GIOBBE MARAZZI, PARROCO DI PASTURO DAL 1640 AL 1667

Un prete colto, amante dell'arte e dei libri, amico di artisti e vescovi*

 

Il 10 aprile 1640, all’età di 46 anni, moriva a Pasturo, compianto da tutto il popolo, prete Pietro Platti, figlio di Francesco e di Maria Elisabetta Marchioni. “Adi 10 Aprile” <1640 moriva> – si legge nel registro dei defunti della parrocchia – “il m(olto) r(everendo) Sig(no)r P(rete) Pietro Platti curato vigilantis(si)mo, con pianto e dolore grandis(si)mo di tutto il suo povero popolo sapendo benis(si)mo e conoscendo la gran p(er)dita che faceva”. Era dal 1626 che il Platti reggeva con molto fervore e zelo la cura d’anime del paese ai piedi della Grigna. I suoi quasi quindici anni di ministero sacerdotale furono segnati da eventi sia fausti che infausti: promosse da una parte l’ampliamento e la decorazione della parrocchiale di S. Eusebio che venne solennemente consacrata il 5 luglio 1628 dal vescovo di Bobbio, mons. Francesco Maria Abbiati; visse dall’altra uno dei momenti più travagliati e drammatici della storia del paese, quello della letale epidemia di peste del 1629-30 che, contrariamente a quanto asserito dal Manzoni, ridusse di oltre la metà il numero dei suoi fedeli, provocando il decesso di ben 432 vittime, come risulta dal registro dei morti compilato con gran diligenza dallo stesso parroco.Alla morte di prete Platti fu dunque nominato curato di Pasturo prete Giobbe Marazzi che si insediò con istrumento del 3 giugno 1640, rogato a Lecco da Giovanni Battista Corno dei Longhi, notaio a Castello. Il Marazzi discendeva da una delle più antiche e nobili famiglie di Narro, dove nacque il 23 luglio 1605. Suo padre si chiamava Giovanni e sua madre era Maria Pedrassi da Nesso. Fu “assai pio e benigno”, ascritto fra gli Oblati, come altri valsassinesi tra cui meritano di essere menzionati Marco Aurelio Grattarola di Margno, che fu il postulatore della causa di canonizzazione di S. Carlo (1610), nonché il compaesano Ambrogio Torriani che salirà nientemeno che al soglio episcopale della diocesi comasca che reggerà dal 1666 al 1679. Dal 1633 il Marazzi esercitò il suo ministero sacerdotale nel paese natio dove, tra l’altro, nel 1658 fondò nella chiesa parrocchiale di S. Martino la cappellania della B.V.M. del Rosario nell’omonima cappella, sede della confraternita eretta nel 1576. Eletto poi parroco di Pasturo, vi morì il 31 gennaio 1667 e fu sepolto nella chiesa parrocchiale. “L’anno mille sei cento sessanta sette Adi trentuno Genaro” – si legge nel registro dei morti – “si e data sepoltura al q(uondam) m(o)l(t)o Rev(eren)do Sig(nor) P(rete) Job Marazzi Curato già di Pasturo con l’intervento de Sacerdoti n° 15 havendo riceuto tutti li santi Sac(ramen)ti bisognosi et racomandatoria d’anima”. Prete Marazzi assegnò cento scudi alla chiesa pasturese che dotò, nel 1645, di molte reliquie (ben 24), fatte venire da Roma ed estratte dalle catacombe di S. Callisto, nonché donò alla parrocchia un quadro ad olio raffigurante il patrono S.Eusebio a mezza figura con mano alzata in segno di benedizione che ora si trova nella terza campata della chiesa parrocchiale.
Oltre che essere un sacerdote pio e ben voluto da tutti, prete Marazzi fu, al pari di altri suoi ‘colleghi’ come l’arciprete di Morbegno, Giovanni Battista Castelli di Sannazzaro, un colto nobile ecclesiastico, ben inserito nel clima culturale e artistico milanese del maturo Seicento, come dimostrano la sua quadreria e la sua ricca biblioteca che illuminano sui gusti artistici del personaggio, sulle sue conoscenze e sui suoi rapporti personali. Nell’“Inventario delle robbe esistenti nella sua casa al momento della morte” (Archivio Parrocchiale di Indovero, Fabbrica, serie 1.6.1.1.1., cart. 8, fasc. 1), sono elencati, in modo estremamente generico, numerosi quadri che, allo stato attuale delle conoscenze, risultano in gran parte andati dispersi. Nella sala c’erano, tra i beni mobili e immobili, ben 24 quadri tra grandi e piccoli, e segnatamente: “un S. Antonio di Padoa, una Madonna, un altro della Madonna e S.Gioseffo, S.Gio(vanni) Batt(ist)a, S.Agnese, il Sig(no)re e S.Pietro, S.Gieronimo, una Madonina, un Volto S(an)to, una Madonna con il figlio, S(anc)ta Cattarina […], Agnese grande, S.Eusebio, il card. Fed(erico), una Madonna indorata, il mio ritratto, un Annontiata, un S.Steffano, una Madonna con il figlio e S.Gio(vanni) indorata, una Madonna longa, un S.Job, una Madonna picciola, una Madonna con il figlio e due s(anc)te”. Nella camera da letto si trova l’indicazione di un “quadretto della Madonna, un quadro di S(acn)ta Maria Maddalena, di S.Agata, di S.Cattarina da Siena, una Madonna, un S.Martino, una Madonna e il Signore […] un quadro della Madonna, et uno di S. Vittore. […] il quadro della Concezione”. Anche se privi di indicazioni attributive, alcuni dei quadri superstiti potrebbero essere senz’altro riconducibili alla mano di Luigi Reali (Firenze, 1602 – post 1660), artista girovago, molto attivo in Valsassina negli anni tra il 1643 e il 1660. Il pittore fiorentino lavorò in diverse chiese della Valsassina (Barcone, Barzio, Codesino, Margno, Pasturo, Premana) e fu amico dello stesso Marazzi che nel 1644 gli commissionò il proprio ritratto, firmato sul retro della tela con il monogramma “ALR” e corredato in alto dall’iscrizione: “P(res)B(yte)R JOB MARAZZIVS, OBLATVS, PAROCHVS PASTVRY ET BAIEDY AETATE 42 A(nn)° 1644”.
Questa tela, che si trova nella casa parrocchiale di S.Martino a Indovero, frazione di Casargo, non è l’unica testimonianza dell’attività ritrattistica del Reali: a lui, infatti, è assegnato su basi stilistiche anche il dipinto raffigurante il curato Giovanni Battista Torriani di proprietà della parrocchia di S.Giovanni Evangelista a Lecco, come recentemente supposto da Giovanna Virgilio (Aggiornamenti sulla ritrattistica di Luigi Reali con un breve accenno a una raccolta novecentesca di fotografie, in “Arte Lombarda”, fasc. 1, a. 2015, pp. 167-172). Oltre all’effigie del Marazzi, tra i numerosi quadri elencati nell’inventario, è sicuramente del Reali anche il ritratto del “card. Fed(erico)” che era conservato nella camera dello stesso prete valsassinese e che oggi è tuttora esistente nella casa parrocchiale di Indovero, nonché la bella Madonna col Bambino conservata ora sulla parete sinistra del presbiterio (sopra la porta che conduce in sacrestia) della chiesa di S. Rocco a Narro.
Oltre alla quadreria, il Marazzi, prete di buona cultura e di buona dottrina, si dedicò anche alla raccolta di libri. Non a caso nel ritratto realizzato dal Reali il presule si fece rappresentare con un volume in mano. La biblioteca del parroco Marazzi era composta da ben 148 volumi, sia a stampa che manoscritti, per lo più di contenuto religioso-dottrinale fatta eccezione per le opere di Virgilio (Bucoliche, Georgiche ed Eneide). Dei 148 volumi elencati nella “Nota de libri che io curato d’Indovero Domenico Merlino ho trovato, e riceuto in consegna dall’heredità del signor prè Job Marazzo” (Archivio Parrocchiale di Indovero, Beneficio 1.4.2., cart. 5, fasc. 9), allo stato attuale si sono conservate solo cinque cinquecentine e quattordici seicentine, come si legge nel Regesto dell’inventario dei documenti dell’archivio parrocchiale di San Martino di Indovero con Narro, compilato da L. Pelegatti nel 2004.

Prete Marazzi non fu soltanto amico di artisti come il Reali, ma fu anche intimo amico del vescovo di Como, il compaesano Giovanni Ambrogio Torriani, figlio di Giovanni Battista e di Apollonia Mascari di Cortenova, nato a Indovero il 23 novembre 1615. Quando fu eletto vescovo nel 1666, ci fu una gran festa in Valsassina: “12 novembre 1666. – ci riferisce Giuseppe Arrigoni nelle sue Notizie storiche (p. 327) - Più si mette per dinari spesi per aver comprato tanta polvere de schiopo per far honore et Reverenza al M. R. Off. Mons. Vescovo Toriano di Como, nativo della terra d’Indovere, figliolo q. s. Gio Batista Toriano et avemo fato un Gran Fallo (falò), cioè un focho grandissimo sopra il monte di Corine al piazolo de Vendola con tutti li homeni d’Indovere: monta in tutto L. 12-3”. E ancora: il Marazzi celebrò una messa “per ringraziar Dio per l’esaltazione al Vescovato di Como, di Mons. Torriano”, come si legge in un registro, con la data 30 agosto 1666. Devotissimo del vescovo, il Marazzi, morto nel gennaio 1667, gli legò la propria pelliccia di pelle di volpe, che venne consegnata effettivamente al destinatario: “La Pelliza di pelle di Volpe hà lasciato il suddetto Testatore che si dasse à Monsignor Ill.mo Torriano, et così si è data” (Archivio Parrocchiale di Indovero, Beneficio 1.4.2., cart. 5, fasc. 9).


                                                                            Marco Sampietro

 

* Un particolare ringraziamento va a Giovanna Virgilio che mi ha fornito preziosi consigli e mi ha gentilmente messo a disposizione la sua raccolta di fotografie realizzate in occasione di una ricognizione delle opere d’arte esistenti nel territorio lecchese, promossa negli anni sessanta del Novecento dall’allora Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Lecco.

 

IL GRINZONE n. 54