Funerale senza tristezza
Che cosa è la morte? La fine di tutto? Uno sprofondare nel nulla? Una domanda senza risposta? L’unica risposta alle domande più urgenti o alle pene più angoscianti della vita? Un viaggio senza ritorno? Ma è proprio vero che la morte è morte?
Forse questi e altri interrogativi hanno attraversato la mente di Antonia, vedendo un corteo funebre o prendendovi parte, in un giorno di inverno pasturese. E forse da riflessioni come queste nasce questa lirica, che è la sua risposta. Ed è una risposta di vita. Solo così, infatti, un funerale può essere “senza tristezza”. Il pronome dimostrativo, che apre la poesia, introduce proprio nel tempo storico e nel fatto oggettivo: un funerale in un preciso momento e luogo; ma esso non ha niente a che fare con la morte: il viaggio della vita, sia stato lungo o breve, è un periplo intorno e dentro tante vicissitudini, ma il suo punto di arrivo coincide con il punto di partenza; la morte è dunque un viaggio di ritorno “ al paese, alla culla”; un viaggio di ritorno alle origini. Non solo: se il viaggio di andata si è svolto fra tante vicende negative, “ questo” si svolge tutto al positivo, sicché il binomio dicotomico vita-morte viene rovesciato nei suoi attributi e nella sua sostanza. Se la vita è stata smarrimento fra le “terrene cose”, fino a dover dire “ora non so più le ore” (Smarrimento), ora c’è il ritrovarsi, il sentire che il “vanire” delle cose è “ dolce”, perché “lo splendore del mattino” è tale da colmare la loro assenza, così come fa naufragare le “fiammelle dei ceri”, moltiplicando, però, in potenza e bellezza le loro piccole luci. Così, se la vita è stata una “ barca di solitudine” (Vita), ora c’è la gioiosa compagnia delle “ bimbe vestite di bianco, col velo color della brina”; se la vita ha visto tante “ primavere perdute, innumeri fiori/ spenti” ( Secondo amore ), ora quasi non bastano gli occhi per contemplare la bellezza che fiorisce ad ogni passo, lungo il viaggio: “ campi brinati, alberi d’argento, crisantemi biondi”; e se la vita è stata incomunicabilità – “ tristezza di questa mia bocca / che dice le stesse / parole tue / altre cose intendendo” ( Sfiducia ) –, ora ogni fraintendimento è escluso al punto che si può cogliere persino il “colore” della voce altrui: “la voce colore dell’acqua”, dove il particolare “ ancora viva” fa sentire tutta la freschezza di vita che anima sia le bimbe che l’acqua : le bimbe cantano, con le stesse note argentine dell’acqua, che scorre ancora limpida e canora, nonostante il freddo invernale.
La sorpresa di questa poesia, già evidente nel titolo, si conferma e si rafforza ad ogni verso, a partire dalla negazione iniziale: “ questo non è esser morti”; ma è soprattutto il colore che annulla ogni tristezza e crea un’atmosfera di gioia: il bianco; esso domina, diffondendo ovunque la luce, che culmina nel sole, e traendo dal sole nuova luce e nuovo splendore. Ma c’è un’altra immagine, che forse potrebbe sfuggire, sommersa da tanto splendore, mentre è proprio essa che lo contiene tutto: “chiaro è il giorno”; ed è chiaro in un modo tutto particolare: “ come il sorriso di una madre/ che aspettava”. Dunque veramente il funerale è “senza tristezza”, un viaggio verso la luce e nella luce; un andare verso la vita, anzi verso una nuova nascita, come suggeriscono l’immagine della madre in attesa e della culla.
Ancora una volta, qui, come altrove, Antonia capovolge il rapporto vita-morte: la vita è un cammino verso la morte; la morte è un cammino verso la vita.
Non dice, forse, in un’altra poesia “ i morti sono in te / di là dal gran velo del cielo / e vedono l’oro tuo, Signore, il mare eterno di Te.” ( Giorno dei morti ) ? In questo mare di oro- luce , che è il regno di Dio, il viaggio trova dunque la sua meta: ed è la risurrezione.
Onorina Dino