Miracoli dipinti nel Santuario della Madonna della Cintura a Pasturo

 

L'ENIGMA DELL'EX VOTO DEL 1749

 

Gli ex voto1, appesi alle pareti di numerosi santuari, specie mariani, della nostra penisola (e non solo), altro non sono che doni offerti da devoti alla Madonna e/o ai Santi, “graziati” per scampati pericoli o per insperate guarigioni. Si tratta per lo più di tavolette dipinte che, contraddistinte in genere da uno stile colloquiale e da una qualità artistica piuttosto modesta, “sono un pezzo della storia d’Italia - come scrive lo storico Angelo Turchini - che non è mai stata fatta, una storia non scritta (almeno nei termini usuali), che non si conosce”. Gli ex voto per grazia ricevuta rivestono, infatti, un’importanza notevole da un punto di vista storico poiché chiariscono, in assenza di ulteriori ragguagli documentari, le circostanze all’origine dell’invocazione divina e, contestualizzando nel tempo e nello spazio le vicende narrate attraverso dettagli di intenso realismo, si rivelano fonti ricchissime di informazioni su usi, costumi e tradizioni della comunità locale. Ma non è finita. Espressione di una cultura popolare in cui era condizione normale, col riconoscimento della propria precarietà, il fiducioso ricorso al divino, gli ex voto possono essere a buon diritto considerati quasi come “preghiere dipinte”, segni autentici di una fede umile e sincera, storie di sofferta vita quotidiana.

Nel caso specifico delle tavolette dipinte si riscontra in genere una struttura iconografica stereotipata. Lo spazio in cui si svolge l’azione o è rappresentato l’evento all’origine della grazia è diviso in due piani: superiore e inferiore. Nel piano superiore, detto “spazio celeste”, disposto spesso a sinistra e delimitato da una coltre di nubi, è collocata la presenza divina (Madonna o Santi). Nel piano inferiore, detto “spazio terreno”, disposto a destra, è collocato il graziato. Nella maggior parte dei dipinti votivi la loro origine è testimoniata da una sigla come “VFGA” (“Votum fecit gratiam accepit”), “P.G.R.” (“Per Grazia Ricevuta”), “G.R.” (“Grazia Ricevuta”) e tante altre ancora. Per una corretta lettura dell’immagine votiva bisogna tener conto della “scenografia”, cioè degli elementi presenti sulla scena della grazia raffigurata che forniscono indizi per comprendere le malattie rappresentate (un fiotto di sangue che sgorga dalla bocca, un’epistassi profusa, pustole cutanee sul dorso o un arto bendato consentono una diagnosi immediata) o gli scampati pericoli, come incidenti sul lavoro o catastrofi naturali, incidenti stradali o di viaggio, eventi bellici2.

Non risulta però sempre chiara e immediata la comprensione di un ex voto perché i segni sono talvolta indiretti, talaltra mancano didascalie che testimoniano compiutamente l’avvenimento descritto nella tavoletta votiva: ragion per cui spesso una lettura iconologica coerente si rivela quanto mai difficoltosa. È questo, ad esempio, il caso dell’enigmatico ex voto del 1749 che si conserva nel Santuario della Madonna della Cintura a Pasturo, appeso alla parete destra della cappella dedicata a S. Francesco Saverio assieme ad altri due ex voto settecenteschi3 e ad una Madonna di Zagorsk tra popolane russe firmata da Giancarlo Vitali nel 1977, al ritorno da un pellegrinaggio in Russia4.

L’ex voto in esame, datato “1749”, come risulta dal cartiglio in basso a sinistra (“G.R. / 1749”), è un olio su tela (60 x 75 cm) con ampie cadute della pellicola pittorica. Al centro un sacerdote in talare nera, con stola e tricorno, tiene nella mano destra un reliquiario d’argento e con la sinistra tocca la spalla destra di un uomo inginocchiato ai suoi piedi con lo sguardo stravolto, dall’aria vagamente ebete, che impugna un crocefisso e alza gli occhi al cielo. A destra stanno tre mucche accovacciate sotto una tettoia, che altro non è che una stalla coperta (cfr. la voce dialettale premanese téğe, dal lat. *tĕgia, “tettoia” con la sua variante töğe, “rustico, casa rurale”, töğia in Alta Valsassina [Vegno, Margno, Casargo], töğiä a Crandola). A sinistra altri due uomini, anch’essi inginocchiati, invocano con fervore l’intervento divino volgendo lo sguardo verso lo spazio celeste dell’ex voto dove è raffigurata la Madonna della Cintura con il Bambino Gesù tra due santi agostiniani che ricevono per l’appunto la cintura: a sinistra S. Agostino in abiti episcopali (con mitra e piviale) e ai suoi piedi il pastorale dove spicca il cuore infiammato5; a destra S. Nicola da Tolentino rappresentato come un giovane dal viso glabro, con l’abito nero degli agostiniani e con il sole raggiato in mezzo al petto. L’anonimo pittore aveva molto probabilmente sotto gli occhi la pregevole tela del 1687 che si trova sulla parete sinistra del presbiterio del santuario pasturese, incorniciata da una decorazione plastica realizzata da Giovanni Domenico Aliprandi tra il 1670 e il 1673: essa raffigura la Madonna della Cintura tra Santi agostiniani (S. Monica in alto, in basso suo figlio S. Agostino e S. Nicola da Tolentino). Completa la scena del paesaggio vagamente bucolico di questo ex voto un cane nero che si allontana correndo sulla sponda di un torrente, forse esondato. 

Questa la descrizione oggettiva della tavoletta in esame. Ma chi sono i tre uomini? Di che grazia si tratta? L’abbigliamento dei tre uomini farebbe pensare a membri del ceto signorile, se non nobili almeno possidenti, non certo a semplici contadini o pastori il cui abbigliamento troviamo esemplificato nel Settecento nei quadri del Ceruti, del Todeschini e del Londonio. Più difficile comprendere la natura della grazia dipinta in questa tavola. Non resta che avanzare alcune ipotesi. Potrebbe trattarsi di una scena di esorcismo, anche se il cane nero sullo sfondo della tavoletta non ha né un aspetto pauroso né tantomeno minaccioso, anzi sembra uno slanciato levriero, che non ha nulla a che vedere con un’incarnazione solfurea. In genere nelle rappresentazioni di esorcismo e della messa in fuga di diavoli questi escono dalla bocca dell’esorcizzato e non passeggiano certo tranquilli e beati come in questo caso. Il cane allora potrebbe fungere semplicemente da “elemento di contesto” della scena, senza alcun significato recondito. Altre ipotesi: il miracolato è guarito da un attacco epilettico oppure è scampato all’assalto di un toro/di una mandria o è stato salvato dall’annegamento. Un’ultima ipotesi potrebbe essere quella di un ex voto per la salvezza del bestiame da una epizoozia, anche se le mucche della tavoletta sembrano godere di buona salute (hanno però la bocca aperta forse per la presenza di un’afta). In quegli anni ci fu una grande epidemia accuratamente descritta da Lodovico Antonio Muratori nei suoi Annali d’Italia, precisamente nell’ultimo volume che va dal 1725 al 1749: la morìa dal 1746 interessò il Piemonte e il Milanese, per poi diffondersi verso i ducati padani e, nel 1749, giungere in Francia. Nelle cronache locali dell’epoca non ce n’è però traccia.

Stando così le cose, non ci resta che rassegnarci a ignorare la natura di questa grazia, in attesa che nuove ricerche o nuove scoperte contribuiscano a diradare le tenebre. O per dirla con il Manzoni: ai posteri l’ardua sentenza!

                                

                                                                                           Marco Sampietro

 

 

1 Locuzione latina che sta per ex voto suscepto “secondo la promessa fatta” è usata in italiano come sostantivo maschile invariabile.

2 G. Cerasoli, Storie dipinte per grazie ricevute, Biblioteca Clueb, Bologna 2020.

3 Raffigurano una Madonna della Cintura tra i SS. Mauro, Biagio, Egidio e Gottardo con devota in preghiera (XVIII secolo, olio su tavola, 29x38 cm) e una Madonna della Cintura che concede la grazia ad una devota in preghiera (seconda metà del XVIII secolo, olio su tavola, 31x21 cm).

4 Zagorsk è il nome che, tra il 1930 ed il 1991, fu imposto alla cittadina russa di Sergiev Posad. Sull’opera del Vitali cfr. R. Lolla Villa, A Pasturo visita al Santuario della Madonna della Cintura, ne “Il Resegone”, 02.09.1983, p. 19; G. Orlandi, G. Agostoni, La Madonna di Zagorsk, ne “Il Grinzone”, 9 (32 - ottobre 2010), pp. 15-16.

5 Si tratta di un evidente richiamo al tema del cuore: cor Jesu, inquietum est cor nostrum donec requiescat in te, tema tanto caro alla spiritualità agostiniana: il cuore infiammato o trafitto da frecce diventa dal XVII secolo un attributo iconografico del vescovo di Ippona.