I TRASLOCATORI

 

Io sono un gialdone – un “sciuscianébia” se preferite – nato e cresciuto a Milano e scappato in Brianza (sempre Gialdonia è) non appena è stato possibile.
Come molti altri di noi palliducci, ho sempre amato, fin da prima di neonato (la mia mamma già frequentava Pasturo quando io ero ancora un'ipotesi), le terre dove la nebbia non esiste ma, al massimo, ci sono le nuvole basse. Cioè, in primis, la Valsassina.


Fin da piccolo ho passato quasi tutte le vacanze e quasi tutto il tempo libero in quel di Pasturo, complici prima la mamma e poi, col passare degli anni, il formarsi di una bella compagnia di coetanei, gialdoni e pasturelli doc, che ha infestato il paese per molto, molto tempo.
Poi, si sa come vanno 'ste cose: la compagnia si è ristretta fin quasi a scomparire e gli impegni di vita e lavoro hanno diradato la presenza in Valle per lunghi periodi.
Pasturo, però, per me è sempre stata un po' più “casa” di quella dove, invece, vivo.

Gli anni passano. Ad una velocità che definire inquietante è un eufemismo. E ti ritrovi, di colpo, in pensione. E ti ritrovi, di colpo, a pensare “'mò che cacchio faccio?”
Al di là di tutte le battute sugli “umarell” ed i cantieri a loro annessi, devi ripensare al quadro generale: la prima cosa che salta fuori è “mica vorrai svecchiare in Brianza, vero?”
A parte il fatto che, in Brianza, di cantieri non è che ce ne siano chissà quanti (oddio, si sperava tanto nella Pedemontana ma, pare, sarà svago per i nipoti) restano la nebbia, il traffico, la pianura e la quasi totale mancanza di boschi.

Quindi si comincia a pensare un po' alle alternative ed a vantaggi e svantaggi delle possibili scelte. Questi alcuni dei risultati di un'analisi non approfondita ma attenta:
- L'altro ieri sono andato in Posta, giù in gialdonia. Davanti a me più di venti persone, fila di quasi un'ora durante la quale circa sette od otto persone, arrivate dopo, hanno cercato di saltare la fila con scuse più o meno stupide. O senza scuse proprio.
Stamattina sono andato in Posta, qui a Pasturo. Davanti a me una signora, e basta. Ci siamo anche salutati. Tempo impiegato, saluti compresi, minuti sei.

-   Sempre l'altro ieri son andato a fare a spesa al super (anzi, all'Iper) giù in Gialdonia. Come sempre, ci siamo accapigliati per la coda al banco degli affettati, ho fatto la coda per il pane precotto, ho comprato carne decongelata ed ho fatto la solita, simpatica gara, quando l'altoparlante ha detto “apre la cassa sei” per arrivare primo. Alla cassa sei, appunto; dove c'era già una fila di otto carrelli.
Stamattina, in negozio qui in paese mi hanno salutato quando sono entrato. Il pane era fresco, gli affettati fatti giù al momento (ti dò questo, che è più buono) e la carne...vabbé, qui c'è gente che vince premi!

-   Tra l'altro, l'altro ieri davanti all'Iper avevo sbadatamente lasciato la macchina aperta. Quando ho realizzato ho fatto un doppio carpiato verso l'uscita (perdendo il posto in fila) per chiuderla. Chissà mai che, quando esci, ne trovi due...
Ieri ho lasciato la macchina aperta, qui in paese, davanti al negozio. 'mbè, allora?

-   Ancora l'altro ieri, in gialdonia, ho fatto un giro al parco, un'ora e mezzo a piedi, incrociate almeno duecento persone, salutate zero.
Stamattina, dopo la spesa, ho fatto un classico: il giro del paese. Incrociate venti persone, salutate venti persone, diciannove mi hanno chiesto come sta la mamma… quello dei venti dev'esser un foresto.

-   È abitudine, in gialdonia, di alzarsi al mattino, guardar fuori e farsi venire il magone. Quel bel color grigino slavato che pèrmea tutto, dall'alba fin verso le dieci e che ti fa pensare “ma perchè non sono restato a letto?”
Qui a Pasturo, quando tiri su le tapparelle hai ottime probabilità di inquadrare subito l'Orscellera e, se ti giri, pure il Grignone. Magari, completo di sole sulla neve già dalle primissime ore del mattino, pure a gennaio.

Potrei continuare con 'sto giochino ancora per un pezzo ma, è evidente, il risultato del bilancio è stato tutto favorevole ad una definitiva migrazione dal piano a quassù.
Abbiamo deciso con la consorte, man mano che si formava l'elenco qui sopra, che si trasloca a Pasturo.



Ed il bello è che scopriamo di non essere i soli. Tra amici, conoscenti e perfetti sconosciuti, salta fuori che l'idea di traslocare a Pasturo non è venuta mica solo a noi. Direi che sono a conoscenza di almeno una decina di altri casi simili al nostro di gente che ha valutato che, tutto sommato, l'idea di trasferirsi in un posto dove, quando vai in giro per strada, ti salutano, non è poi così male.

 

                                                                                                                            Marco Tricella


IL GRINZONE n.74