SULLE TRACCE DI ANTONIA POZZI
IL PERCORSO POETICO DI UN TERRITORIO
INAUGURAZIONE
intervento del Sindaco Guido Agostoni
intervento di Graziella Bernabò
Il Comune di Pasturo ha inaugurato nel pomeriggio di domenica 25 marzo l’itinerario culturale «Sulle tracce di Antonia Pozzi - Il percorso poetico di un territorio».
Si tratta di un’esposizione permanente di parole e di immagini che costituiscono un itinerario per le vie del paese. Immagini e parole sono riprodotte su pannelli metallici, realizzati con una particolare cura grafica.
Un percorso suggestivo all’aria aperta che, partendo dalla casa dove Antonia trascorse gran parte delle estati della sua breve vita (1912 - 1938), presenta una ventina di tappe. Queste ultime sono tutte legate ad una memoria precisa della poetessa: il testo di una poesia riferito a quel particolare luogo; qualche riga dei diari oppure il passaggio di una lettera, sempre con un riferimento tangibile e verificabile; l’immagine di un luogo preciso – una casa, un portone, una fontana, un lavatoio, una cappelletta – immortalato da Antonia in una delle sue fotografie e ancora oggi con un riscontro diretto. Compresa anche qualche immagine – tutte, come gli scritti, riprodotte in grande dimensione – che guarda lontano, alla ancora primitiva, fascinosa bellezza di quelle che lei ha chiamato le sue «mamme montagne».
L’Amministrazione Comunale di Pasturo – in testa il sindaco Guido Agostoni e l’assessore alla cultura Nicoletta Orlandi – ha voluto questa realizzazione in occasione del centenario della nascita di Antonia Pozzi. E l’ha voluta in modo permanente: invito esteso a tutti a scoprire il paese di Pasturo, l’unico luogo al quale Antonia Pozzi si sentì affettivamente legata in un vincolo di crescente, intensa comunione, nonché di filiale devozione.
Pasturo fu la culla della sua infanzia, a partire da quel 1917 – lei aveva solo cinque anni – quando i Pozzi acquistarono la casa che esiste ancora oggi e dove, intatte come una reliquia, si conservano le due stanze/studio di Antonia.
Sul muro della casa Pozzi, in via Manzoni, frasi da una lunga lettera di Antonia, scritta nel 1935 a Remo Cantoni, che restituisce perfettamente il senso di profondo amore e di appartenenza che legava Antonia Pozzi a Pasturo e a questa sua casa. Al cimitero, dove è sepolta, le struggenti righe dai diari riprodotte nel pannello: «Pensare d’esser sepolta qui non è nemmeno morire: è un tornare alle radici. Ogni giorno le sento più tenaci dentro di me. Le mie mamme montagne…».
Il percorso consente un confronto sicuro sia con la conoscenza che uno ha o crede di avere di Antonia Pozzi sia con le immagini del paese che uno ha via via ricevuto e assorbito. Attraverso una serie di immagini e di parole, infatti, si propone di storicizzare il passato prossimo – sono passati infatti solo cento anni dalla nascita di Antonia Pozzi, settantaquattro dal suo ultimo soggiorno a Pasturo – del paese e della sua gente; ma per la qualità e per la sapienza della sua documentazione riesce a riportare nel presente la grande vastità della produzione poetica e fotografica di Antonia Pozzi, dandole proprio nella materialità del linguaggio e delle immagini i tratti comunicativi di una avventura umana ancora attuale.
La memoria di Antonia Pozzi e del suo ambiente viene ricostruita non solo con un’immagine o una frase fissa nel tempo ma portata avanti per associazioni, indicazioni e deduzioni attraverso luoghi e circostanze fino al momento di questo percorso e alla continuità della sua lettura. È un’operazione che non è solo storica e culturale, ma che ha anche i toni e le note dei sentimenti e dell’immaginario comunitario. Come nel parcheggio di viale Trieste, dove a due passi dalla casa Pozzi è posizionato il primo pannello, con la fotografia «Angelus della sera» e un paio di versi della poesia «Bontà inesausta». Qui, se non passano auto, si sente il rumore del torrente che scorre lì a fianco: è un suono tutto suo, che partecipa al concerto e che spinge ad avanzare proprio nel senso del percorso… la casa, il lavatoio, il cancelletto, per procedere poi verso la piazza attraverso una via ben serrata lungo la quale, a tratti, si riconoscono gli ordini secolari delle murature, dei loggiati e dei portoni. Questa è l’immediata e ricorrente immagine che di Pasturo aveva Antonia Pozzi e che tutti coloro che vivono in questo paese, in particolare quelli degli anni di prima della guerra, condividono e conservano anch’essi dentro l’affetto e la riconoscenza.
Tra la piazza, che sta tra il municipio e la chiesa della Cintura, le scuole elementari, l’asilo e la chiesa parrocchiale, il percorso offre il tratto più vivo e profondo – la valutazione è del tutto personale di chi scrive – che va dai bambini della fiera agli adulti della processione, e dove Pasturo appare netto e preciso, disposto nell’ordine delle sue strade e delle sue piazze. E le parole di Antonia che accompagnano le immagini non hanno nessun pregiudizio né l’espressione particolare di un forestiero. Qui Pasturo è un agglomerato domestico di abitazioni, sereno e sciolto tra i suoi confini non contesi e non sbarrati: un paese libero e sereno, con tutte le famiglie pressappoco uguali, con le stesse case e con le stesse cose identiche sui loggiati, senza grossi portoni respingenti, senza campanelli elettrici ed etichette. Senza servi né serve, con tutti i figli fuori insieme a giocare.
Un paese, Pasturo di Antonia Pozzi, che si frequentava con simpatia e con sicura confidenza. L’itinerario ce lo ha restituito così, almeno nel pomeriggio dell’inaugurazione tra il verde e l’azzurro di una giornata ormai di buona stagione. Questo itinerario va percorso non soltanto come una rappresentazione o un racconto di una storia, ma per capire i dati più profondi, la portata e le verità sostanziali. In esso non c’è solo l’indulgenza per certe memorie o la comprensione di vecchi valori e giudizi, rimasti indietro appannati o stagliati sul nastro visivo dell’immaginario. C’è la volontà di riprendere un ordine, di riappropriarsene e indagarlo fino a ricavarne gli stimoli per gli anni a venire. Facendo conto sulla propria bellezza, adesso anche sui luoghi della storia e dell’arte, sulla vitalità della sua comunità, sui banchi del suo lavoro, per riaffermare la continuità della forza civile e per ricordare le antiche virtù nel vivo del confronto con i valori cosi diversi del nostro tempo.
Angelo Sala
IL GRINZONE n.38