IL CENTRO STORICO DI PASTURO
in un inedito quadro del pittore lecchese Carlo Pizzi (1842 - 1909)
È in corso a Lecco, a Palazzo delle Paure, la mostra “Manzoni nel cuore” che si propone di indagare, attraverso una serie di testimonianze artistiche e documentali in gran parte inedite e provenienti per lo più da collezioni private lecchesi (e non solo), il rapporto tra la città di Lecco e Alessandro Manzoni, con particolare riguardo alla sua famiglia (che era oriunda di Barzio) e alla fortuna dei suoi Promessi Sposi sia “in opera” (si pensi alla trasposizione musicale di Errico Petrella) sia “nel folclore”, che sfociò in una vera e propria manzonimania, dando vita a un variegato universo di manzonerie.
Una sezione del percorso espositivo è dedicata al paesaggio lecchese di cui proprio la suggestione delle pagine manzoniane modificò per sempre la percezione e la raffigurazione artistica. A partire dagli anni Trenta dell’Ottocento, infati, il borgo di Lecco con le sue montagne (in particolare, il Resegone con la sua inconfondibile cresta a nove punte) fu oggetto di prestigiose restituzioni che si devono ad alcuni fra i più quotati pittori lombardi (e non solo) che, catturati dalla bellezza di questo straordinario lembo di terra lombarda, ricco di acque, di rilievi e di affascinanti scorci panoramici, seppero interpretarlo nel solco del verismo e del naturalismo lombardo. Si pensi, tanto per fare alcuni nomi, al bergamasco Marco Gozzi, al ticinese Carlo Bossoli, al veronese Giuseppe Canella, al bergamasco Silvio Poma e a tanti altri ancora.
Tra le tele esposte figura anche un piccolo quadro ad olio su tela (28 x 36 cm) che riproduce il centro storico di Pasturo, per la precisione un tratto dell’attuale via Manzoni che da Casa Pozzi conduce al Cineteatro Colombo. Si tratta di uno scorcio che, sia pure oggi in parte trasformato da una recente ristrutturazione che ne ha snaturato la valenza paesistica, è stato immortalato, oltre che su questa tela, anche su alcune cartoline dei primi decenni del Novecento.
Sulla destra, inondata di luce, vi è una casa padronale settecentesca - tuttora esistente anche se in avanzato stato di degrado - con arioso portico a pianterreno e, soprastanti, due ordini di loggiati ad archi e colonne in pietra, ove fervono segni di vita quotidiana come panni stesi ad asciugare e un ombrello nero. Il cortile della dimora è cinto da un alto muro; vi si accede da un elegante portale ad arco a tutto sesto caratterizzato da due spalle in pietra e dall’alto fastigio con tetto a due falde: il portale, oggi non più esistente, è senza battenti e all’interno del muro di cinta sono appoggiate assi di legno. A fianco della dimora si notano alcune case tra cui spicca un fabbricato di carattere rustico, a due piani, dai caratteristici loggiati lignei sovrapposti, retti da colonne a stampella, e con le intelaiature in legno delle balconate. Gli edifici sulla sinistra sono semplici e poderosi: da notare un agile balconcino in ferro battuto di gusto settecentesco e al piano sottotetto una serie serrata di aperture con appoggiate fascine di legna che denota la funzione di deposito degli spazi retrostanti. Sullo sfondo si intravede il portico di un altro edificio rustico con un affresco devozionale sul fastigio (oggi non più esistente). A completare lo scorcio pasturese sono alcune figure in veste di “macchiette”: in primo piano a sinistra due donne con l’abito tradizionale di cui una con il gerlo e una capretta; sulla destra, appoggiato al piedritto sinistro del portico vi è un bambino con cappello nero.
Meticolosa e quasi miniaturistica nonché estremamente fedele alla realtà è la resa particolareggiata del paesaggio circostante, con i vasti pascoli di Tévena, di Praa Bell, di Poree e della costa di Piazz, nonché del Pizzo della Pieve. In basso a destra si legge la firma dell’autore “Carlo Pizzi” (1842-1908), al quale la critica non ha dedicato quell’attenzione e quella considerazione che avrebbe largamente meritato, trattandosi di un artista che s’inserisce con autorevolezza nel solco del verismo e del naturalismo italiano1.
Nell’estate del 1876 il Pizzi trascorse qualche mese a Pasturo in compagnia dell’amico Giovanni Bertarelli e della sua signora per realizzare studi dal vero. E proprio al soggiorno pasturese può essere ascritto non solo il quadro in esame ma anche un disegno a matita intitolato Paesaggio con alberi in Valsassina ai Musei Civici di Lecco. Il Pizzi immortalò la Valsassina anche in altre sue opere esposte a Brera: La Pioverna in Valsassina (1869); Piano d’Introbbio: Valsassina (1871); Una via in Barcone: Valsassina (1878), La Pioverna in Valsassina (1897).
Il quadro in questione è noto come La casa di Agnese a Pasturo, una casa rurale (già delle famiglie Ticozzi e Costadoni) dalle tipiche strutture valligiane: una costruzione ad L, con cortile e ingresso a tettuccio e con due ordini di loggiato su pilastri sopra il portico a terreno2. A Pasturo si era infatti rifugiata Agnese per sfuggire la pestilenza, come don Abbondio riferiva a Renzo, ritornato in paese: “È andata a starsene nella Valsassina, da que’ suoi parenti, a Pasturo, sapete bene; ché là dicono che la peste non faccia il diavolo come qui” (cap. XXXIII). Più avanti, Renzo, dopo aver ritrovato Lucia a Milano, si metteva in cammino per Pasturo in cerca di Agnese. Trovatala in quella che Manzoni descriveva come una “casuccia isolata” con un orto sul retro, Renzo le dava la notizia della guarigione di Lucia, ritornando, poco tempo dopo, per ricondurla al paese nativo.
La tradizione locale ne individua però un’altra in via Parrocchiale, 9, ritratta tra il 1925 e il 1949 da Luigi Zago in una tela oggi ai Musei Civici di Lecco, oltre che immortalata su diverse cartoline d’epoca.
Al di là di queste identificazioni, sempre opinabili, l’intitolazione dimostra la suggestione esercitata dal romanzo manzoniano non tanto e solo su Pizzi, quanto piuttosto più in generale sul realismo della pittura di genere lombarda della seconda metà dell’Ottocento. La descrizione topografica del paesaggio è uno, infatti, degli elementi del linguaggio verista che permette di dare alla narrazione quella distintiva intonazione di vita quotidiana che, talvolta, indugia nel bozzettismo. Il titolo del quadro, in questo caso, diventa più che altro il pretesto per attribuire al paesaggio di Pasturo la dimensione intima e familiare di un luogo immerso in un’atmosfera carica di sentimentalismo. Tra le altre opere di Pizzi di soggetto manzoniano ricordiamo le numerose vedute di Pescarenico, di Lecco del Resegone e dell’Adda. A queste tele si aggiungono alcuni disegni conservati nei Musei Civici di Lecco: la Culla di Alessandro Manzoni e il Capanno di Caccia, la Prima pagina dei Promessi Sposi (Esposizione Brera 1883), la Cascina Costa a Galbiate, la Casa di Olate, un Paesaggio con figure.
Marco Sampietro
1 M. Sampietro, scheda V.5, in Manzoni nel cuore. Testimonianze figurative dalle collezioni private lecchesi, Cattaneo, Oggiono-Lecco 2020, pp. 178-179.
2 A. Bonfanti, Terre della detta Valsassina, Azienda di Soggiorno e Turismo Barzio, Stefanoni, Lecco 1976, p. 77; A. Borghi, Lecco città manzoniana, Stefanoni, Lecco 1994, pp. 118-119; A. Borghi, Il Lago di Lecco e le valli. Sacralizzazioni. Strutture della Memoria, Cattaneo, Oggiono 1999, p. 213; R. Marchi, Pasturo manzoniana, in “Il Grinzone”, IX, 31 (luglio 2010), pp. 8-9.
IL GRINZONE n.70