica fare i compiti… Quando c’era tanta neve, perché allora nevicava molto più di adesso, mio papà a volte ci veniva incontro col cavallo e ci faceva salire in groppa”.
Il primo giorno di scuola Piero ricorda che, mentre tutti i suoi compagni si conoscevano per la precedente esperienza dell’asilo e quindi festeggiavano il reincontrarsi, lui si è trovato in un angolo, spaventato, col Duilio di Baiedo che, abitando a Nava, non aveva neppure lui precedenti esperienze “scolastiche”. Quella specie di isolamento è però durato poco; Piero anche a scuola ha acquisito da subito socievolezza e se c’era qualche scherzo o marachella da fare non si tirava certo indietro, in classe e soprattutto fuori. “Ricordo che un giorno avevamo preso una biscia abbastanza lunga che abbiamo attorcigliato attorno alla maniglia della porta d’ingresso in classe. La maestra ha dovuto chiedere aiuto al Messo comunale per poter entrare… ma poi non ha avuto bisogno di altri per darci un bel po’ di ceffoni…. Ho comunque un buon ricordo delle maestre, una per ogni anno: dalla Licia in prima alla Fausta in seconda e la Olga in terza. In quarta ho dovuto andare, come tutti, a Baiedo con la maestra Valsecchi (tabachina) e così, scendendo dal Pialeral, dovevo allungare la strada. La quinta infine l’ho fatta con la maestra Bambina che era severa ma anche molto brava. Per la sua capacità di tenere la disciplina, ricordo che le avevano affidato anche tre ragazzi di quarta perché la loro maestra non riusciva a gestirli”.
Piero, finite le elementari, ha continuato ad aiutare il papà nell’accudire le mucche, nella fienagione d’estate e nel taglio della legna d’inverno. Nel frattempo i fratelli maggiori (Carlo prima ed Ambrogio poi) avevano iniziato ad andare a lavorare a Lecco alla SAE. Anche loro però collaboravano col papà la sera e nei fine settimana. Per avere più erba andavano fin sui pascoli nella zona degli “scudi” tra la Grigna e la Grignetta: prati molto ripidi dove comunque tagliavano l’erba e facevano il fieno che poi trasferivano alla Còa con tre tratti di fune. Due volte alla settimana occorreva scendere a Pasturo col cavallo a portare i taleggi, che vendevano a Goretti Aldo di Ballabio. Il punto di raccolta era il cortile interno della casa di Merlo Battista… ed è stato così che Piero ha conosciuto sua figlia Giulia che avrebbe poi sposato il 4 ottobre del 1969. “In viaggio di nozze siamo andati a Venezia ma per pochi giorni, era aperta la caccia e non potevo mancare…”.
Ha preso la licenza di caccia a 16 anni e tuttora prosegue, sempre “caccia tipica alpina”: gallo forcello, coturnice e più in basso starne e fagiani. “Una volta c’era molta più selvaggina, in particolare molte coturnici che si sono drasticamente ridotte negli ultimi anni. Sulla Grigna si vedevano anche molte lepri bianche. “La mia ultima l’ho presa nel 1973. Per oltre 25 anni sono andato a caccia assieme a Giuseppe Crimella di Ballabio”.
Come per tutti i cacciatori, sono veramente tanti i fatti, un po’ veri e un po’ rimaneggiati, che anche Piero mi racconta riferiti al periodo della caccia. Importante il fatto di conoscere e tenere puliti i vari sentieri, alcuni dei quali senza i cacciatori non sarebbero più percorribili. Anche alcuni “scherzi” fra i vari cacciatori: “Una volta avevo ucciso e scuoiata una lepre che poi - riempita la pelle col fieno e raddrizzate le orecchie con due legnetti - ho messa di sera in un punto vicino al bosco. Al mattino ho detto a Renato Bonasio che avevo visto una lepre nel prato lì vicino e che probabilmente si trovava ancora lì. Imbracciato il fucile Renato va alla ricerca e, appena la vede, spara ma la lepre non si muove… Solo quando va per prenderla si accorge dello scherzo…”.
Dai 17 ai 21 anni Piero ha fatto anche il ‘portatore’ assieme a Silvio Bergamini per i rifornimenti del Rifugio Brioschi. Partivano davanti alla Chiesa di Pasturo con gli zaini e portavano le varie provviste in vetta alla Grigna. “La fatica maggiore era quando dovevo portare la bombola del gas. Arrivavo in cima con la schiena a pezzi…”.
Da giovane ha partecipato, in particolare assieme a Bonacina Andreino (Folàt) di Introbio, ad alcuni rally di sci alpinismo, fra cui ricorda quello da Barzio fino a Paglio e soprattutto, in una sola giornata, la salita da Introbio al Pizzo dei Tre Signori e da Pasturo al Grignone: “Siamo partiti da Introbio alle tre di notte e abbiamo concluso all’albergo Grigna alle cinque del pomeriggio. Qualche anno dopo, ricordando quell’esperienza, l’Andreino mi ha detto che se fosse stato per lui avremmo fatto in tempo a salire e scendere anche dal Resegone, sempre nella stessa giornata…”.
Nel 1968 Piero va a lavorare alla Bonacina di Lecco dai Morganti, che lo conoscevano perché avevano una casa proprio alla Còa. Alla fine del 1971, dopo un breve periodo alla Mauri, viene assunto dall’Enel, come addetto alle linee esterne: si trattava di ispezionare le linee elettriche, in particolare quelle di alta tensione, per verificare l’efficienza degli isolatori o la presenza di piante che potevano interferire: “Ho lavorato molto col Natalino Arrigoni di Barzio ma anche con l’Andreino di Introbio. Si partiva a piedi seguendo il percorso della conduttura, registrando tutto ciò che si rilevava e predisponendo poi quanto necessario per gli interventi. La manutenzione normalmente si eseguiva di domenica per evitare di interrompere l’erogazione di energia per le varie fabbriche e gli impianti produttivi”.
Forse è anche per questo allenamento, fin da piccolo per andare a scuola e poi per la caccia ed il lavoro, che Pietro è sempre stato un tipo atletico. “Per la verità non solo io ma anche i miei fratelli, anzi anche mio papà. Ho ancora una pergamena che gli assegna il diploma e la medaglia vermeil per essersi classificato 5°, in 2h e 15’, in una gara da Lecco alla vetta della Grignetta, il 7 giugno del 1923”.
Piero ha trovato un altro Diploma, conseguito sempre da suo papà Alfredo nel 1932, alla Cattedra Ambulante di Agricoltura della Provincia di Como, dove ha frequentato il Corso di Istruzione Professionale con esito ‘buono’. E per quel periodo un tale diploma era certamente significativo.
Pensionato dal 1999, nonostante due interventi con protesizzazione ad entrambi i ginocchi, si è rimesso subito in forma ed ha mantenuto il ritmo anche per quanto riguarda i giri in montagna e la caccia.
Piero ha fatto parte per molti anni del Nucleo Antincendio di Pasturo e ricorda in particolare un intervento sopra i Grassi Lunghi nella zona del “Sàs del l’acqua”. Ha operato anche per circa dieci anni come centralinista per la notte al Soccorso Centro Valsassina e dal 2000 è Volontario nel Gruppo di Protezione Civile di Pasturo, un gruppo molto attivo per le diverse attività svolte soprattutto in paese, ma anche in altre zone della provincia. Durante la recente pandemia ha collaborato anche nel servizio presso il Centro Vaccinale allestito nell’area della Comunità Montana.
Non ha per nulla abbandonato la Còa, dove possiede una casa, come pure le famiglie dei suoi fratelli, e dove si reca molto spesso, “campo base” per le escursioni sulla Grigna.
Guido
IL GRINZONE n.82