GIOVANI E LAVORO


Una significativa esperienza di lavoro da parte di un giovane pasturese, Stefano Maroni.


Mi sono diplomato nel 2007 presso l’Istituto Tecnico Industriale “A.Badoni”, con indirizzo “Elettrotecnica ed automazione”. Ho poi proseguito gli studi nello stesso settore ed ho frequentato il corso di Laurea in “Ingegneria dell’automazione” presso il Politecnico di Milano conseguendo la Laurea Triennale nel settembre 2010. La mia intenzione era comunque quella di proseguire gli studi per cui mi sono iscritto al corso di Laurea Magistrale, sempre in Ingegneria dell’automazione.

All’inizio del secondo semestre del quarto anno, nel 2011, ho ricevuto un’offerta di lavoro nel settore dell’automazione industriale (proprio quello che mi interessava!) da un’azienda di Civate ed ho deciso di non perdere l’opportunità di poter applicare quello che stavo studiando. Ho quindi completato gli esami del quarto anno di Ingegneria senza frequentare le lezioni. Successivamente, quando ho verificato che il lavoro richiedeva spesso di effettuare trasferte, non solo in Italia ma anche in altri Paesi Europei e di altri continenti, ho dovuto prendere un’importante decisione, quella cioè di abbandonare gli studi per dedicarmi esclusivamente al lavoro.

Il mio lavoro consiste principalmente nel programmare macchinari e impianti industriali e viene svolto in parte in ufficio, per la progettazione elettrica e del software, e in parte presso le aziende-clienti per il collaudo e l’avviamento dei macchinari o impianti. Si tratta quindi di un lavoro che presenta aspetti teorici ma anche immediate applicazioni pratiche; anche per questo mi appassiona molto. 

L’azienda che mi ha assunto fornisce apparecchiature elettriche e software per l’automazione di macchine costruite in Italia da altre aziende e poi installate presso i clienti finali, principalmente all’estero. Per questo, dopo alcuni mesi di formazione e di lavoro presso la sede di Civate, nel settembre del 2012, sono andato per la prima volta “in trasferta”, per seguire il collaudo di un macchinario che serve ad avvolgere filo di ferro zincato, a San Luis Potosì, città che si trova al centro del Messico, lontano dalla costa e dalle zone turistiche: una città, fra l’altro, particolarmente pericolosa a causa delle bande di narcotrafficanti.

Durante la trasferta, durata una decina di giorni, io ed un mio collega, che si occupa della parte meccanica, abbiamo avviato il nuovo macchinario ed eseguito anche un intervento di manutenzione su un macchinario simile, già in funzione presso un’altra azienda della stessa città.

Qualche settimana dopo il mio ritorno dal Messico sono partito per un’altra trasferta ad Atyrau, in Kazakistan. Atyrau si trova a nord del mar Caspio, ed è attraversata dal fiume Ural, fiume che con il suo corso segna il confine tra l’Europa e l’Asia. L’impianto questa volta si trovava in una stazione, costruita dalla multinazionale italiana ENI, per il trattamento del petrolio estratto dal Mar Caspio, nella steppa kazaka, a diversi chilometri dalla città di Atyrau.

A febbraio 2013, insieme ad un tecnico frigorista, sono partito per il sud della Bielorussia, vicino al confine con l’Ucraina, per effettuare un intervento su un impianto di refrigerazione industriale all’interno di un’azienda alimentare che produce mozzarelle, con macchinari progettati ed installati da aziende italiane.

Successivamente, dopo aver seguito diversi lavori in Italia, a Verona ed a Lodi, e dopo essere tornato per un paio di settimane sullo stesso impianto in Kazakistan, nel maggio del 2014 ho cambiato posto di lavoro e sono stato assunto presso un’Azienda di Verano Brianza che costruisce impianti per la produzione di pannelli isolanti in poliuretano espanso e macchine per la schiumatura dello stesso poliuretano. Il lavoro è analogo a quello già svolto, con la differenza di dover intervenire su impianti e macchinari realizzati direttamente dall’azienda. Anche in questo caso la maggior parte degli impianti viene installata all’estero. Infatti, dopo poche settimane, mi sono recato a Bourges, nel centro della Francia, per eseguire alcune modifiche su un impianto già in funzione, costruito qualche anno fa; ho così potuto conoscere bene gli impianti costruiti dalla mia nuova azienda.

Ho dedicato poi buona parte del 2014 per la progettazione del software di un nuovo impianto, simile a quello di Bourges, che sarebbe stato installato sempre in Francia ad Auxerre in Borgogna. Proprio qui, dal febbraio del 2015, ho iniziato le verifiche dell’impianto alternando quattro o cinque settimane di trasferta con una o due di lavoro in sede, fino alla conclusione del collaudo all’inizio di ottobre.

Attualmente il mio lavoro in Francia è terminato e da novembre sto seguendo il collaudo di un altro impianto in Russia, a circa duecento chilometri a sud-est di Mosca.

Posso aggiungere che si tratta di un lavoro particolarmente richiesto in un settore, quello dell’automazione industriale, che ha avvertito poco la crisi, grazie all’esportazione verso i Paesi stranieri.

Inoltre è un lavoro, come ho potuto constatare anche dalla mia breve esperienza, che mi permette di girare il mondo, vedere Paesi a volte molto diversi dal nostro, non solo come turista ma anche tramite una conoscenza più diretta; mi offre infatti la possibilità di interagire con la gente del posto nella vita di tutti i giorni, di conoscerne le abitudini ed il modo di vivere e di lavorare.

A questo proposito potrei raccontare diversi episodi. Ad esempio l’entusiasmo degli operatori messicani, abituati solo al caffè lungo americano, quando il mio collega meccanico, che si era portato in valigia una moka, ha offerto loro il caffè, scaldandolo con il “cannello”...

In Kazakistan invece ricordo in particolare l'abitudine che avevano gli operai di prendere il thè alle quattro del pomeriggio anche in cantiere, interrompendo qualsiasi cosa stessero facendo in quel momento. Erano attrezzati con bollitore dell'acqua, bustine del loro thè, zucchero, bicchieri di carta e biscotti. Se in quel momento di pausa io avessi avuto bisogno del loro aiuto per qualche lavoro anche urgente, avrei dovuto semplicemente aspettare o meglio unirmi a loro che volentieri offrivano anche a me la loro bevanda.

In Bielorussia io ed il mio collega frigorista siamo stati invitati a cena dal responsabile della sala macchine con cui lavoravamo. Abita in un palazzo costruito ai tempi dell'Unione Sovietica, in un appartamento non molto grande in cui vivono due famiglie: chiaramente una sistemazione abbastanza povera ma più che dignitosa. Ricordo l’insistenza perché andassimo a questa cena: ci teneva proprio a ringraziarci per il lavoro che stavamo facendo, anche se la comunicazione non è stata facile in quanto nessuno di loro parlava italiano o inglese e noi non capivamo il russo…

In Francia, oltre a visitare Parigi, una delle ultime domeniche di permanenza, siamo andati con alcuni dei dipendenti ad una fiera del vino a Chablis in Borgogna. E’ stato molto bello: si trattava di una fiera simile a quelle che si svolgono da noi con assaggi di vino e prodotti tipici. Alla fine il capo della manutenzione ci ha regalato tre bottiglie a testa, una di vino bianco, una di vino rosso e una di champagne.

Ma dove c'è più interazione con la gente del posto è in Russia, dove sono adesso: quando usciamo a cena, soprattutto al venerdì sera (che per loro equivale al nostro sabato sera, perché di sabato non si lavora), mi accorgo che il sentirci parlare in italiano provoca molta curiosità ed anche ammirazione verso il nostro Paese; dell’Italia conoscono i marchi di abbigliamento, le auto, le mete turistiche, il cibo che è molto apprezzato, e anche alcune canzoni. E’ particolarmente interessante il metodo per pagare il biglietto quando, per gli spostamenti, si prendono dei minibus pubblici molto efficienti: appena saliti sul bus e sistemati, si passano le monete a chi è seduto davanti che fa altrettanto finché i soldi non arrivano all'autista che poi, con lo stesso passamano, rende l'eventuale resto.

Concludendo posso dire che spostarsi e viaggiare, anche per lavoro, offre infinite possibilità di confronto e di riflessione.

 

                                                                                                           Stefano Maroni


IL GRINZONE n.53