Lo mangerò tra mille anni
Il titolo e l’ultima riga del libro “LO MANGERO’ TRA MILLE ANNI” di Valerio Cicero, valsassinese di nascita e con studi elementari e medie ad Introbio, sono tratti da una poesia di Allen Ginsberg, intitolata “Urlo”, una composizione degli anni ’50, all’epoca della mitica Beat Generation, ritenuta al tempo scandalosa, un urlo appunto strozzato e violento contro la società americana.
Definire la natura del libro è rischioso perché, se di primo acchito potrebbe essere catalogato nel filone distopico, ciò mi sembra del tutto riduttivo.
Siamo intorno al 2050 ed una comitiva di giovani francesi parte per un trekking in Nepal, con il fermo proposito di affrontare il “circuito lungo dell’Annapurna” (so che c’è stata anche nel passato una spedizione valsassinese). Il viaggio si trasforma per alcuni di loro, soprattutto per due coppie Mikah - Julia e Karim - Anna in una lenta ma progressiva presa di coscienza di un passato sconvolgente e di un presente tragico. Infatti Mikah e Karim sono rispettivamente rumeno e turco e sono giunti in Francia dopo incredibili peripezie, avendo alle spalle atroci vicende familiari.
La struttura del libro è complessa per un’opera prima e richiede una lettura attenta in particolare dei primi capitoli. L’autore dà una mano, iniziando tutti i capitoli con il nome di un personaggio ed un riferimento temporale ad una “primavera”, che sibillinamente non precisa, ma che il lettore potrà facilmente identificare.
La parte più convincente del racconto è il viaggio in Nepal, attraverso il quale delinea la complessa psicologia dei quattro protagonisti. Ed è proprio durante il viaggio, in una caverna sotto l’Annapurna, che si raggiunge, a mio avviso, il climax della narrazione.
Meno riuscita invece la prospettiva di una guerra, peraltro strana, fra Francia e Germania, prevista per il 2058 (ma qui il mio giudizio è inficiato dalla scaramanzia, a protezione dei miei nipotini).
Per quanto riguarda la scrittura, la prova è superata alla grande: si avverte chiaramente, leggendo, un amore autentico dell’autore per la parola ed un rigore, raro in un giovane.
Se proprio si vuol cercare il pelo nell’uovo (in cauda venenum!) nelle prossime prove, che certamente ci saranno, mi permetto di consigliare un uso meno reiterato di termini, espressioni e cliché ed un controllo dei linguaggi iperspecialistici (l’autore è d’altra parte ingegnere chimico).
Carlo Amanti
Indicazioni bibliografiche
Valerio Cicero, Lo mangerò tra mille anni, Genesis Publishing, pag. 376
IL GRINZONE n.72