BRICIOLE DI STORIA PASTURESE
dagli archivi parrocchiali valsassinesi (IV parte)


L’anagrafe parrocchiale, rappresentata dai registri dei battesimi, delle cresime, dei matrimoni e dei morti, nonché dai cosiddetti ‘stati d’anime’1, è, almeno fino al XIX secolo, la fonte principale per gli studi demografici (e non solo) di una comunità. Infatti, grazie a tali registrazioni, che iniziano generalmente nei nostri paesi verso la fine del Cinquecento o ai primi del Seicento, si ha in tal modo un quadro completo della popolazione da un punto di vista non solo demografico e socio-culturale (natalità, mortalità e piramide d’età, tipologia delle famiglie), ma anche onomastico (nomi, cognomi e soprannomi) ed economico (professioni, emigrazione per ragioni lavorative). Accanto alle generalità e allo status sociale e religioso del battezzato, degli sposi o del defunto si possono trovare anche ulteriori annotazioni che ci offrono, dentro un elenco di nomi, solo apparentemente arido, spaccati di vita quotidiana contrassegnati purtroppo, ieri come oggi, anche da episodi di violenza e fatti di sangue.


Cold Case a Pasturo e dintorni tra Cinque e Ottocento

Prendendo le mosse da una fortunata serie televisiva statunitense prodotta dal 2003 al 2010, vogliamo raccontare qui di seguito alcuni “delitti irrisolti” (Cold Case) che si sono consumati in quel di Pasturo e dintorni tra Cinque e Ottocento, a dimostrazione di una diffusa violenza che alimentava la vita quotidiana di tutti gli strati sociali. Povertà e miseria economica, abitudine all’uso delle armi, ruoli sociali e privilegi da difendere o da conquistare comportavano di frequente soprusi, furti, duelli, ferimenti e morti, coinvolgendo nobili, notai, mercanti, religiosi, contadini, servi, soldati, oziosi e vagabondi2.


Attentato al curato di Pasturo

“Nel 1580 certo Domenico Arrigoni tirò un’archibugiata al curato di Pasturo mentre stava salendo i gradini dell’altare per celebrare la messa. Informato S. Carlo della grave «insolentia», veniva dato ordine al Vicario della Valsassina di far arrestare il delinquente affidandolo al Santo Ufficio della Inquisizione, istituito in Introbio per i provvedimenti e le pene del caso”3. Il curato di Pasturo in questione, che riuscì però a portarsi a casa la ghirba, fu don Angelo Rognoni di Vimogno, parroco dal 1575 al 16254; ad imbracciare l’archibugio fu Domenico Arrigoni di Pasturo, un ricco notaio e mercante, che, dopo essere stato invischiato in una torbida vicenda fiscale, morì - pare - tra il 1582 o il 15835. Per la cronaca ricordiamo che anche S. Carlo Borromeo fu vittima di un attentato: era il 26 ottobre 1569 quando il presule, raccolto in preghiera nella sua cappella privata in arcivescovado, fu raggiunto da una archibugiata - fortunatamente non letale - sparata dal frate umiliato Gerolamo Donato detto il Farina, che non ne poteva più del vescovo ambrosiano (ma questa è un’altra storia). L’episodio è raffigurato in una tela appesa alla parete sinistra dell’altare di S. Carlo nell’oratorio dei SS. Fermo e Rustico a Cortenova, tela derivata dall’analogo quadrone realizzato da Giovanni Battista Della Rovere detto il Fiammenghino per il Duomo di Milano6.


Un giallo a Introbio nel 1620

Correva l’anno 1620. L’11 settembre veniva rinvenuto “un homo morto, quale hier sera secondo che dicono fu ammazato a fontana freggia”. “Esse(n)do che detto cadavero è se(n)za testa, et i(n)cognito” fu portato “nel sacrato, seu cimiterio qui di S. Michele […] afinche più comodame(n)te possa essere riconosciuto” e l’allora parroco di Introbio, don Giovanni Angelo Livoro, chiese al Vicario Foraneo della Valsassina di potergli “dare ecclesiastica sepoltura”, sia perché era morto “intra fines dela sua parochia” sia perché “questi dicono che li hanno trovato adosso la corona dela Madona con le medaglie”. Ma la risposta del Vicario fu negativa7.

 

 

Morti violente a Pasturo e a… Roma

Nel registro dei morti prete Giobbe Marazzi, parroco di Pasturo dal 1640 al 1666, registrò alcuni casi di morte violenta accaduti a Pasturo e addirittura a Roma. Il 17 dicembre 1651 morì un Francesco “Cimpanello” dopo una lunga degenza presso l’ospedale di Acquate8 a seguito di una archibugiata: 

 

[...] essendoli stato tirato un archibugiata sopra i monti d’Acquate stete un pezzo al Hospitale d’Acquate dopo fu portato nella Chiesa di S. Jacomo dove subito io lo confessai, feci comunicare dal cappellano e stete in detta chiesa da doi mesi fino alla fine essendo esso sempre stato alieno da sacramenti, essendo più di tre mesi che non ero stato fori di casa di notte Iddio mi mandò al Cantello a confessar le Reverende Monache acciò io non vi fosse mentre morisse e così morse senza sacramenti.

 

A Roma morirono il 13 ottobre 1649 Calimero Anesetti “essendo stato amazato alla storta” (la “Storta” è una zona di Roma nell’Agro Romano a nord-ovest della capitale, una antica stazione di posta lungo il tragitto della Via Francigena) e l’11 giugno 1651 Battista Bastianelli9.

 

Un sororicidio a Premana

Correva l’anno 1670. Era il mese di dicembre. A Premana (in territorio Premanae), nelle vicinanze di una località denominata “alla fucina vecchia”, si consumò un efferato delitto di sangue. Infatti lungo il “callegio”, cioè lungo il sentiero, denominato “il madaletto” (dal dial. medàal, medél, “stanza comune, mucchio, magazzino”; il termine usato al tempo delle miniere indicava il “deposito del minerale ferroso”), furono rinvenute alcune ossa umane (quaedam ossa cadaveris humani). Per alcuni anni quelle ossa rimasero senza un nome. Poi, nel 1674, per confessione di un certo Giacomo Bianchini si scoprì che quelle ossa appartenevano alla di lui sorella, una tal Caterina Bianchini detta Bagerle, che era stata barbaramente uccisa da quella buona lana di suo fratello. Ma chi erano i Bianchini e perché Giacomo ammazzò sua sorella? Quella dei Bianchini era una antica famiglia di notai attestata a Premana dal 1447 al 1675. Ignoti restano i motivi del fratricidio, o meglio, del sororicidio. La vicenda ci viene narrata dal notaio attuario (cioè quello che scriveva le ordinazioni fatte dal consiglio generale e dalla congregazione) del Pretorio di Introbio, Giuseppe Guglielmo Tognus (non altrimenti noto), in un documento conservato presso l’Archivio parrocchiale di Introbio (Varie, cart. I, fasc. 3, atti notarili: 1607-1696)10.

 

Due omicidi con un atto di perdono


I Marchioni a Pasturo erano molto ricchi e superbi come tutti i nobili. Una tradizione locale vorrebbe derivarli dalla Sicilia, di là fuggiti per delitti politici. Nel Seicento esercitavano l’industria del ferro e tra Sette e Ottocento due di loro furono vittime di regolamenti di conti11.

Il 22 giugno 1753 morì Pietro Francesco Marchioni, avvocato e giureconsulto, assassinato proditoriamente e barbaramente con un colpo di stilo. Era allora parroco di Pasturo suo fratello, don Giovan Maria Marchioni, che non registrò il decesso: sul libro dei morti c’è uno spazio bianco con la seguente nota (Archivio parrocchiale di Pasturo, Morti dal 1746 al 1766):

 

Mille Settecento Cinquanta tre li venti due di Giug(n)o. Sotto questa intitolazione doveasi notare la morte dell’Eg(regi)o Sig. Avvocato Pietro Francesco q(uonda)m Gio: Ant(oni)o Marchioni fratello del Rev(eren)do Sig. Gio. M(ari)a Curato di Pasturo

 

Ignoto resta il motivo di questa mancata registrazione.

Mezzo secolo più tardi morì all’età di 22 anni Paolo Marchioni, ucciso con la pistola il 21 novembre 1808. Prima di morire la vittima perdonò il suo assassino.

Ecco la trascrizione del dettagliato atto di morte (Archivio parrocchiale di Pasturo, Morti dal 20 luglio 1797 al 30 luglio 1818):

 

Mille ottocento li vendidue Novembre 

Il Sig.r Paolo Marchioni, figlio del q(uonda)m Sig.r Gio:, di questa Parrocchia, munito de’ S. Sagramenti della Penitenza, Eucaristia ed Estrema Unzione, premessi gli atti di fede, speranza, carità, e di pentimento, e raccomandata l’anima di lui a Dio colle preci della Chiesa prescritte, è passato da questa all’eterna vita in età d’anni ventidue c(irc)a, essendo stata pria al suo cadavere fatta la visita legale della Giustizia per essere stato da un colpo di pistola barbaram(ent)e assassinato la sera anteced(ent)e c(irc)a tre ore di notte, pure perdonato avendo all’uccisore con magnanimità veramente cristiana, ed esemplare, siccome visse; e fatte l’esequie coll’intervento di me Cur(at)o e d’altri quatro Rev(erend)i Sacerdoti, è stato il cadavere di esso sepolto in questo Campo Santo di Pasturo nel di mese, ed anno sud(ett)o; sendosi da’ medesimi Sacerdoti in d(etto) Suffraggio celebrato poscia l’uficio settimo. In fede . P. Gio: Angelo Manzoni, Cur(at)o di pasturo, e Bajedo.

 

Marco Sampietro


 

 

1M. Sampietro, Soprannomi di famiglia nella Baiedo di fine Settecento. Analisi di uno stato d’anime del 1799, in “Il Grinzone”, a. XIX, n. 73, dicembre 2020, pp. 11-14.

2N. Perego, Homini de mala vita. Criminalità e giustizia a Lecco e in terra di Brianza tra Cinque e Seicento, Oggiono 2001.

3A. Mastalli, Parrocchie e chiese della Valsassina nel 16° secolo, in “Memorie storiche della Diocesi di Milano”, Milano 1957, p. 113. Cfr. inoltre E. Cazzani, San Carlo in Valsassina, Saronno 1984, p. 339.

4A. Orlandi, Memorie di Pasturo e Bajedo in Valsassina, Amministrazione Comunale di Pasturo, Pasturo 1995, p. 91.

5A. Orlandi, Le famiglie della Valsassina. Repertorio con brevissime illustrazioni, Lecco 1932, pp. 160-161, A. Borghi, Note sull’Ufficio dell’Inquisizione in Valsassina, in “Archivi di Lecco”, a. XVII (1994), n. 4 (ottobre-dicembre), p. 40.

6Le chiese della Valsassina. Guida storico-artistica, a cura di F. Oriani, Banca della Valsassina, Cremeno 2014, p. 222.

7Archivio parrocchiale di Introbio, Chiesa parrocchiale, cartella I, fascicolo 1.

8Sull’ospedale di Acquate cfr. A. Borghi, Lecco e la sua storia, Dalla crisi del ducato visconteo agli Sforza e al dominio spagnolo, vol. II, Lecco 2021, pp. 497-498.

 9M. Sampietro, Spigolature archivistiche. Vita quotidiana e religiosa nella Pasturo di metà Seicento attraverso le postille di prete Marazzi, in “Il Grinzone”, a. XV, n. 56, ottobre 2016, pp. 13-15. 

10M. Sampietro, Premana 1674. Un giallo dai contorni ancora misteriosi, in “Il Corno”, a. XLIV, n. 4, 2007, p. 34.

11A. Orlandi, Le famiglie della valsassina cit. p. 178.



IL GRINZONE n.82