I LUOGHI MONTANI DEL CUORE



San Martino di Castrozza

 

Dopo aver parlato di Madonna di Campiglio, ci spostiamo ora nel Trentino orientale, a San Martino di Castrozza, sotto Passo Rolle e all’ombra delle Pale di San Martino.


Antonia vi si reca per tre volte, sempre in inverno, a sciare. Vale la pena ricordare che allora non erano ancora diffusi gli impianti di risalita, quindi l’attività è quella che oggi chiameremmo scialpinismo. San Martino di Castrozza è una delle località alpine alla moda e quindi l’ambiente è certamente più mondano di quello che Antonia Pozzi troverà in altre località alpine.

La prima volta vi si reca nei primissimi giorni del gennaio 1932. Vi arriva il 2 gennaio e il giorno seguente scrive ai genitori:

 

«Carissimi, ieri non vi ho scritto perché ero letteralmente morta. Il viaggio è di una lunghezza spaventosa: siamo arrivati poco prima di mezzogiorno e per fortuna, “moyennant” qualche cosa di più per la pensione, abbiamo trovato modo di alloggiarci tutti al Sass Maor. Il posto è di una bellezza indicibile: la neve qui non è molta, ma a Passo Rolle, dove andremo domani, ce n’è e bellissima. Il tempo è stupendo: ho fatto già molte fotografie che dovrebbero essere dei capolavori».

 

58 Pozzi (1)

Già alla fine dell’Ottocento San Martino, adagiato in una conca circondata dai boschi e dalle Pale di San Martino, dal singolare profilo dentellato, dominate dal gigantesco bastione del Cimon della Pala, aveva attirato la borghesia e la nobiltà viennese. Famosi gli Hotel “Fratazza”, “Grand Hotel des Alpes”, “Des Dolomites” e, appunto, “Sass Maor”.

Venne poi la grande Guerra, che investì in pieno la Valle di Primiero e l’attigua Valle del Vanoi, che si trovavano entrambe sul confine naturale che all’epoca separava il Regno d’Italia dall’Impero Austro-ungarico. La linea del fronte partiva dal Cimon della Pala e attraverso il Passo Rolle si snodava alla volta delle cime di Cavallazza, del Colbricon e del Cauriòl, investendo la catena del Lagorai. La guerra sotterranea e di trincea si alternò ai rabbiosi combattimenti per la conquista di una cresta o di una cima. Proprio all’inizio delle ostilità, nell’ultima settimana del maggio 1915 San Martino fu incendiato dagli austriaci.
Il primo dopoguerra era stato un periodo di povertà e di lenta ricostruzione, ma tra il 1927 e il 1928 la valle si apre sempre più alla nascente economia turistica e San Martino di Castrozza inaugura le prime stagioni turistiche invernali. Già nel 1924 lo scrittore austriaco Arthur Schnitzler aveva ambientato la sua novella La signorina Else nell’Hotel Fratazza di San Martino.

Di quel primo soggiorno non ci resta nulla, di Antonia, al di fuori della cartolina illustrata ai genitori, prima citata. Ma l’impressione è forte e Antonia vi torna l’inverno successivo. Chiede e ottiene dai suoi genitori di fermarsi qualche giorno in più del previsto, fino al 10 gennaio. Scrive loro tre cartoline illustrate, il giorno 4, 6 e 9 gennaio.

 

«Carissimi, oggi siamo stati tutto il giorno a passo Rolle e abbiamo sciato moltissimo. Siamo venuti giù dal passo con gli sci: più di 10 km di discesa! Adesso mi sono buttata sul letto perché sono a pezzi. Dopo pranzo torneremo al “tabarino” [un locale da ballo] dall’“oste-poeta” e prima di mezzanotte non andremo certo a dormire. Il mio letto è di una comodità inverosimile: alla mattina ci vogliono i savi e i matti a farmi alzare» (cartolina del 4 gennaio 1933).

 

58 Pozzi (2)

Non si ha notizia certa in quale albergo Antonia abbia soggiornato quell’anno, ma è ragionevole che fosse l’Albergo “Margherita”, proprietà della madre di Tullio Gadenz (l’“oste-poeta” citato da Antonia, che sarà la grande “scoperta” di quei giorni). Con Tullio nasce un’amicizia solida, che durerà tutta la vita; di essa ci rimangono parecchie tra le lettere più importanti di Antonia (la gran parte dei primi tre anni; poi Tullio si trasferirà a Milano a esercitare la professione di avvocato e il colloquio continuerà senza l’intermediazione epistolare).

Tra gli eventi mondani di quei giorni, anche la visita di Angelo Manaresi, sottosegretario alla Guerra e Presidente Generale del CAI. Così Antonia, nella cartolina del giorno 6 ai genitori:

 

«Oggi è venuto Manaresi e siamo andati tutti a Rolle a riceverlo: abbiamo scroccato gratis un vermutino e uno spumante, nonché la torta. Stasera ci metteremo in ghingeri per “tanziaren” e domani, probabilmente, dormiremo un bel po’».

 

Come sempre, le cartoline ai genitori sono più rassicuranti e anche un po’ più superficiali. Con Lucia Bozzi il tono è più profondo:

 

«Domani partiremo: e quali siano stati gli effetti di tutta questa bianchezza non te lo so dire: so che ritorno col cuore che straripa di poesia e tanto più mi tormento perché non so più buttar fuori una riga. Ho dentro come un nodo di cristallo che non si scioglie. E poi ho fatto una “scoperta” che interesserà anche te».

 

La “scoperta” è l’amico Tullio. Quanto al non riuscir a buttar fuori una riga, qualcosa si sblocca e proprio in quei giorni Antonia scrive tre poesie: Tramonto, In un cimitero di guerra e Crepuscolo.

 

Nei mesi successivi lo scambio epistolare con il nuovo amico è molto fitto e in entrambi c’è il desiderio di rivedersi. Nell’autunno di quell’anno Tullio, di passaggio a Milano, si reca in visita a casa Pozzi. In uno dei suoi taccuini neri, Antonia ricopia le liriche di Tullio che più ama.

Il 7 novembre 1934 Tullio si laurea in Giurisprudenza all’Università di Padova. Il 17 dicembre 1934 Antonia gli scrive:

 

«Desidererei tanto di rivederLa, per parlare con Lei di tante cose che entrambi amiamo e che non tutti amano, a questo mondo. A volte si sente il bisogno di avere una conversazione “riassuntiva” con qualcuno che non ci segue giorno per giorno, a cui raccontare di scorcio un periodo di vita, chiarificandone il senso anche a noi stessi. Ma quando ci rivedremo? Qui si “vocifera” che la Sciopoli [il grande raduno sciistico annuale organizzato dal Cai] sia ancora a S. Martino, quest’anno, ma non so se sia vero. E poi, forse, io non potrò venirci, affannata come sono a mandare avanti il Flaubert».

 

Malgrado il lavoro di tesi, ai primi di gennaio la troviamo di nuovo a San Martino di Castrozza. Invia due cartoline illustrate alla madre, il 2 e il 5 gennaio 1935. Nella prima le manda «naturalmente» i saluti di Tullio. Nella seconda racconta:

 

«Oggi la discesa dal passo di Rolle a S.Martino è una delizia. C’è un amico della Rosita, l’avv. Farioli, che ci porta su e giù con la sua Balilla, il che è una bella comodità: nel pomeriggio, quando vien buio, e alla sera, balliamo col veramente splendido jazz dell’albergo. Mentre ti scrivo le Pale sono rosse come il rogo della Walkiria: un incanto».

 

In quei giorni scrive la lirica Annotta; la successiva, Evasione, è datata 11 gennaio, quindi probabilmente già a Milano, ma ancora sotto l’influsso dolomitico.

 

Grazie al pronipote Sandro, San Martino di Castrozza si è, negli ultimi dieci anni, riappropriato della figura di Tullio Gadenz; e questo ha favorito anche la conoscenza di Antonia (a lui poeticamente tanto superiore). Nell’agosto 2009 vi si è tenuta una bella serata, a cui il sottoscritto ha avuto la gioia di partecipare.

 

                                                                                                     Marco Dalla Torre


IL GRINZONE n.58