da EDIMBURGO (Scozia)


È quasi la fine di marzo quando Edimburgo, e con lei il resto della Scozia, inizia a cambiare aspetto, assumendo le caratteristiche di una città fantasma, dove scuole, uffici, biblioteche, negozi, bar e ristoranti chiudono i battenti fino a data da destinarsi. Già la settimana prima la notizia circolava nell’aria visto che, soprattutto in Inghilterra, erano stati dichiarati i primi casi Covid. L’angoscia e il panico iniziano a diffondersi anche qui: le notizie che arrivano dall’Italia non sono certo rassicuranti, mi sento costantemente con famiglia ed amici che mi aggiornano su tutto quello che sta accadendo. Istintivamente penso sia meglio rientrare: non mi sembra giusto rimanere mentre tutti i miei cari, e non solo, stanno vivendo un momento tanto difficile. Ci rifletto attentamente e concludo che non è la miglior cosa da fare, considerando le circostanze: le compagnie aree hanno già cancellato tutti i voli da Edimburgo a Milano o Bergamo, e l’unica soluzione sarebbe andare a Londra, per volare a Roma e da lì raggiungere casa.
No, irrispettoso e rischioso viste le avvertenze di viaggiare il meno possibile per evitare la diffusione del virus.

Così è iniziato il tempo dell’attesa, con l’auspicio che tutto sarebbe finito il prima possibile.  Mi tengo aggiornata leggendo le notizie in rete, seguendo quello che sta accadendo sia in Italia che nel Regno Unito. Sin da subito la Scozia sembra volersi comportare diversamente dall’Inghilterra: la prima ministra Nicola Sturgeon parla ogni due/tre settimane comunicando quali regole adottare per contrastare la pandemia; nel frattempo il ministro inglese Boris Johnson viene ricoverato perché positivo al virus e così tutti e quattro i Paesi del Regno Unito sembrano iniziare ad adottare delle linee più o meno comuni.                                    

L’obbligo delle mascherina non è mai entrato ufficialmente in vigore. Il governo fa recapitare dei volantini normativi in ogni nucleo abitativo, suggerendo di uscire il meno possibile, solo per prime necessità, ma non vieta una passeggiata o una corsa giornaliera che possono essere fatte in solitaria o con un membro della stessa famiglia. Il tempo passa lentamente e vengono annunciate le prime morti causa coronavirus anche in Scozia. 

I dati di chi è colpito sono analoghi a quelli italiani: sono in maggioranza anziani, con patologie pregresse, con una percentuale alta di morti nelle case di cura, dove anche il personale sanitario spesso si ammala. In termini numerici non vengono mai raggiunti i picchi che quotidianamente venivano comunicati per la Lombardia: c’è da considerare che l’intera nazione conta circa 5 milioni di abitanti, poco più delle metà della nostra Regione.

La città intanto continua ad essere vuota e silenziosa, più affascinante e meno inquinata allo stesso tempo. È il mese di aprile quando viene comunicata ufficialmente la cancellazione di quattro grandi festival che solitamente accompagnano l’estate scozzese, ovvero l’Edinburgh International Festival, l’Art Festival, il Fringe e il Royal Edinburgh Military tattoo. Si parla quindi non solo di una crisi sociale ma anche economica, considerando che il turismo è il settore lavorativo dominante della capitale scozzese.

Le restrizioni iniziano ad ammorbidirsi a fine maggio/inizio giugno: è possibile incontrarsi al parco o nei giardini, comunque all’aperto, in piccoli gruppi, sempre mantenendo la distanza. Il traffico riprende piano piano, anche perché è possibile usare l’auto per piacere e svago, nonostante vengano incoraggiati gli spostamenti a piedi o in bicicletta. Le scuole rimangono chiuse ma gli asili outdoor possono riaprire. Lo smart working rimane la forma di lavoro privilegiata. Bar e ristoranti rialzano le saracinesche effettuando esclusivamente takeaway.

Bisognerà aspettare inizio luglio per rivedere aperte le attività commerciali non di prima necessità: in particolare Princes street, una delle principali vie delle shopping, si ripopola con lunghe code di persone di fronte ai negozi dei più grandi marchi dove il personale controlla il flusso, misura la temperatura e invita alla sanificazione delle mani. Il 10 luglio riprendono il lavoro anche gli hotel e altri servizi dedicati all’alloggio: questo significa che è possibile tornare a viaggiare oltre confine, seppure ci sia una lista di Paesi per la quale è richiesta la quarantena una volta rientrati o arrivati nel Regno Unito. Posso tornare in Italia che, fortunatamente per me, è esonerata...                                  

Sono rientrata ad Edimburgo a fine luglio e la vita di prima sembra a rilento ricominciare. Le strade sembrano ripopolarsi e noto che più persone indossano la mascherina perché fortemente raccomandata nei luoghi chiusi. L’aria è diversa (decisamente più fresca che in Italia) ma sembra ci sia la buona volontà di guardare avanti con speranza e fiducia.

 

                                                                                    Miriam Mascheri

 

IL GRINZONE n.72