Leggenda
Sconfinamento nella favola, leggerezza improvvisa che fa levitare spirito e corpo insieme, come foglie che un alito di brezza solleva dal suolo verso destini aerei, celesti.
Tutta la brevissima lirica si svolge all’insegna della levità e dell’inatteso, dell’attimo. A partire dall’avvio: senza premesse, improvviso, rapido, immediato, come l’attacco di un’orchestra al cenno quasi invisibile e silenzioso del maestro – mi portò il mio cavallo –; dove la scelta del passato remoto e la brevità della parola tronca acuiscono il senso di una lontananza infinita nello spazio e nel tempo, di una immersione in un mondo sognato, che supera e annulla i limiti angusti dell’oggi e del qui ora.
Il lessico ascensionale, “ volo, vento, respiro, sole, monti”, sostiene e vivifica l’immagine, le dà forza e motore, ma al tempo stesso la connota di delicatezza, creando davvero, con l’allitterazione della liquida “l” e della “f “ nella prima strofe, una sensazione di volo e di frusciare di foglie, mosse dal vento e dal passaggio del cavallo, lieve così che sembra anch’esso volare insieme con le foglie.
Un’immagine fiabesca, piena di vita, si apre dinnanzi ai nostri occhi: quella del cavallo che respira libero nel vento e colora il paesaggio con i caldi colori autunnali dei suoi occhi, mentre il suo mantello risplende come l’oro ai raggi del sole e aggiunge luce a luce, vita a vita: immagine di fiaba, che nasce da una perfetta sintonia con la natura e da uno stato di felicità dello spirito, che nel contatto con essa ha trovato pace e perfetto equilibrio.
Istantanea di luci e di suoni, la lirica si conclude con un’immagine ancora tutta visiva e musicale: le pietre che si scostano, sembrano, con il loro ticchettio, fare da accompagnamento al “tocco degli zoccoli d’argento”. Immagine sonora delicatissima, dove ancora una volta è la levità a prevalere: gli zoccoli del cavallo indurrebbero a pensare a suoni pesanti, duri, metallici; niente di tutto ciò: essi sono come i tocchi delle dita del pianista che, premendo i tasti del suo strumento, scandisce le note dello spartito e insieme le armonizza col “soffice volo” e il fruscio delle foglie della prima strofe. E in tanta soffice dolcezza, i monti sono raggiunti, l’ascensione è compiuta, si sono dissolte le asperità della vita.
Onorina Dino