INCONTRO CON LA CHIESA DI SIRIA
Mi sono state chieste alcune riflessioni sul pellegrinaggio col decanato di Lecco in Siria. Vorrei raccogliere le mie impressioni su due aspetti: l’incontro con la Chiesa di Siria e l’incontro con l’Islam
Noi abbiamo incontrato in modo particolare la chiesa cattolica melchita. Si tratta di una chiesa di rito orientale, che celebra quindi come le chiese ortodosse, ma che a un certo punto della sua storia si è riunita a Roma, riconoscendo il primato del Papa, mantenendo però un’ampia autonomia disciplinare e celebrativa. Nel mio primo viaggio avevo incontrato anche il Patriarca Gregorios III, che esercita il suo ministero su tutti i melchiti cattolici del Medio Oriente, compreso l’Egitto; in questo secondo viaggio invece abbiamo incontrato l’Arcivescovo di Homs, Mons. Batthika (da non dimenticare la S.Messa di rito orientale che abbiamo celebrato con lui). Abbiamo però incontrato anche i salesiani ad Aleppo (c’era un prete meratese) e abbiamo comunque parlato delle altre chiese.
Quali impressioni mi sono fatto? Quale esperienza di Chiesa ho incontrato?
Una Chiesa piccola (nel complesso circa il 10% della popolazione), ma dalle radici profonde. Qui avvenne la conversione di Paolo e la sua prima esperienza di fede nella comunità guidata da Anania (con una qualche emozione ho visitato la chiesa di Anania, la porta da cui Paolo è stato calato in una cesta e il probabile luogo della conversione); qui per la prima volta la Chiesa divenne universale, pluriculturale e plurilinguistica. Qui erano cristiani quando a Milano non si sapeva ancora che cosa fosse il cristianesimo …
E questa chiesa è stata irrorata dal sangue di grandi martiri (mi sono rimasti in mente in particolare i santi Sergio e Bacco e santa Tecla a Malula); qui e in Turchia si sono svolti i primi concili della Chiesa. Prima che musulmana, questa terra era cristiana.
Una Chiesa piccola, in situazione di minoranza che vive la difficoltà di testimoniare in un ambiente non favorevole. Anche se ci hanno sempre ricordato che la Chiesa in Siria gode di piena libertà, si avvertiva la difficoltà di essere minoranza in un mondo musulmano. Eppure è una Chiesa che sa di rendere con orgoglio la sua testimonianza (l’ho notato in particolare nella guida dell’autobus, che sottolineava: io sono cristiano, io ho cantato nel coro della chiesa) e sa di essere importante anche per il mondo musulmano. Ci diceva Mons. Battikha: “Il mondo musulmano ha bisogno di noi cristiani. Sentiamo il bisogno di difendere i musulmani: viviamo insieme da secoli. Insieme abbiamo plasmato la lingua araba: i grandi della storia della nostra letteratura erano cristiani”
Una chiesa piccola, divisa, ma in cerca di unità. Non saprei dire quante sono le denominazioni cristiane presenti in Siria, tra cattolici ed ortodossi (tra il 15 e il 20). Certo non è bello essere minoranza piccola e divisa; e non è secondo il cuore di Cristo. Eppure in questa situazione sono esempio di dialogo. I salesiani di Aleppo ci hanno detto che fanno oratorio e catechesi per tutti i cristiani, di ogni denominazione e Mons. Battikha ci ha detto che hanno stampato un unico catechismo per tutti i cristiani, oltre tutto con i soldi dello stato (così come lo stato dà gratuitamente il terreno per chiese e moschee e paga loro luce e riscaldamento: altro che problema di ICI!)
Credo che tutto questo interpelli anche noi.
Qual è l’attaccamento alle radici della nostra fede? Anche noi siamo un po’ in una situazione di minoranza in mezzo a gente che vive come se Dio non ci fosse: abbiamo la coscienza di avere un compito anche per loro, così come i cristiani di Siria tra i musulmani? Qual è la nostra disponibilità al dialogo, ad es. con le “badanti” ortodosse che sono tra noi?
Abbiamo capito anche che la nostra presenza in Siria era di conforto e di sostegno per questa Chiesa dispersa in un mondo difficile e questo ha dato un significato particolare al nostro pellegrinaggio.
Un’ultima constatazione, un po’ più amara. Anche una terra che è stata culla del cristianesimo può diventare una terra dove il cristianesimo è una piccola minoranza. Gesù garantisce che le porte degli inferi non prevarranno contro la Chiesa, ma non che in una singola regione la Chiesa non possa sparire. Questo può accadere anche da noi. Il rimedio? La gioia della propria fede che si trasmette agli altri.
La Chiesa di Siria e l’Islam
Sono stati soprattutto gli incontri con P. Paolo Dall’Oglio a Deir Mar Musa e con Mons. Battikha a farci comprendere alcuni aspetti della situazione. Mi è parso di cogliere una situazione di antica convivenza e di rispetto reciproco, con una grande paura che la deriva fondamentalista nel rapporto tra mondo musulmano e occidente possa coinvolgere e deteriorare anche la situazione siriana. Prima di partire per la Siria pensavo di dover quasi nascondere in Siria il mio essere cristiano; in realtà ho trovato un grande rispetto per i segni della presenza cristiana, compreso il suono delle campane.
Credo che riassuma bene questi rapporti ciò che ci ha confidato Mons. Battikha nel primo viaggio: “Sono secoli che viviamo insieme. Noi siamo arabi come i musulmani, abbiamo gli stessi vestiti e le stesse tradizioni. Quando sono arrivati i crociati noi eravamo con gli arabi e non con i franchi, anche se cristiani; e anche quando sono arrivati i francesi, noi eravamo con gli altri arabi e non con i francesi. Quando ci sono momenti importanti nella comunità cristiana noi invitiamo anche il muftì e lo stesso fanno i musulmani. Certo, ci sono ancora dei problemi da risolvere, come il divieto di conversione dall’islam al cristianesimo che qui però non è legge dello stato, ma è legato alle tradizioni; ma noi crediamo nella gradualità di questi cambiamenti. non vorremmo che qualcuno dall’occidente o da altri paesi musulmani venisse a metterci gli uni contro gli altri.”
Nel secondo viaggio è emerso un altro problema, oltre a quello delle conversioni, che lascia i nervi a fior di pelle e che ha provocato un’espressione colorita di Mons. Battikha: i matrimoni misti, in particolare tra una donna cristiana e un musulmano, nei quali non sono salvaguardati i diritti dei cristiani, almeno nella pratica. Problemi quindi ci sono, legati talvolta alla pratica più che alla teoria, ma con una volontà di confrontarsi. Il Patriarca ci parlava molto bene del Gran Mufti (che è il capo di tutti i musulmani di Siria).
Padre Paolo ci ha illustrato i tentativi di incontro a livello più profondo, di studio e di convivenza. Bisogna forse notare che i tentativi di dialogo sono soprattutto da parte cristiana, ma trovano comunque accoglienza.
Noi e l’Islam
Sul pullman abbiamo parlato molto di Islam con la nostra guida Hassan. E’ la prima volta che mi capita di confrontarmi con un musulmano istruito e convinto. Hassan infatti è insegnante di sharia nelle scuole coraniche. Una posizione contraria ad ogni estremismo ("quelle non sono posizioni religiose ma politiche, quello non è Islam" continuava a dire) ma ferma. E’ stato davvero interessante avere conoscenze di prima mano sull’Islam, non mediata dai mezzi di comunicazione. “Bisogna conoscere bene il Corano, non quello che si dice, e occorre interpretarlo in modo giusto”. Mi veniva la tentazione di sostituire la parola Corano con Bibbia. Quanti cristiani conoscono la Bibbia?
Anche Hassan alla fine implicitamente ammetteva che il vero problema sarà l’impatto dell’Islam con il mondo moderno. Dice al riguardo il Card. Martini: “Prevalgono in questo momento le tendenze fondamentaliste. E’ difficile prevedere che cosa potrà avvenire in un futuro più remoto. Dobbiamo adoperarci perché i musulmani riescano a chiarire e a cogliere il significato e il valore della distinzione tra religione e società, fede e civiltà, Islam politico e fede musulmana, mostrando che si possono vivere le esigenze di una religiosità personale e comunitaria in una società democratica e laica dove il pluralismo religioso viene rispettato e dove si stabilisce un clima di mutuo rispetto, di accoglienza e di dialogo.” (C. M. Martini: Noi e l’Islam). Mi pare che su questa linea l’Islam siriano qualche passo lo stia facendolo.
Conclusione
Devo ammettere che, a differenza di altre volte, questo incontro con l’Islam mi ha provocato, mi ha fatto conoscere cose nuove, mi ha obbligato a riflettere al di là degli schemi.
Soprattutto, però, mi ha fatto riscoprire la mia gioia di essere cristiano. Non ci perdo niente credendo in Gesù Cristo Figlio di Dio (e non solo grande profeta come dice il Corano), anzi ne acquisto una visione più serena, più bella e più completa della vita e del mondo. Senza banalizzare ciò che dice il Corano, il Vangelo è più entusiasmante, perché mi parla di Dio che è amore e per amore entra nella nostra storia e cammina accanto a ciascuno di noi.
Don Gaudenzio
IL GRINZONE n.22 (2008)