I LUOGHI MONTANI DEL CUORE
Madonna di Campiglio
Dopo aver passato in rassegna alcuni grandi uomini di montagna che Antonia Pozzi conobbe e frequentò, iniziamo ora una rassegna delle località montane che le furono particolarmente care, escludendo naturalmente Pasturo, che su tutte fu la sua vera “patria”.
L’amore per la montagna (e le possibilità economiche della famiglia) portano Antonia Pozzi in numerose località alpine. In diversi casi è documentata una sola visita. In alcuni invece la poetessa torna più volte, evidente segno di predilezione. In particolare Madonna di Campiglio, il Breil (l’attuale Cervina), San Martino di Castrozza e Misurina.
Iniziamo il nostro viaggio dalla prima, anche perché là ad Antonia si rivela il mondo verticale: sulle Dolomiti del Brenta compie, infatti, la sua prima ascensione su roccia.
L’anno è il 1929: Antonia ha 17 anni. In agosto trascorre alcuni giorni di vacanza con la mamma e la zia Ida. Non è il suo primo contatto con le Dolomiti: già due anni prima, nell’agosto 1925, si era recata con la famiglia Giussani a Cortina d’Ampezzo. Ma è, molto probabilmente, la prima volta che si trova al cospetto del Brenta; così rivela, mi pare, anche il tono con cui ne parla all’amata nonna Nena, in una lettera di quei giorni:
«Campiglio è un centro delizioso di comode passeggiate in pineta: ve ne sono moltissime, tutte variegate, per andare a malghe e a laghetti. Ma la mamma e la zia Ida si sono lanciate a fare anche delle escursioni lunghe e hanno marciato splendidamente. Io ho fatto la mia prima ascensione di roccia; devo aver mandato alla zia Luisa una cartolina col percorso tracciato in penna. Spero che non ti sarai spaventata: soli, con una buona guida, si può andare dovunque. E, credi, la montagna è una palestra insuperabile per l’anima e per il corpo».
Antonia tornerà a Madonna di Campiglio altre tre volte: nell’estate 1932 e nelle vacanze invernali 1933/34 e 1937/38. In tre di questi casi non abbiamo notizia di quale albergo la ospiti, ma nel dicembre 1933 scrive all’amico Tullio Gadenz:
«Anch’io andrò sulle montagne, dopo il Capodanno, fino al 7 o all’8, a Madonna di Campiglio. Perché non viene lassù a trovarmi? […] E se non può venire, mi scriva, La prego: in quei giorni il mio indirizzo sarà: Albergo Campiglio, Madonna di Campiglio, (Trento)».
L’Albergo Campiglio si trova, anche oggi, proprio nella piazza centrale del paese. Probabile che nella stessa struttura abbia alloggiato anche le altre volte. Del resto, a differenza di oggi, al tempo gli alberghi non erano che sei o sette. Campiglio era tra le località alpine più rinomate, frequentata già dall’imperatore Francesco Giuseppe e dalla principessa Sissi. E, allora, frequentata soprattutto d’estate, mentre oggi per lo sviluppo degli impianti di risalita raggiunge la sua massima capienza nei mesi invernali.
La tipologia dei turisti era ancora piuttosto elitaria e i milanesi erano molti (racconta di aver più volte incontrato, nel gennaio 1934, i figli del conte Gallarati Scotti). L’ambiente è dunque, necessariamente, abbastanza mondano, cosa che però sembra dare fastidio alla poetessa. Scrive all’amica Lucia Bozzi, lamentandosi:
«Ho trovato qui [in albergo] quello che prevedevo: ragazzine dipinte e ragazzi scemi che stanno a guardarle. Noi, per fortuna, non conosciamo nessuno».
L’esperienza dell’arrampicata è forte (la trasfigura nella bellissima lirica Dolomiti) e Antonia stringe un rapporto affettuoso con la sua guida Oliviero Gasperi (ne abbiamo parlato di recente sulle colonne di questa stessa rivista), ben superiore alla normale relazione cliente/guida.
Ricorrerà all’aiuto di Gasperi anche nell’agosto 1932 (compiendo non una ma cinque ascensioni con lui) e poi – come maestro di sci – nel gennaio 1934.
In quell’occasione con lei c’è l’amica Alba Binda che, sembra di capire, non aveva molta consuetudine con la montagna. Per Antonia sono momenti di serena felicità. Anche perché l’ambiente (più le montagne che la cittadina) è ormai conosciuto e amato. Nella già citata lettera a Tullio Gadenz scrive:
«Potremmo fare qualche lunga gita insieme, andare molto in alto, vicino alla roccia. Io porterò lassù i miei quaderni: là tutti i pini delle foreste e le nuvole degli altipiani mi conoscono e mi vogliono bene, e ascoltano le mie parole».
Le molte foto e le lettere ai genitori confermano questo stato d’animo sereno. E, come sempre, Antonia si apre maggiormente con Lucia Bozzi e nella lettera a lei lascia intravedere il suo stesso stupore:
«poche righe soltanto, intanto che fuori le mie montagne si spengono come grandi lampade esauste. Non ho mai passato giorni così belli. Non ho più né pensieri né parole. Soltanto occhi per guardare e muscoli per camminare. Alba scopre la montagna, giorno per giorno, con me: mi sembra di essere io a svelargliela, a fargliela amare. La mia montagna […]. Tutte le cose morte si struggono nel gran sole. Mi lavo le mani nella neve e me le asciuga il vento. Tutte le cose che penso sono sincere e bianche. Queste giornate me le regala Dio, come un miracolo. Oh, queste sono davvero le montagne di tutti i miracoli, Lucia!».
Parecchie le liriche scritte durante quei soggiorni: Dolomiti, La discesa, Addio, Vertigine, Alpe, Capodanno (composta durante l’ultimo periodo di vacanza, a fine dicembre 1937)…
Madonna di Campiglio ha (tardivamente) ricambiato tanto affetto, dedicando alla poetessa un’intera giornata lo scorso 13 agosto, all’interno del festival “Mistero dei monti”: in mattinata il decano delle guide alpine ha ripetuto l’ascensione al Castelletto inferiore che Antonia fece nel 1929, accompagnando una ragazza che ha lasciato in vetta un mazzo di fiori (se ne può vedere il filmato su youtube: https://www.youtube.com/watch?v=GcWka4A4M_4).
Nel pomeriggio, alla Casa della Cultura, un incontro su lei, seguito – dopo cena – dalla proiezione del film di Marina Spada “Poesia che mi guardi”.
Marco Dalla Torre
IL GRINZONE n.56