UN PASSO VERSO LA PACE
Sono andato per la prima volta in Giordania nel 2009 per documentare, attraverso un video, il progetto AETP: Aqaba-Eilat one more step toward peace (trad. Aqaba Eilat un altro passo verso la pace).
I beneficiari del progetto erano stati 355 studenti delle scuole superiori Rosary Sisters School di Aqaba (Giordania) e Rabin High School di Eilat (Israele).
Giunto ad Amman, la capitale giordana, ad attendermi c’erano le gigantografie del re Abd Allāh, figlio del famoso re Husayn di Giordania. Si trovavano ovunque. Il re che ti accoglie sorridente all’areoporto, il re che ti guarda serio in divisa militare vicino ai posti di blocco e controllo, il re con la famiglia reale, il re che fa sport e così via.
La Giordania è una monarchia costituzionale: qui si vota per il parlamento, ma è comunque il re che nomina a suo piacimento i ministri con cui farà il governo. Quella giordana, quindi, si può considerare una sorta di dittatura ma, tutto sommato, una dittatura illuminata, in quanto essa è tendenzialmente aperta e progressista, rispetto a paesi arabi dove il fondamentalismo risulta essere molto presente. Inoltre l’affascinante regina Rānia, che non porta il velo tipico della cultura mussulmana, è molto aperta ed attenta al mondo: potremmo tranquillamente dire che sia in tutto e per tutto un’acculturata e dinamica donna occidentale.
Tuttavia il processo di democratizzazione del paese ha ancora molta strada da percorrere; la maggior parte della popolazione giordana vive secondo le antiche e radicate tradizioni arabe-mussulmane, anche se si guarda bene dal sollevare critiche nei confronti del re e del suo governo.
In tutte le cittadine giordane a determinati orari si sente la voce dell’imam che si alza dalle moschee. Forse questa, più di ogni altra cosa, mi ha dato la sensazione di essere in un altro luogo, in un altro tempo. In particolare la sera o all’alba, quando dal silenzio si solleva e viaggia per la città il cantico della guida spirituale. Affascinante.
Il piano di produzione del documentario prevedeva riprese ad Amman, nel deserto del Wadi Rum, a Petra, sul Mar Rosso, sul Mar Morto e a Gerusalemme, la città santa. Tutti luoghi dove non ero mai stato e che hanno destato il mio interesse per la storia, la cultura e la magia che li circondava. Il viaggio mi ha portato attraverso l’intera Giordania ed Israele, da nord a sud e viceversa.
La mia curiosità si è rivolta in particolare verso le persone ed i rapporti tra i popoli che ho incontrato. Il lettore sa bene che questa parte del Medio Oriente è caratterizzata da una situazione di costante tensione che nasce e si sviluppa sin dalla fondazione dello Stato di Israele nel 1948.
Come dicevo in apertura di questo articolo i beneficiari del progetto sono stati studenti delle scuole superiori Rosary Sisters School di Aqaba e Rabin High School di Eilat.
Entrambe queste città sono situate lungo la costa del Mar Rosso e si trovano nel profondo Sud dei loro rispettivi paesi. Inoltre esse sono così vicine tra loro che potrebbero considerarsi una sola città divisa da un confine.
Il progetto AETP si proponeva di promuovere il dialogo e la conoscenza reciproca tra studenti giordani (in buona parte di origine palestinese) ed israeliani, attraverso opportunità di scambi culturali ed educativi. Giovani mussulmani, cattolici ed ebrei che varcavano il confine per conoscersi e condividere un esperienza rivolta ad un futuro di pace.
Occorre sapere che non è semplice per i giordani attraversare il confine per andare in Israele: servono visti e verifiche che possono richiedere anche diversi mesi. Ed in particolare, se si è di origine palestinese, è quasi impossibile poter ottenere questi documenti.
Questo può sembrare incredibile per noi europei, che siamo liberi di girare in tutta Europa, non è così per loro. Per fare un paragone immaginate Baiedo e Pasturo divise da un confine che nessuno può attraversare.
Tale situazione crea una serie di complesse conseguenze socio-economiche, difficili da immaginare se non si vivono di persona. Nonostante la vicinanza giordani ed israeliani non si conoscono, se non tramite le notizie apprese da TV e giornali.
Il progetto è stato accolto dagli studenti delle due scuole coinvolte con un misto tra gioia incontenibile piena di curiosità e paura del diverso, di chi non si è mai visto di persona.
E’ in questo clima e con questi presupposti che il progetto è nato ed ha preso vita.
Quando i ragazzi hanno attraversato per la prima volta il confine, curiosità, dubbio, desiderio, timore sono state le sensazioni che hanno attraversato le loro menti.
Vorrei spendere qualche parola sul confine tra i due paesi, ed in particolare su come avviene il passaggio della dogana. Ciò è utile per comprendere il clima e la tensione che si avverte in questa parte del mondo.
Quando si giunge alla frontiera Giordano-Israeliana la prima cosa che bisogna fare è abbandonare il proprio mezzo di trasporto: macchina, moto, bicicletta, pulman, taxi. Qualsiasi sia il mezzo con cui si è arrivati al confine va abbandonato e lasciato lì.
Il confine si attraversa solo a piedi. Non importa se si hanno borse o valigie. Esse vanno portate a mano.
Una frontiera molto larga, direi un chilometro circa, costellata di filo spinato, con soldati armati (da entrambe le parti), mitragliatrici fisse e cannoncini montati su camionette o jeep da guerra, controlli, perquisizioni, attese ed ancora controlli di documenti e visti.
Poi, dopo tutto questo, vi è un percorso quasi onirico, lungo un territorio desertico, terra di nessuno, 500 metri dove non vi è nulla, dove anche il vento e gli animali sono silenziosi. Una strada dritta da percorrere sempre a piedi, con le borse e valigie, un ampio spazio aperto dove in lontananza si vedono altri soldati su torrette che osservano il vostro passaggio da una parta all’altra di due mondi.
Quando si giunge dall’altra parte si ricomincia: controlli, verifiche documenti, visti, attese, perquisizioni, e così via fino a quando, dopo l’ultimo timbro, dopo l’ultimo controllo, dopo l’ultimo fucile M4, si ha l’opportunità di lasciare la dogana. Naturalmente, si dovrà prendere un nuovo mezzo di trasporto.
Per attraversare il confine a sud, dove passavamo noi, ci vogliono due ore. Per passare la frontiera a nord, che collega la capitale Amman a Gerusalemme, ci possono volere anche più di sei ore.
Gli studenti giordani ed israeliani, grazie a questo progetto, hanno attraversato periodicamente il confine per incontrarsi e svolgere attività didattiche e sociali insieme.
Superati i primi momenti caratterizzati da sguardi titubanti tra i giovani di due nazioni, di due realtà, di due mondi diversi, che s’incontravano per la prima volta, è bastato poco tempo assieme per comprendere che tanto diversi non erano.
Anzi, mentre svolgevano le loro attività assieme, per me era difficilissimo capire chi era giordano e chi israeliano, sembravano tutti uguali, erano tutti uguali: stessi sorrisi, stessi sguardi, stessa voglia di confrontarsi, divertirsi, stare assieme. La stessa che potrebbe esserci tra due giovani che hanno vissuto sempre assieme.
La gioia era incontenibile, coinvolgeva tutti, perfino gli insegnanti e tutte le altre persone presenti.
I ragazzi sono tutti uguali se lasciati liberi di crescere e stare assieme. Senza l’oppressione di una memoria storica legata più ai padri che non direttamente a loro, la pace e la coesistenza pacifica è possibile. E’ reale. Ed era lì. Davanti ai nostri occhi.
Nelle interviste che ho fatto ai ragazzi traspare tutto questo. Senza freno alcuno sottolineano la gioia di poter condividere la vita coi loro coetanei “dall’altra parte del filo spinato”.
Hanno le stesse aspirazioni. Gli stessi desideri di pace e vita insieme. E sono tutti stufi di tutto l'odio e il rancore che sentono in radio, per la strada, che leggono sui giornali e che vedono in TV.
Durante i tre anni del progetto AETP, gli incontri sono stati focalizzati su percorsi legati ad arte, musica, informatica, giornalismo, teatro e danza. Nell'ultima fase tutti i momenti di ritrovo sono stati orientati a creare uno spettacolo finale comune. Arabi ed israeliani assieme.
Tra le altre cose il progetto ha creato una squadra di calcio composta da giovani studenti giordani ed israeliani. Il nome del team è Aqaba-Eilat United (Aqaba-Eilat insieme).
Grazie al progetto, nel settembre 2009 la squadra Aqaba-Eilat United ha partecipato al 17° torneo internazionale di calcio giovanile "James Spensley" nella città di Genova.
Il torneo Spensley è un evento internazionale per promuovere la pace e la solidarietà tra i giovani di tutto il mondo, e quindi perfettamente coerente con i principi e le finalità del progetto AETP. Anche in quell’occasione sono stato presente per documentare l’evento. I ragazzi giordani-isrealiani hanno collaborato e si sono divertiti molto. In campo sono stati una vera squadra. E chiunque avrebbe fatto fatica a capire chi era di una nazione e chi di un'altra.
Il torneo si è concluso nel migliore dei modi con una gran festa finale ed un richiamo alla solidarietà ed alla pace nel mondo.
Nel gennaio del 2010, ancora una volta, l'Italia è stata riferimento per il progetto.
Come evento finale, AETP ha infatti sponsorizzato una visita a Roma per gli studenti ed insegnanti di entrambe le scuole di Aqaba ed Eilat. Hanno partecipato circa ottanta persone, ugualmente divise tra giordani ed israeliani.
Questa visita è stata un'occasione importante per i beneficiari del progetto in quanto ha dato loro l’opportunità di condividere contemporaneamente un'esperienza di vita e didattica e consolidare la loro reciproca amicizia.
I ragazzi ed il loro insegnanti sono stati entusiasti d’incontrare il Santissimo Padre. E’ stato emozionante vedere come a tutti brillassero gli occhi di gioia incontenibile, indipendentemente dalla loro fede religiosa.
Il gruppo AETP ha anche incontrato e condiviso le proprie esperienze direttamente con il liceo scientifico Morgagni di Roma, coinvolto in progetti interculturali simili. Anche questa volta i giovani arabi ed israeliani hanno legato subito con i loro coetanei italiani.
Alcuni di loro non volevano separarsi. Fogliettini con nomi ed indirizzi continuavano a passare di mano in mano, per non perdersi di vista, per non lasciarsi, per godere fino in fondo di questa nuova occasione di conoscenza e scambio reciproco tra persone che, tutto sommato, si sentono più abitanti del pianeta terra, che non cittadini di una qualche nazione.
Alla fine della settimana, gli studenti del progetto hanno rappresentato lo spettacolo teatrale finale in un teatro di Roma. Così si è concluso il progetto, davanti ad un pubblico che si è fatto coinvolgere dalla recitazione e che non ha risparmiato applausi e complimenti.
Durante la recita e nei balli finali sul palco ho riconosciuto una perfetta raffigurazione del progetto AETP: studenti giordani ed israeliani insieme per costruire la pace.
Oderisi Arrigoni
IL GRINZONE n.34 (2011)