UNA RICETTA D'ALTRI TEMPI
QUANDO L'INCHIOSTRO ERA "FAI DA TE": LE RICETTE DI PASTURO E DI BORMIO
Prima dell’invenzione della biro bic e della videoscrittura, per scrivere su papiro, pergamena o carta si adoperava comunemente il calamo (lat. calamus), cioè una canna tagliata e appuntita, sostituito, a partire dal IV secolo d.C., dalla penna di uccello, per lo più d’oca, la cui punta veniva intinta nell’inchiostro contenuto in un recipiente detto calamaio. E guai a macchiare il foglio d’inchiostro!
Come al giorno d’oggi esistono biro di diversi colori (blu, nera, rossa ecc.), così esistevano un tempo vari tipi di inchiostro. Il colore, a seconda degli ingredienti1, poteva essere giallo scuro brillante, marrone olivastro o verdastro, marrone scuro, bruno, con tonalità grigie o giallastre, e infine nero e questo era il colore più comune, come attesta la similitudine nero come l’inchiostro. C’erano poi inchiostri colorati come l’inchiostro rosso mattone (minium) usato spesso per distinguere o mettere in rilievo singoli elementi del testo, il blu scuro a Tours, il grigio-azzurro a Lione e Salisburgo, il rosso brunastro a Freising, l’azzurro, il verde e il giallo nonché l’inchiostro d’oro e d’argento usato soprattutto per produrre libri liturgici, come evangeliari (contenenti i brani del Vangelo da leggersi durante l’anno nella messa) e salteri (libri di salmi).
Per fare l’inchiostro circolavano ricette ad hoc che si possono leggere nei cosiddetti “libri di segreti”2 che ebbero larga diffusione e godettero di una fortuna incontrastata dal Quattrocento all’Ottocento inoltrato3. I “libri di segreti”, frutto di una medicina empirica che ricorreva sottobanco alle pratiche dei ciarlatani, non erano altro che veri e propri prontuari di rimedi pratici, utili consigli, curiosità naturali e parascientifiche, prescrizioni per affrontare e risolvere varie situazioni e spiccioli problemi ordinari della vita quotidiana e per mantenere o recuperare la salute degli uomini e talvolta degli animali. I “libri di segreti” non si limitavano a questo: oltre all’aspetto strettamente terapeutico, trattavano anche i minerali e le loro trasformazioni, la preparazione e l’uso dei colori per la miniatura e la pittura, la cosmesi e l’arte profumatoria. Tra le ricette non mancava mai quella per fare l’inchiostro e, per fare quello “bono”, basta seguire la ricetta riportata sul registro dei battesimi dal 1555 al 1605 conservato presso l’archivio parrocchiale di Pasturo. L’estensore è un anonimo scrivano che volle appuntarla per allestire un buon inchiostro per il suo lavoro.
Ecco il testo:
Riceta da far l’incostro bono
Recipe lib(re) 3 aqua piuviana
ite(m) on(ze) 3 galla pesante crespa in pezeti
et metela in detta aqua et lasela star p(er)
duoi giorni al sole ite(m) recipe onze 3
vitriolo pesto sotilme(n)te, mescola in-
suema et lasa star duoi altri giorni al sole
ite(m) recipe onz(a) 1 di goma arabica i(n) polvere
ite(m) recipe onz(e) 2 di scorza di pomo granato
fa buire un pocho pocho a focho lento et
poi colalo et sic e(st) factum
Come si nota, nel testo si alterna l’uso del latino (recipe, “procurati”, item, “allo stesso modo”, cioè “procurati”, et sic est factum, “e così bell’e fatto”) con quello dell’italiano del Cinque-Seicento che risente di forme dialettali locali come “metela”, “lasa” e “fa buire”. Nella ricetta, poi, viene usato il sistema di misura delle libbre e delle once (ancora oggi in uso nei paesi anglosassoni): non è possibile stabilire a quanti grammi corrispondano perché nel medioevo il peso di un’oncia e di una libbra variava molto da zona a zona. Tra gli ingredienti, oltre all’acqua piovana, figurano la galla (noce della quercia), la gomma arabica (detta anche gomma di acacia in quanto estratta da due specie di acacia subsahariana) e il pomo granato, ovverosia il melograno. La formulazione è molto simile a tante altre ricette per fare l’inchiostro riportate nei fortunati “libri di segreti”.
Se però non ci si accontenta di quello “bono” e se ne vuole uno “perfetissimo”, anche se l’opus perfectum, come diceva padre Giovanni Pozzi, non è di questo mondo e l’ottimo, come è noto, è il nemico del bene, si può ricorrere ad una ricetta riportata, assieme ad altre note d’uso e marginalia, su una cinquecentina conservata presso la Biblioteca “Sertorio” della Parrocchia dei SS. Gervasio e Protasio di Bormio4. Proprietario del volume era il medico bormino Giulio Foliani vissuto tra Cinque e Seicento5 e la ricetta “a far inchiostro perfetissimo” era quella del medico senese Pietro Andrea Mattioli (Siena, 1501- Trento 1578), i cui Discorsi ebbero diverse edizioni (la prima fu del 1548) e costituirono per secoli un testo di riferimento obbligato per naturalisti e farmacisti (ancora oggi opera assai apprezzata e ricercata per le sue belle tavole)6.
Ecco il testo:
A far inchiostro perfetissimo secondo il Matiolo
Prendesi delle galle rotte grosamente (libbre) V di vitriolo romano (libbre) di gomma arabica (libbre) II et di sale una dragma e metesi il tutto in uno bocale invetriato, et poi vi si getta sopra cinque libre de bon vino biancho grande ben caldo, e serrasi dapoi il vaso et metesi la estate p(er) 25 giorni al sole continui, il verno poi si mete nella stufa del forno et ogni giorno si mescola molto bene cu(m) una bacheta una volta due tre e quanto piu si mescola tanto piu riese migliore.
Non resta a questo punto che fare la prova per vedere quale delle due ricette sia più efficace. Provare per credere.
Marco Sampietro
1 Alcuni venivano preparati con nerofumo e gomma arabica, altri col nero di seppia, altri ancora con noci di galla e vetriolo.
2 La letteratura sull’argomento è piuttosto ampia. Per un quadro d’insieme cfr. M. Mazzucotelli, «Chimica medica secretaque varia»: un curioso manoscritto vallombrosano di ricette, segreti, superstizioni e ciarle, in “Monastica et Humanistica. Scritti in onore di Gregorio Penco O.S.B.”, a cura di F.G.B. Trolese, Badia di Santa Maria del Monte, Cesena 2003, pp. 733-761 (col rinvio alla bibliografia precedente).
3 Questi libri erano ancora di moda nel pieno Ottocento. Il 10 maggio 1871, ad esempio, Samuele Cattaneo di Primaluna (27 novembre 1804- 8 agosto 1880), che fu amico nientemeno che di Alessandro Manzoni, ne acquistò proprio uno a Brescia, proveniente dalla biblioteca degli eredi di Bartolomeo Martinengo: De’ secreti vniuersali di d. Timoteo Rosselli parte prima [-seconda], si per huomini, & donne di alto ingegno, come ancora per medici, & ogni sorte di artefici industriosi, & ad ogni persona virtuosa accomodati, in Venetia, appresso il Barezzi, 1644. Il volume, oggi conservato presso la raccolta museale di Primaluna, è interessante non tanto per il testo, anche se curioso e piuttosto bislacco, quanto per le annotazioni a mano che riempiono le pagine che precedono e seguono la parte stampata: tra gli appunti spiccano la trascrizione di una lettera di Alessandro Manzoni datata 27 novembre 1863 e indirizzata al Cattaneo che l’Autore de I Promessi Sposi ringrazia sentitamente per avergli donato un antico stemma della sua famiglia, e la cronaca dei funerali di Carlo Napo Torriani, segretario particolare di S. M. il re Umberto I, morto improvvisamente e in circostanze misteriose a Roma il 4 aprile 1878 all’età di soli 48 anni.
4 Si tratta del De Medicina attribuita a C. Plinius Secundus o a Plinius Valerianus. Nel colophon del volume si legge: Medicinae Plinianae libri quinque finiunt foeliciter: impressi in alma urbe Roma: in Parionis regione: per magistrum Stephanum Guillireti Lothoringum, 1509. kal. Iuli (segnatura: PIS H IV 16). Il volume è stato oggetto di uno studio da parte di D. Valzer, La leggenda del volto di Gesù, in “Bollettino Storico Alta Valtellina”, 21, 2018, pp. 117-128.
5 Sulla biblioteca del Foliani confluita nella biblioteca del Collegio Gesuitico di Bormio cfr. M.A. Tornadù, La biblioteca del medico bormino Giulio Foliani. Una cultura di frontiera tra Ciquecento e Seicento, rel. A. Ferraresi, Università di Pavia, Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea in Filologia e storia dal medioevo all’età contemporanea, a.s. 2004-2005.
6 C. Preti, s.v. Mattioli, Pietro Andrea, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 72, Roma 2008.
IL GRINZONE n.68