Il gioco di Santa Oca




Risulta persino stucchevole ripetere che in Italia si legge poco... Personalmente sono convinto che lo strumento più immediato ed efficace per stimolare la lettura sia il passaparola: “Ho letto un buon libro, te ne consiglio la lettura”.

Questo preambolo per presentare il romanzo “IL GIOCO DI SANTA OCA" di Laura Pariani.

La vicenda si svolge nel Granducato di Milano (Milanesado), sotto la dominazione spagnola, più precisamente nella brughiera che si affaccia sul Ticino (Tesìn), attorno all’attuale Busto Arsizio. Siamo nell’autunno del 1652, un ventennio dopo la terribile carestia e la conseguente peste, descritte da don Lisander ne “I Promessi Sposi”.

Bonaventura Mangiaterra, un “terriero” (contadino) dotato di “Bella Parola”, si ribella contro la prepotenza del signorotto locale ed il potere demoniaco della Santa Inquisizione di Milano e diventa il capo carismatico di una banda di poveri contadini e una leggenda per tutti i diseredati; pagherà inevitabilmente con la vita il prezzo della sua rivolta, ma avrà in morte una sorprendente ed irridente rivincita sui suoi persecutori.

La struttura del libro prevede un alternarsi rigoroso di capitoli che narrano lo svolgimento dei fatti in ordine cronologico e la rivisitazione degli stessi, venti anni dopo, attraverso la testimonianza della cantastorie Pùlvara che, travestitasi da maschio, ha fatto parte in gioventù della banda di Bonaventura Mangiaterra.

Il racconto di Pùlvara segue le regole del gioco dell’oca (gioco che quelli della mia età hanno praticato e che altro non è che il gioco della vita): si fa buttando i dadi su una tavola di numeri che vanno fino al sessantatrè, il giardino appunto di Santa Oca, la meta finale agognata, ma difficile da raggiungere. Purtroppo Pùlvara incappa nel numero cinquantotto, casella della Morte, che non permette di proseguire il gioco e costringe a ricominciare da capo.

Il linguaggio scelto da Laura Pariani è vivo ed immediato, sia attraverso l’uso diretto di termini ed espressioni dialettali, sia italianizzando gustosamente il dialetto. Per quelli, come me, che hanno la fortuna di conoscere il dialetto, è un vero godimento, anche solo a leggere i soprannomi dei vari personaggi.

In conclusione un libro che rende giustizia agli “ultimi” della Storia e che garantisce quello che promette il titolo di questa rubrica.            

                                                                          

                                                                                                            Carlo Amanti


Indicazioni bibliografiche

Laura Pariani, Il gioco di Santa Oca, La nave di Teseo, pag. 269.


IL GRINZONE n.68