UN POTENTE INTERCESSORE: IL S. CRISTOFORO DEL SIBELLA

sulla facciata della chiesa di S. Pietro Martire a Baiedo


Sull’ultimo numero di questo periodico ci siamo occupati dei bei medaglioni con le allegorie delle Virtù affrescate nel 1885 da Antonio Sibella sulla volta della parrocchiale di S. Eusebio. Ma non si tratta dell’unica opera lasciata dal valente pittore bergamasco in quel di Pasturo. Nel 1886, infatti, il Sibella risulta attivo anche nella vicina frazione di Baiedo, impegnato a decorare sia l’interno che l’esterno della locale chiesa di S. Pietro Martire. All’interno affrescò al centro della prima campata la figura di un santo che, a cominciare dall’abito ma anche dal bastone, non suggerisce certamente un santo benedettino come S. Mauro, come si legge abitualmente nelle tradizionali descrizioni di questa chiesa, ma richiama piuttosto un santo in abito francescano come S. Francesco di Paola, l’eremita calabrese fondatore dei Minimi [fig. 1].

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Nella seconda campata affrescò S. Caterina da Alessandria con la palma del martirio e la ruota dentata del suo mancato supplizio [fig. 2], mentre sulla lunetta dell’arco trionfale il Martirio di S. Pietro da Verona [fig. 3] al quale è dedicato questo tempietto di origini antiche, come testimonia anche la sua abside gotica tardotrecentesca. Nella medesima campagna decorativa il Sibella, in collaborazione con Luigi Tagliaferri di Pagnona, ridipinse le grandi figure intere, già sulla facciata dal 1745, di S. Antonio abate con il bastone a e la campanella [fig. 4] e di S. Cristoforo con il Bambino sulla spalla [fig. 5]. Entrambe furono restaurate da Luigi Garoli nel 1990.

S. Cristoforo è rappresentato come un gigante barbuto con un tronco di palma fiorito come bastone, con Gesù Bambino sulla spalla in un atteggiamento di grande solennità e con il globo in una mano. Ma chi era S. Cristoforo? Secondo la versione popolare della vicenda narrata nella Legenda aurea di Jacopo da Varazze, S. Cristoforo, che si chiamava originariamente Reprobo, era un cananeo dalla taglia gigantesca e dal volto terribile. Non a caso, Giovanni Verga nelle pagine d’apertura dei suoi Malavoglia scrive che il figlio di padron ‘Ntoni era soprannominato “Bastianazzo, perché era grande e grosso quanto il San Cristoforo che c’era dipinto sotto l’arco della pescheria della città”.51 sancristoforo3 Avendo dunque deciso di servire soltanto l’essere più potente della terra, S.Cristoforo passò successivamente dal servizio del re del paese a quello del diavolo finché questi gli rivelò che ben più potente di lui era un altro padrone: il Cristo. Si mise allora sulle sue tracce. Dopo un lungo peregrinare si imbatté in un eremita che gli consigliò di aiutare i poveri viandanti ad attraversare un fiume dalle acque profonde e vorticose che si trovava nei pressi della sua capanna: servendo gli umili avrebbe servito Cristo. Appoggiato ad un tronco d’albero a mo’ di bastone, più volte S. Cristoforo percorse il fiume avanti e indietro finché un giorno si caricò sulle spalle un bambino. Durante il passaggio le acque del fiume ingrossarono, divenendo sempre più minacciose, mentre il bambino cominciava a pesare come piombo così che gli sembrava di trasportare il mondo. Dopo molte fatiche raggiunse l’altra riva e ricevette la consolante spiegazione di tante difficoltà: aveva portato sulle spalle Gesù Bambino e da qui il nome Cristoforo che significa “portatore di Cristo”. Il suo bastone a dimostrazione del prodigioso trasporto germogliò come una palma, a prefigurazione del suo martirio che avvenne probabilmente sotto Decio (III sec. d.C.).

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S. Cristoforo è invocato contro morti improvvise, uragani, grandine e mal di denti ed è il patrono di alpinisti, ascensionisti, atleti, automobilisti, barcaioli, ferrovieri, tranvieri, facchini, scaricatori, pellegrini, postini, viaggiatori, sportivi e fruttivendoli. Siccome il motto che lo accompagna recita “Chiunque guarderà la figura di S. Cristoforo, certamente in quel giorno non sarà sopraffatto dalla fiacchezza”, la sua effigie veniva per questo dipinta molto grande, spesso sui muri esterni delle case, perché fosse visibile anche da lontano: era il santo patrono dei viandanti. Guardare l’immagine di S. Cristoforo proteggeva dalla mala morte, cioè dalla morte improvvisa, l’ossessione del buon cristiano medievale, perché la fine repentina lo avrebbe portato dritto all’inferno, senza avere avuto il tempo di liberarsi dal peso dei peccati attraverso pentimento, confessione e penitenze. S. Cristoforo garantiva la salvezza al semplice sguardo.

In Valsassina era abbastanza diffuso il culto a questo santo. Oltre che sulla facciata della chiesa di Baiedo, una gigantesca figura di S. Cristoforo campeggia anche sulla facciata della chiesa di S. Lorenzo a Vendrogno, una chiesa che non a caso sorge in un luogo strategico da cui si domina con lo sguardo gran parte della Valsassina tanto che, salendo da Bellano, appena voltato il colle di S. Grato, se ne avvista il campanile. Del santo si è conservata solo la zona inferiore della figura con il busto, le gambe e i piedi immersi nell’acqua che sono innaturalmente allungati e somigliano quasi a pinne. L’affresco risale alla fine del Trecento. Di apparente fattura tardocinquecentesca è l’affresco sulla facciata, rimaneggiata nel 1902, della chiesa di S. Antonio abate a Crandola: raffigura Gesù tra i Ss. Antonio abate e Cristoforo e un orante che reca il modello della chiesa. Il dipinto, oltre ad essere molto deteriorato, è stato compromesso dall’aper-tura del portale tardivo. Per finire sulla facciata della chiesa di S. Anna a Vimogno affrescata nel 1853 da Giovanni Maria Tagliaferri campeggia sulla destra una monumentale figura di S. Cristoforo con accanto l’iscrizione: “MERITAI PORTARE IN COLLO IDDIO / PERCHÉ GIÀ LO PORTAVO NEL COR MIO” e ai piedi firma e data “GM TAGLIAFERRI / 1853”.


                                                                       Marco Sampietro

                                                                                                                                      

  

 IL GRINZONE n. 51