Da Roma a Pasturo
DUE BOLLE INDULGENZIALI MINIATE DEL 1851
PER LA LOCALE CONFRATERNITA DEL SS. SACRAMENTO
A documentare l’emigrazione pasturese a Roma, oltre al piviale di seta (di cui oggi non vi è più traccia) donato alla chiesa parrocchiale di S. Eusebio dalla pietas dei pasturesi residenti nella Città Eterna, sono anche due pergamene finemente miniate, oggi conservate presso il locale archivio parrocchiale. Si tratta per la precisione di due bolle1 indulgenziali con le quali Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, Bologna 1502 - Roma 1585), papa dal 1572 al 1585, concesse privilegi e indulgenze alla locale Confraternita del Ss. Sacramento, canonicamente eretta il 12 luglio 1581 all’altare maggiore nella chiesa parrocchiale di S. Eusebio. Il pio sodalizio, già istituito da san Carlo quando venne la prima volta in visita il 25 ottobre 1566, verrà poi aggregato nel 1722 alla confraternita della Beata Vergine Maria del Rosario dall’arcivescovo Benedetto Maria Odescalchi e, dopo essere stato soppresso nei tempi turbinosi del governo giuseppino, verrà ricostituito con assenso il 23 giugno 1825 dal Governo austriaco. Procuratore per l’ottenimento delle indulgenze del 1581 da accordare alla confraternita valsassinese fu il pasturese Antonio Merlo, figlio di Ambrogio: “Procurante discreto viro D. Antonio filio D. Ambrosij Merli” (procuratore il distinto signor Antonio figlio del signor Ambrogio Merlo), si legge in calce alla pergamena. Il Merlo faceva molto probabilmente parte di quel gruppo di pasturesi integratisi a Roma, dove si era già trasferito Gian Giacomo figlio di Simone II Arrigoni e padre del cardinale Pompeo, arcivescovo di Benevento.
Le due bolle sono in pergamena stampata e miniata: dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili messa a punto nella seconda metà del Quattrocento da Gutenberg si era diffusa, infatti, l’abitudine di stampare e miniare libri in pergamena, per imitare i manoscritti.
In entrambi gli esemplari pasturesi, vergati dalla stessa mano e miniati dallo stesso artista, il documento indulgenziale si apre con l’invocazione “IN CHRISTI NOMINE” (nel nome di Cristo) seguita dalla clausola augurale “AMEN”. Vengono quindi indicati i nomi degli alti prelati che, in forza di facoltà apostolica ricevuta, concessero privilegi e indulgenze alla confraternita pasturese: il cardinale nonché gran mecenate Alessandro Farnese (Valentano 1520 - Roma 1589), vescovo di Ostia e “protector” della pia e universale Confraternita del Ss. Sacramento nella chiesa di S. Maria sopra Minerva; Giovanni Battista Castagna (Roma 1521 - ivi 1590), vescovo di Rossano, che sarà poi cardinale nel 1583 e papa per pochi giorni con il nome di Urbano VII nel 1590; Giulio Vitellio, chierico della camera apostolica, e il patrizio romano Stefano Crescenzio. Segue il lungo testo dell’indulgenza (61 righe nella prima e ben 99 nella seconda) che si chiude con: a) l’indicazione del tempo e del luogo in cui fu redatto il documento: “Datum Romae in Templo Beatae Mariae supra Minervam in nostra congregatione, sub Anno a Nativitate Domini Nostri Jesu Christi Mille Quingentesimo Octuagesimo primo Indictione2 nona Die vero XII mensis IVLII Pontificatus Sanctissimi in Christo Patris et Domini Nostri GREGORII divina providentia Papae XIII, anno X” (Dato a Roma nel tempio della Beata Maria sopra Minerva nella nostra congregazione, nell’anno 1581, indizione 9, 12 luglio, decimo anno del Pontificato del Santissimo Padre in Cristo e del Signore Nostro Gregorio per divina Provvidenza Papa XIII); b) l’elenco dei testimoni: “Praesentibus nobilibus viris Hieronymo Spannocchio et Laelio Cicada Civibus Romanis Testibus” (alla presenza dei nobili romani Gerolamo Spannocchio e Lelio Cicada come testi); c) le firme di Giulio Vitellio e di Stefano Crescenzio “administrator”, nonché il notaio rogatario dell’atto.
Le due pergamene pasturesi sono molto interessanti da un punto di vista artistico. Presentano, infatti, una ricca e pregevole cornice finemente decorata con tondi intervallati da elementi ornamentali di gusto tipicamente rinascimentale (girali vegetali e candelabre con motivi fitomorfi, vasi, cornucopie e mascheroni). Sono inoltre inseriti vari simboli cristologici, tra cui la croce con gli strumenti della passione, nonché gli stemmi del cardinale Alessandro Farnese (sei gigli azzurri in campo d’oro) e di papa Gregorio XIII (il drago in un ovale con lo stemma sormontato da chiavi decussate a doppio cordone e da tiara). La parte superiore è arricchita, in entrambi i casi, da tre tondi con figure: a sinistra una Madonna col Bambino (cui si aggiunge, in un caso, San Giovannino), la cui composizione richiama modelli del Cinquecento fiorentino come ad esempio Andrea del Sarto (1486-1530); al centro un ovale con due Angeli, che reggono il calice con l’Ostia eucaristica sormontata da un baldacchino processionale ad ombrello, accompagnati da un cartiglio recante le parole “VERBVM / CARO / FACTVM EST” (Il Verbo si fece carne; Gv 1, 14); a destra un santo Vescovo con pastorale e libro in mano che potrebbe essere identificato con sant’Eusebio, patrono di Pasturo.
Le due pergamene pasturesi sono altresì importanti e storicamente interessanti per via del loro contenuto: la concessione di indulgenze, espressione della suprema autorità pontificia, che era stata oggetto di durissima critica 64 anni prima quando il 31 ottobre 1517 un monaco e teologo tedesco, Martin Lutero, con le sue 95 “tesi” (della cui “pubblicazione” quest’anno cade il V centenario) aveva dato simbolicamente inizio alla Riforma protestante.
Marco Sampietro
* Ringrazio per la consulenza artistica Giovanna Virgilio.
1 Così chiamate dal sigillo metallico applicato al documento mediante cordicelle di seta rossa e gialla annodate attraverso piccole aperture nel documento stesso.
2 Il termine “indizione”, che in età imperiale ha il significato di “esproprio” (di tutto ciò che serve all’esercito e alla corte), fu utilizzato, a partire dalla fine del III secolo d.C., per datare l’anno finanziario, che aveva inizio il 1° settembre, e poi come indicazione cronologica corrente utilizzando serie di quindici indizioni consecutive.
IL GRINZONE n.58