UNA VIA CRUCIS ESSENZIALE
Siamo in Quaresima e la tradizionale funzione della Via Crucis, nella nostra Chiesa Parrocchiale, ci permette di osservare con più attenzione che in altri periodi dell’anno l’opera affrescata da Giancarlo Vitali.
Siamo andati a trovarlo per parlarne con lui.
In che anno è stata realizzata la Via Crucis a Pasturo? Durante i lavori di “sistemazione” di tutta la Chiesa o successivamente?
Fra il ‘60 e il ‘61, appunto durante i lavori curati dall’architetto Delino Manzoni. Sua l’idea della fascia di pannelli “gettata” in cemento con i fondi in cotto, che accetta l’intonaco di calce senza conseguenze negative per la durata dell’affresco. Inizialmente si pensava alle quattordici stazioni con delle fasce sulle due pareti, poi la scoperta degli affreschi antichi vicino al battistero ci ha fatto modificare l’impianto.
Come è maturata l’idea di dipingere una Via Crucis su pannelli fissi di cemento, “mandando in soffitta” i tradizionali quadri?
Lasciare un segno duraturo nel tempo: questo il suggerimento dato da don Tullio a testimonianza di un intervento nuovo all’arredo architettonico della parrocchiale. Adesso non ricordo bene ma può darsi che il don Tullio abbia espresso l’idea 'de miga fa dei robb mobil che se doman rua un oltro pret i la tira via'. Fu così che l’architetto Manzoni ha inventato, nella sua falegnameria, un congegno, 'un robb straordinari, per fa propi na getada unica. L’à creà sto negatif de legn, perfett con dei finestrele a saracinesca che, na volta colàa denter el cement, se tirava su i finestre, ‘na roba straordinaria…' Una gettata unica… non è che, non so, vedendolo da sotto, uno potrebbe pensare che i pannelli sono stati inseriti nella fascia; no no, è nato tutto in un getto unico.
Prima parlavi del fondo in cotto. Era sempre il Donghi che collaborava con te come muratore?
Sì perché l’affresco sul cemento, con l’umidità, 'el spariss, el cement el mangia tutt. Invece praticament lu l’ha fàa come di scatoi, ogni panell l’è una scatola con dent i traforà, i quadrei, che fan ’na bela paret e, al moment del dunque, el Donghi el tirava su l’intonaco con la calce pura. El tirava dei paret come el vedro, straordinari, me pariva sempre de ruinà el lavorà del Donghi, me pariva pusèe prezios el sò lavorà che el mè…'
E’ stata una scelta immediata oppure prima ci sono state altre ipotesi? Sono stati predisposti dei bozzetti? Quali le prime reazioni degli interlocutori, e in particolare di don Tullio?
Avevo totale libertà di progettazione dell’opera; si è partiti da una serie di disegni preparatori, subito accettati, sia da don Tullio e forse anche da altri preti o consiglieri, sia dall’architetto Manzoni che godeva di tutta la fiducia e l’ammirazione della Curia. Infatti rispettando appieno l’idea svolta nei disegni preparatori, non ricordo d’aver avuto momenti di ripensamento né alcuno screzio; 'semmai el pusè stremì sere mi, quand che gh’eri de domandac un parer al don Tullio su certi stazion…' A dirla tutta ricordo che ho lavorato anche con un po’ di “fifa”: innanzitutto “fifa” rispetto alle raffigurazioni; eravamo negli anni sessanta, c’era molto tradizionalismo e i miei disegni uscivano dai canoni classici. Oggi la gente ha visto più cose, c’è la televisione, ci sono i giornali… Ogni volta che facevo un disegno mi chiedevo cosa avrebbero detto i pasturesi vedendolo; non c’erano i colori tradizionali e neppure le posture tradizionali. Mi rendevo conto che era un po’ un azzardo, ma poi l’approvazione del don Tullio e l’appoggio del Delino mi facevano superare i dubbi. L’altra “fifa”, come ho già accennato, riguardava la tecnica dell’affresco perché allora ero abbastanza digiuno in quella disciplina, avevo insomma poca confidenza con tale tecnica.
Ricordi qualche episodio particolare capitato durante l’esecuzione dell’opera?
Mi piace ricordare le graditissime visite mattutine della contessa Lina Sangiuliani, mamma di Antonia Pozzi. Scendevo allora dal ponteggio, un timido baciamano, rispondevo alle sue curiose domande e spesso dovevo accettare l’invito ad un tè pomeridiano in villa…
L’essenzialità delle “scene” che raffigurano le diverse “stazioni” della Via Crucis sembra essere una delle caratteristiche principali: come mai questa scelta che appare quasi in controtendenza rispetto ad altri tuoi quadri? Ti sei ispirato a qualche opera o a qualche artista in particolare?
Con “l’arte sacra” non avevo grande familiarità, anche se il mio debutto pubblico è stato proprio in questo indirizzo. Nel lontano ‘49 alla Biennale d’arte Sacra all’Angelicum a Milano, ebbi calorosi apprezzamenti da Carlo Carrà per due tele “Visitazione” e “Cena in Emmaus”, opere fondamentali nell’economia dei miei anni verdi. Resto convinto che una decina di anni dopo, dovendo affrontare il tema propostomi per una “Via Crucis”, quelle prime prove mi abbiano suggerito una linea non solo stilistica ma di rigoroso ed essenziale contenuto. Io credo che con piglio diverso, dovuto anche alla maggiore libertà che può dare la pittura ad olio, questa essenzialità la si trovi pure in certi miei quadri, anche di questi anni.
Quale è stato il giudizio dei critici o anche di altre persone a seguito di tale realizzazione?
Stiamo parlando di cose di cinquant’anni fa! Neanche i giornali locali offrivano tanto spazio, come invece avviene oggi, a fatti di questo tipo. Darei invece più importanza all’apprezzamento del pubblico locale e non credo fosse facile accettare una figurazione non propriamente tradizionale… Si fidava però del giudizio del parroco.
Hai dipinto altre Via Crucis successivamente?
Ho realizzato, sulla falsariga della “Via Crucis” di Pasturo una litografia, stampata da Upiglio a Milano nel 1983; e sullo stesso tema un grande pannello ad olio, che ancora conservo, ma rimasto incompiuto.
A conclusione Giancarlo aggiunge:
Mi piacerebbe rivederla… ma l’hanno pulita? Altrimenti 'la sarà bela sporca', dopo cinquant’anni. Non solo le candele ma anche l’impianto di riscaldamento a nafta con emissione di aria calda nella chiesa, che c’è stato per molti anni. Bisognerebbe proprio vederla, toccarla…
Allora siamo d’accordo, Giancarlo, che qualche giorno vieni a Pasturo …
Gigi e Guido
IL GRINZONE n.26