LA MADONNA DELLA CINTURA
E LE ALTRE STATUE "VESTITE" DELLA VALSASSINA


Leggiamo su “Il Resegone” del 4-5 settembre 1885: “Nella parrocchiale di Pasturo messa a nuovo per gli egregi ornati del sig. Follatelli di Canzo, e lodevoli affreschi del pittore Sibella, [mons. Mascaretti] benedisse un bel simulacro del vostro concittadino [intendi di Lecco] Giacomo Mattarelli. Dopo la Cresima l’ottimo Vescovo indirizzò al popolo affollato un caro e commovente discorso di circostanza sul bisogno e sul vantaggio della devozione a Maria, considerata quale segno di predestinazione per il cristiano”. L’anno successivo, nella chiesa di S. Giacomo o della Madonna della Cintura, veniva spostata e collocata lungo la parete destra l’antica pala secentesca dell’altar maggiore raffigurante la Madonna della Cintura coi Ss. Agostino e Rocco di ascendenza nuvoloniana. Al suo posto, entro una nicchia ricavata nell’ancona, veniva ospitata la bella statua della Madonna della Cintura dell’intagliatore e incisore lecchese Giacomo Mattarelli jr, nipote del più noto Mattarelli, morto nel 1863, che eseguì gli intagli dei palchi e gli stucchi del Teatro della Società di Lecco. Donata da Dionigi Doniselli, benedetta il 1° settembre 1885 da mons. Federico Mascaretti, vescovo titolare di Zama, e incoronata da mons. Ambrogio Galbiati il 5 settembre 1965, la statua, a tutt’oggi tenuta in grande devozione, viene solennemente portata in processione la prima domenica di settembre.


Questa statua è però diversa da quelle alle quali siamo abituati a pensare, interamente scolpite e dipinte, fisse nella loro immobilità, concepite in un tempo e in un luogo per durare “in eterno” senza venir modificate nella loro estetica, fatto salvo manutenzioni o restauri.
La statua di cui stiamo parlando è, come vedremo, rifinita in modo approssimativo e, dotata com’è di snodi, “si muove” ed entra così a far parte di rappresentazioni religiose cariche di forti valori simbolici, quali le processioni. In una parola, ci troviamo di fronte ad una statua vestita o da vestire. Si tratta di statue con un corpo – talvolta un semplice torsolo – in legno o in altri materiali “poveri”, i volti modellati in modo naturalistico e gli arti generalmente snodabili per facilitare la vestizione ma anche per consentire di modificare la posa: vestite poi con biancheria intima, corpetti, abiti splendidi e preziosissimi, gioielli e corone (talvolta ex-voto di fedeli), queste statue venivano portate solennemente in processione, ospitate sugli altari, venerate dalle confraternite, a testimonianza di un sacro familiare, simile e prossimo ai suoi fedeli.

E’ il caso della statua della Madonna della Cintura che l’Orlandi giudicò per questo senza mezzi termini un “tréspolo vestito”: essa è, infatti, costituita da una semplice struttura lignea sagomata entro la quale sono inseriti gli arti snodabili per permettere il distacco delle mani durante la vestizione, la testa e i piedi accuratamente scolpiti e policromati, mentre, dalla vita in giù, è una struttura troncoconica (foto1). Il volto è incorniciato dai capelli scolpiti e raccolti sulla nuca con la foggia di un fiocco(foto 2). La Vergine è ritta su un basamento formato da nuvole dorate con i piedi coperti da calzari dorati (foto 3), stringe la cintura nella mano destra e, con la sinistra, sostiene la scultura lignea - non originaria - di Gesù, che tiene essa pure la cintura fra le dita. Le vesti della Vergine sono costituite da una sottogonna e da una leggera camicetta, a sua volta rivestita da due altri indumenti allacciati posteriormente. Solitamente la Madonna indossa un abito in tessuto di cotone e seta, realizzato dalle sorelle Riva Angela e Rina nel 2010 in sostituzione di quello precedente che si era deteriorato. L’abito festivo, ornato di preziosi ricami in oro filato su raso di seta bianco (restaurato negli anni 1981-1982 dalle suore romite ambrosiane del monastero della Bernaga, a Perego), è utilizzato solo in occasione della festa della Madonna della Cintura, cioè la prima domenica di settembre.

          


La statua della Madonna della Cintura non è l’unica statua vestita della Valsassina ma è comunque storicamente molto interessante perché, proprio quando tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento veniva decretata la distruzione di tutte queste statue, viste come elementi estranei alla liturgia della Chiesa, in particolar modo dalle gerarchie ecclesiastiche, a Pasturo veniva benedetta una nuova statua di questo tipo. Altre statue vestite si trovano a Margno, a Primaluna, a Barcone e a Piano di Cortenova: pur non essendo particolarmente numerose, tali statue da vestire rappresentano tuttavia un campionario significativo che ben esemplifica dal punto di vista estetico le tre tipologie di statue:

1. statue interamente scolpite e policromate, che potevano essere esposte anche senza il corredo vestiario, come la Madonna nella chiesa di S. Giuseppe a Piano (frazione di Cortenova): la statua in legno intagliato e dipinto risale alla prima metà del Settecento e rappresenta una Madonna colta in atteggiamento dinamico, con il busto leggermente ruotato verso sinistra, mentre tiene in braccio Gesù Bambino che, a sua volta, le afferra il nodo del mantello; un vispo angioletto, sulla destra, fa capolino tra le pieghe delle vesti.

2. statue interamente scolpite ma solo parzialmente policromate, limitatamente alle parti visibili (volti, attaccatura del busto, mani e piedi): queste statue indossano una sottoveste scolpita, di lunghezza variabile, destinata ad essere ricoperta dai sottabiti e dalle vesti in tessuto. E’ il caso, oltre che della statua della Madonna della Cintura, delle statue settecentesche della Madonna del Rosario nella chiesa di S. Bartolomeo a Margno e della Madonna col Bambino venerata nel santuario della Madonna di S. Rocco a Primaluna e recentemente restaurata.

3. infine, veri e propri manichini, scolpiti e policromati limitatamente alle parti visibili, mentre il corpo, dalla vita in giù, è una struttura troncoconica, come nel caso della Madonna conservata nella sacrestia del Santuario della Madonna delle Grazie di Barcone, un tempo esposta alla venerazione dei fedeli il giorno dell’Immacolata. La statuetta, di probabili origini ottocentesche, è in realtà un manichino sorretto da un bastone inserito in una base decorata con una testa di angioletto e rivestito da un recente abito bianco, con la relativa sottoveste.


In conclusione, è auspicabile salvaguardare e conservare questi manufatti un tempo carissimi al popolo dei devoti perché, nonostante la marginalità nella quale sono stati relegati dagli ambiti accademici, continuano a rappresentare per molti fedeli l’immagine stessa della Vergine. Semplici rappresentazioni con le quali si è costruito nel tempo un rapporto di devozione e affetto.


                                                         Marco Sampietro


IL GRINZONE n.38