UNA "PASSEGGIATA" LUNGA 800 CHILOMETRI
Sono partita da casa il pomeriggio del 18 settembre. L'avventura inizia non appena atterrata in territorio francese. Bordeaux, infatti, era uno degli aeroporti più vicini alla prima tappa del cammino. Da lì ho preso un taxi condiviso con altri pellegrini conosciuti al momento e in poche ore sono arrivata a Saint-Jean-Pied-de-Port. Questo paesino è considerato, tradizionalmente, la tappa di partenza del Cammino Francese. Solitamente quando si parla di Cammino di Santiago ci si riferisce a quest’ultimo, il più noto e attrezzato, nonché il più affollato. In ogni caso, vi sono altri cammini che giungono a Santiago, solo per citarne alcuni: il Cammino del Nord, il Cammino primitivo, il Portoghese, la Via della Plata…
Tuttavia ho deciso di percorrere il classico perché, come prima esperienza e soprattutto partendo in autunno, mi sembrava fosse il più adatto.
Avevo voglia di partire e l’ho fatto, senza grandi motivazioni, avevo voglia di staccare un po' la spina, abbandonare la frenesia quotidiana e prendermi del tempo per me stessa. Avevo voglia di assaporare un po' di vita senza pensare troppo, ecco. Sono partita all’improvviso: i piani per settembre e inizio ottobre erano altri, ma forse il destino ha voluto così, l’idea di fare questa esperienza mi frullava già da un po’ nella testa e, non appena ho avuto l’occasione di andare, non ci ho pensato troppo. La decisione di partire, la prenotazione del volo, la preparazione dello zaino… è successo tutto in pochi giorni. E così, quasi senza accorgermi e senza ripensamenti o esitazioni, mi sono ritrovata all’inizio del cammino. Con il senno di poi, posso dire che è stato meglio così: non ho avuto il tempo di realizzare bene cosa stessi andando a fare e, fra le tante emozioni, sono riuscita a godermi anche quella della sorpresa. Devo ammettere che di solito sono una persona molto organizzata. Però, questa volta, ho preferito vivermi giorno per giorno l’avventura, anche perché, a dirla tutta, questa è proprio un’esperienza da non programmare. È sicuramente possibile e consigliato farsi un’idea della tappa che si andrà a fare durante la giornata, ma, sin dai primi giorni di cammino, realizzi subito che in realtà non si sa mai cosa potrebbe succedere passo dopo passo. Infatti, magari un giorno ti senti bene e hai voglia di fare qualche km in più, un altro invece sei obbligato a fermarti perché il meteo non è dei migliori e hai qualche dolore che non ti permette di proseguire come avresti voluto.
A proposito di passi, ne farei uno indietro: che cos’è il Cammino Francese? Per chi non lo sapesse, sto parlando di quel cammino che parte dai Pirenei e giunge fino a Santiago de Compostela. È qui che, nel IX secolo, sembra sia stata scoperta la tomba dell’apostolo San Giacomo. Il Cammino quindi nasce come pellegrinaggio religioso ma, al giorno d'oggi, la maggior parte delle persone, più che per motivi spirituali, sembra sia spinta da ben altro: qualcuno per sport o turismo, qualcuno ha voglia di vivere la solitudine, qualcuno vuole dare una svolta alla propria vita, qualcuno effettivamente parte anche alla ricerca di un miracolo…
In sostanza, quello che ho capito scambiando qualche chiacchiera con persone di diverse età, culture, idee, è che ognuno ha i suoi perché. Ma anche questo è il bello: passeggiare ed ascoltare le storie che ci hanno portato lì, chi per un motivo e chi per l’altro, ma tutti insieme a vivere la stessa esperienza... Circa 800 km e varie regioni da attraversare.
Si parte dalla Francia, si attraversano i Pirenei, zone montagnose, con una prima tappa impegnativa e un dislivello importante (anche se questo, per chi come noi è abituato alle montagne, non è nulla di così difficile). La prima tappa è sicuramente una delle più belle, per i paesaggi mozzafiato e per il tanto entusiasmo e l’adrenalina del primo giorno. Si attraversa la Comunità della Navarra, una zona ricca di tradizione medievale e di vegetazione, molto pulita e ordinata. Ma non si tratta di attraversare solo boschi, paesini o percorrere mulattiere. Infatti, nei giorni successivi si cammina anche per le vie di una grande città: Pamplona. Oltrepassata Pamplona, si giunge poi ad un’altra tappa importante, l’Alto del Perdón, zona molto ventosa, caratterizzata dalle innumerevoli pale eoliche che la circondano e da un monumento significativo per i pellegrini, dove sono incise le seguenti parole: "Donde se cruza el camino del viento con el de las estrellas" (dove il cammino del vento si incrocia con quello delle stelle).
Usciti dalla Navarra iniziano ampie distese di vigneti, si entra nella regione della Rioja, famosa per la produzione di vino. Anche questa zona è ricca di elementi medievali: strade, mura di fortificazioni e innumerevoli chiese oltre a fertili pianure con valli ben coltivate e terreni agricoli. Successivamente si entra nella grande Castilla y León, iniziano le ampie zone di solitudine, infiniti campi e le cosiddette mesetas: antichi altipiani in mezzo al nulla, strade immerse in campi bruciati dal sole, paesaggi piatti e senza riferimenti. Le mesetas sono faticose, soprattutto per l'intensità del sole e l'assenza di ombra, il caldo che stanca e il paesaggio neutro che sembra non cambiare. Ciò nonostante, senza dubbio, sono paesaggi affascinanti. Dicono che queste siano le tappe più dure del cammino a livello psicologico, e non posso negarlo. I paesaggi sono monotoni e sicuramente mettono a dura prova il pellegrino. Dall'altra parte, però, insegnano ad avere pazienza: prima o poi qualcosa si intravede, basta saper aspettare.
Infatti i giorni tra le mesetas finiscono e si arriva poi alla città di Burgos, la vecchia capitale castigliana, conosciuta soprattutto per la meravigliosa cattedrale. Proseguendo, pian piano, ci si avvicina a una delle città più importanti del Cammino: León, il cuore politico e culturale del nord della Spagna.
Purtroppo, però, man mano che ci si avvicina alle città, la natura lascia spazio a zone industriali e trafficate. Infatti, il cammino non è tutto immerso in spazi naturali: spesso vi sono piste pedonali parallele alle strade trafficate e in alcuni punti da attraversare. Sicuramente questo non è il massimo e qualche volta vengono segnalati percorsi alternativi più interessanti, solitamente più lunghi ma che vale la pena considerare. Arrivati ad Astorga, altra città importante della regione castigliana, si ritornano a toccare alcune alture, anche se più dolci rispetto ai Pirenei, ma di nuovo, camminando, ci si ritrova completamente immersi nella natura bella e austera. Si passa per un’altra delle tappe più significative, la Cruz de Fierro. Qui i pellegrini sono soliti lasciare una pietra per liberare i pesi dell’anima che si portano dentro. La tradizione vuole che la pietra venga portata direttamente da casa e non raccolta poco prima, proprio per darle un significato maggiore.
Infine, si entra nell’ultima regione del Cammino, la Galizia, terra di campagna, agricola e collinosa con fitti boschi, che sicuramente mi hanno ricordato molto le nostre zone. È come se le ultime tappe mi riportassero, piano piano, non solo alla fine del cammino, ma anche a casa, così il rientro mi sarebbe sembrato decisamente più dolce. Salire a O Cebreiro (all’inizio della regione Galizia) costa fatica ma da lassù la vista è spettacolare. Da qui Santiago era proprio vicino, ormai si diceva che il peggio era passato. Ciò nonostante la stanchezza si faceva sentire, i dolori anche e le ultime tappe sembravano ancora più faticose e lunghe. Ma non si molla! Per pranzo un bel pulpo a la gallega (tradizionale polpo cucinato in Galizia con patate e paprika) in quel di Melide e si continua diretti verso la meta. E così arriva l’ultima notte, che io ho passato a Lavacolla, a soli 10 km da Santiago. Una notte magica. Difficile spiegare il tumulto di emozioni che ho provato quella sera, in realtà è stata più una sorta di malinconica allegria…
Il mio cammino verso Santiago era quasi finito, il giorno dopo sarei arrivata davanti alla cattedrale, avrei ritirato all'ufficio apposito la mia Compostela (pergamena che certifica l’avvenuto pellegrinaggio) e in poche ore sarei tornata di nuovo a casa. Così è stato: sveglia presto (come sempre del resto), ma questa mattina solo poche ore di camminata al buio e l’entrata a Santiago verso le 9.30. Inutile spiegare la soddisfazione arrivata nella famosa Praza do Obradoiro. Era il 15 ottobre, erano passati esattamente 27 giorni dal momento in cui cominciai. Ce l’avevo fatta!
Purtroppo della città di Santiago mi è rimasto ben poco poiché nelle ultime tappe il cammino è più affollato e ci sono turisti che percorrono solo gli ultimi km. Per di più, in quei giorni, vi erano varie celebrazioni che, in occasione di una festività nazionale spagnola, hanno portato molta gente a Santiago e di conseguenza una grande folla tra le strade e nella Cattedrale (esternamente ricoperta da impalcature causa restauro). Perciò la coda di persone e il volo di rientro, previsto in quella stessa giornata, non mi hanno permesso di entrare nella cattedrale.
Quindi ho sicuramente buoni motivi per tornare a Santiago. Ma oggi, ancor di più di prima, mi rendo conto di quanto la vera meta non sia la destinazione, bensì il cammino.
È proprio vero ciò che mi hanno detto alcuni hospitaleros (i volontari che hanno fatto il cammino e ora lavorano per 15 giorni all’anno negli albergues, le strutture dove sono soliti dormire i pellegrini): “Nel desiderio ossessivo di arrivare, dimentichiamo la cosa più importante, cioè il viaggio”.
Quello che mi rimane oggi, infatti, non è Santiago. Certo sono contenta di essere arrivata alla fine, sarei ipocrita a dire il contrario, ma è proprio il “durante” ciò che ho assaporato di più.
Le ricchezze che mi porto dentro sono i giorni passati a camminare al buio sotto le stelle e la luna, aspettando il sole sorgere, i colori del cielo, i paesaggi così belli da togliere il fiato, le persone che ho conosciuto, le serate passate a condividere cene e chiacchere con gente sconosciuta ma che in realtà ti sembra di conoscere da una vita, i sorrisi scambiati con gli altri pellegrini, le storie di ognuno, il rumore dei passi sul terreno, il camminare sotto la pioggia come se niente fosse, il freddo, il vento gelido del mattino e il sole caldo che ti brucia la pelle qualche ora dopo, la gioia nel vedere una piscina dove fare il pediluvio a fine giornata, la doccia calda che ti rigenera dopo la camminata, il dormire tutti insieme nelle camerate, i “buen camino” (“buon cammino”) e le altre parole di incoraggiamento che ti scambi con gli altri pellegrini, i dolori che ti vengono ma che impari a sopportare per andare avanti, un piatto di vera “paella” e una buona cerveza (birra) dopo tanta fatica, gli abbracci di conforto con i pellegrini, i consigli scambiati con gli altri su come curare le vesciche o i dolori vari, i sellos (timbri) che vanno ad aggiungersi ogni giorno alla Credencial (per ottenere la Compostela alla fine del cammino e certificare l’avvenuto pellegrinaggio, ognuno deve raccogliere dei timbri sulla propria Credenziale, ritirata all’inizio del cammino oppure richiesta in qualche Confraternita prima di partire), le flechas amarillas e las conchas (le frecce gialle e le conchiglie sono i simboli del cammino che sono segnati durante tutto il percorso affinché il pellegrino non si perda) che cerchi ossessivamente per non perdere la strada, soprattutto al buio del mattino, la frutta fresca che viene offerta nei paesini, con una piccola donazione, dagli anziani della zona, mia zia che viene a trovarmi, condividendo con me gli ultimi giorni, il sollievo che senti nel toglierti lo zaino a fine giornata, ma che in realtà alla fine del cammino diventa talmente parte di te stesso da non sentirlo più, le lacrime che versi alla fine, quelle lacrime di commozione e gioia per l’arrivo o forse di dispiacere nel realizzare che l’avventura è ormai finita ed è ora di tornare a casa. Perché, alla fine, camminare ogni giorno non era poi così male!
Il vero cammino è tutto questo ed in realtà molto di più: ma certe cose è difficile spiegarle a parole. A volte ci vuole il giusto coraggio per uscire dalla nostra zona di comfort ma ciò che si scopre al di fuori di essa è davvero meraviglioso.
Ah, dimenticavo, non importa l’età..., ho visto bambini con i propri genitori fare il cammino e ho conosciuto un signore di 75 anni farlo per la nona volta.
“Un'imbarcazione è più sicura quando si trova in porto, tuttavia non è per questo che le barche sono state costruite” (P. Coelho).
Elena
IL GRINZONE n.61