IL MARTIRIO DI S.PIETRO DA VERONA
di FILIPPO VIGNATI A BAIEDO

 

Sull’altare della chiesa di S.Pietro Martire a Baiedo fa bella mostra di sé, scenografica nella sua imponenza, una elegante ancona in stucco che si sviluppa secondo i moduli tipici del Seicento. Due colonne tortili scure coprono le lesene nere venate e sorreggono, per mezzo di capitelli ionici con festoni,una complessa trabeazione sulla cui sommità poggia un timpano spezzato sormontato da due candidi angeli; completano gli ornamenti dell’ancona una testa di cherubino al centro della trabeazione e il medaglione della cimasa con i rami di palma incrociati e incoronati che alludono al martirio del santo titolare della chiesetta. A realizzare questa bella ancona nel 1690, come risulta da una nota di spesa contenuta nel libro mastro della parrocchia, furono molto probabilmente gli stuccatori Antonio e Lorenzo Aliprandi, della nota famiglia di plastificatori originari della Val d’Intelvi. L’elaborata ancona è altresì impreziosita da una pregevole pala tardosecentesca raffigurante il Martirio di S. Pietro da Verona, oggetto del presente articolo. Il dipinto ad olio su tela raffigura il supplizio del santo martire domenicano: al centro della scena fortemente chiaroscurata S. Pietro, rappresentato con l’abito bianco e il mantello nero dei domenicani, è ritratto ai piedi di un albero (chiaro riferimento al bosco di Barlassina ove fu barbaramente ucciso a colpi di mannaia), già a terra, con un braccio alzato, mentre il suo carnefice si appresta a colpirlo brandendo con inaudita violenza un falcastro. Il tutto è ambientato entro uno spazio indefinito, sovrastato da un nero cielo di nubi squarciato da una schiera di angioletti e sulla destra dall’apparizione della Madonna col Bambino. Sullo sfondo, sempre sulla destra, è rappresentato in scala molto ridotta un altro episodio relativo al martirio di S. Pietro: la fuga di un suo confratello, Roderico di Atencia. Tradizionalmente attribuita al pittore milanese Carlo Filippo Vignati, la tela è ora a lui sicuramente assegnata come attesta una nota di pagamento di 50 lire e 5 denari effettuato a suo favore il 10 gennaio 1692: “10 Genaro (16)92 – Conti al Sig.r Filippo Vignati Pittore p(er) il Quadro di S. Pietro Martire: 50: 5”. Il nostro pittore Filippo Vignati va senz’altro identificato con quel Carlo Filippo Vignati del fu Carlo Andrea, milanese di Porta Vittoria e della Parrocchia di S. Vittore al Teatro, che nell’ultimo decennio del Seicento si trasferì in Valsassina per motivo del suo lavoro di pittore, stabilendosi a Primaluna e lasciando un considerevole numero di tele a lui assegnate ora su basi stilistiche ora per via documentaria (Cortabbio: chiesa di S. Lorenzo e chiesa di S. Maria Bambina; Cortenova: chiesa di S. Maria Maddalena in Prato S. Pietro; Introbio: chiesa di S. Antonio abate; Maggio di Cremeno: chiesa della Natività della Beata Vergine Maria; Parlasco: chiesa di S. Antonio abate; Primaluna: chiesa dei SS. Pietro e Paolo). Tralasciando per il momento la vexata quaestio relativa al nome dell’autore del dipinto che ora si fa chiamare Lodovico ora (Carlo) Filippo Vignati (è la stessa persona o sono due persone distinte facenti parte di una medesima bottega?), si può dire con Giovanna Virgilio che il nostro pittore nell’impaginazione della scena dove spiccano l’ambientazione paesaggistica e la minuta descrizione anatomica di figure muscolose “rivela una cultura eclettica che unisce echi della pittura veneta del Cinquecento riconoscibili, in particolare, nelle tele di Introbio, al recupero dei modelli del primo Seicento lombardo”, mentre nelle altre opere a lui attribuite “si ravvisa un graduale schiarimento della tavolozza cromatica e la ricerca di schemi compositivi semplificati da collegare a un possibile influsso di Federico Bianchi, di cui, tra l’altro, sono state individuate nuove opere in Valsassina”.
Lo stesso soggetto iconografico del dipinto di Baiedo, parziale derivazione della tela di Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore 1490 ca – Venezia 1576) per papa Pio V, lo ritroviamo, oltre che sulla sommità dell’arco trionfale della medesima chiesetta nell’affresco del 1886 eseguito da Antonio Sibella, anche nella grande pala con il Martirio di S. Pietro da Verona collocata oggi lungo la parete della navata destra della chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Primaluna. Commissionata dalla locale famiglia Parolini di Barcone nel 1607, la tela primalunese è una copia di un Martirio di S. Pietro da Verona eseguito ancora una volta da Tiziano Vecellio tra il 1528 e il 1530 e originariamente collocato sull’altare della Confraternita di S. Pietro Martire nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo a Venezia, dove andò distrutto nell’incendio del 16 agosto 1867. Di questo dipinto di Tiziano esistono numerose copie nonché stampe di traduzione (si chiamano così le incisioni derivate da un’opera realizzata in altra tecnica), come quella realizzata nel 1844 dal pagnonese Giovanni Maria Tagliaferri per conto della chiesa di S. Giacomo in Como dove si venerava una copia della medesima pala di Primaluna (ora la tela del S.Giacomo si trova nella chiesa del SS. Crocifisso a Como).


                                                                          Marco Sampietro


IL GRINZONE n.47