da SAN DIEGO (Stati Uniti)
In California si è iniziato a sentir parlare di Covid nel gennaio 2020. Alcuni studenti di Simone, mio marito, hanno iniziato a chiedere il permesso di non frequentare le lezioni per paura di contagi, o ad andare in classe con la mascherina. Giacomo, mio figlio, ha continuato ad andare all’asilo, ma si iniziava a discutere se fosse sicuro.
Al di là di questi segnali - premonitori, con il senno di poi - la vita continuava regolarmente, senza nessuna iniziativa a livello di amministrazione statale o federale su possibili misure di contenimento. Sembrava che il coronavirus fosse visto come un evento che stava accadendo su un altro pianeta e non avrebbe mai potuto raggiungere gli Stati Uniti. Per quanto ci riguarda, in quel periodo la nostra preoccupazione maggiore erano le notizie che arrivavano dalla Lombardia: il rapido diffondersi dei casi, le chiusure draconiane, i morti.
Tutto cambiò drasticamente intorno a metà marzo. L’università di Simone chiuse il campus nel giro di una settimana, mandando a casa tutti: studenti, impiegati e professori. La scuola di Giacomo fece lo stesso. Ci ritrovammo da un giorno all’altro noi tre insieme, tutto il giorno, tutti i giorni, prigionieri nel nostro appartamento.
Ci organizzammo per ricevere provviste attraverso i servizi di consegna a domicilio. La nostra camera divenne anche ufficio per Simone. A Giacomo chiusero il parco giochi, creando non poche difficoltà per un bambino di due anni e mezzo che vuole correre all’aperto e giocare con i suoi piccoli amici.
Resistemmo in questa situazione per un paio di mesi, finché decidemmo di trasferirci in una casa con giardino per far sì che Giacomo potesse giocare in piena libertà. Nel frattempo, i morti e i contagi negli Stati Uniti iniziarono ad aumentare e, purtroppo, ancora non accennano a scendere a differenza dell’Italia. Per fortuna, di quei casi e morti la contea di San Diego rappresenta una minima frazione.
Ad oggi, agosto 2020, nella contea di San Diego, nella quale ci sono all’incirca 3.380.000 residenti, si contano più di 35.000 casi e 626 morti. Negli ultimi mesi sono stati allestiti più di 30 siti dove è possibile effettuare gratuitamente l’esame per COVID-19. Questo strumento è risultato essere indispensabile per l’Amministrazione Comunale per mettere in atto misure di sicurezza nelle aree di maggior contagio, soprattutto adesso che si parla di parziale riapertura di scuole e attività commerciali.
Rimane comunque obbligatorio essere in possesso di mascherina per tutte le persone di età maggiore ai 2 anni quando si lascia la propria abitazione. La pratica del distanziamento sociale è ormai diventata norma quando si visitano negozi, uffici o ristoranti.
Nonostante tutto, ci sentiamo fortunati. Le nostre famiglie in Italia non hanno subito nessun contagio, anche se dispiace per i conoscenti che non ci sono più. A differenza di molti Americani, Simone non ha perso il lavoro e può comodamente lavorare e insegnare da casa grazie alle tecnologie di oggi. Giacomo sente la mancanza degli amici e compagni di classe, ma non ce la sentiamo di rimandarlo a scuola per ora. Ci sembra ancora troppo presto: i dubbi che circondano questo virus, la sua trasmissione e le possibili complicazioni nei bambini sono troppi per farci tornare tranquillamente alla solita routine. Lui è comunque il bambino più felice del mondo e mi sono attrezzata per insegnargli tutto ciò che avrebbe imparato all’asilo. Continuiamo a limitare al minimo indispensabile i contatti con il “mondo esterno” seguendo tutte le precauzioni. Speriamo che la pandemia venga riportata sotto controllo al più presto in America, così da poter tornare in sicurezza in Italia a visitare le nostre famiglie che non vediamo da ormai più di un anno.
Lucia Ticozzi
IL GRINZONE N.72