PLATTI GIANNI, CUOCO DA SESSANT’ANNI
Mi verrebbe voglia di iniziare l’intervista chiedendo la ricetta delle “famose” castagne, ma so che farei un buco nell’acqua…
Platti Gianni: a Pasturo lo si identifica con l’Albergo GRIGNA, di cui è titolare e dove ci si immagina abbia sempre lavorato, rilevando l’attività dei genitori, in particolare della mamma, la signora Bambina. In realtà Gianni ha sempre lavorato in cucina ma non sempre a Pasturo.
Qui è nato nel 1938, ultimogenito di Calimero (Pin) e di Bambina Spreafico, la cui famiglia era originaria della Brianza. Il cognome è Platti ma tutti li chiamano “Bianchi”… “Hanno iniziato con mio nonno e poi con mio papà, dal momento che avevano una carnagione scura e dei capelli nerissimi…”. Prima di Gianni erano nati un fratello nel 1927 (morto a pochi mesi di vita), Teresa nel 1929 (che ha sempre lavorato con loro) e Gianna, nel 1931, impiegata prima in Comune a Pasturo e poi in Comune a Lecco.
In paese Gianni ha frequentato l’asilo: “Al momento del pranzo eravamo tutti schierati davanti ai banchi, che avevano il buco per mettere la scodella con la minestra; mentre noi la mangiavamo c’era una suora che faceva sempre degli assaggi di quello che le nostre mamme ci mettevano nel cestino”. Sempre a Pasturo ha frequentato le elementari… “La quarta però era a Baiedo e come maestra c’era la signora Maroni, che arrivava da Cortabbio in bicicletta. Noi ragazzi andavamo fino al Ponte di Chiuso per accompagnarla e qualche volta riuscivamo anche a scroccare qualche passaggio in bici. Eravamo un gruppo molto vivace…”. In quegli anni è stato chierichetto col parroco don Cima che “era solito offrirci delle caramelle ma quando allungavi il braccio per prenderle ti trovavi fra le mani un suo dito…”
I genitori l’hanno poi iscritto al Collegio Volta, assieme a Pino Colombo, per frequentare l’Avviamento ma a Gianni il collegio non è mai piaciuto: “Un paio di volte sono scappato ma mi riprendevano quasi subito e l’unico risultato erano un bel po’ di sberle; veniva di tanto in tanto a trovarci anche don Giovanni Ticozzi, che ricordo come una persona validissima; comunque dopo due anni non ho più voluto rimanere in collegio. Ho completato l’Avviamento andando privatamente a ripetizione a Ballabio, dalla professoressa Maria Tanzi, assieme ad altri ragazzi. Di Pasturo c’erano anche Carlo Civillini, Graziella Colombo, Elena Ticozzi e Fumagalli Luigia. Successivamente ho cominciato a lavorare prima alle trafilerie “Barone” di Lecco e poi come garzone dal panettiere a Pasturo”.
In quel periodo suo papà lascia al fratello Giuseppe il “Dopolavoro” (collegato col circolo Bonfanti di Lecco) che prima gestiva, con la moglie Bambina, a Cornisella ed iniziano a gestire la loro trattoria qui a Pasturo. Poi, negli anni sessanta, acquistano dall’arch. Ciapparelli un terreno adiacente alla trattoria (dando in cambio una proprietà ai Grassi Lunghi) e costruiscono l’Albergo. Perché “Grigna”? “In effetti c’era già stato a Pasturo, prima della guerra, un Albergo Grigna, che aveva chiuso l’attività quando l’immobile era stato venduto ai Bregaglio di Lecco. In accordo col Comune la mia famiglia ha riutilizzato lo stesso nome di Albergo Grigna”.
A 15 anni Gianni ha avuto l’opportunità di andare a Milano all’Hotel dei Cavalieri, in Piazza Missori; uno svizzero, che veniva di tanto in tanto in Valsassina e si fermava a mangiare al “Grigna”, conosceva i proprietari dell’hotel milanese e, sapendo che cercavano personale, l’ha proposto ai genitori di Gianni: “A Milano mi sono fermato quasi 10 anni; ho iniziato pelando patate, facendo le pulizie e un po’ tutti i lavori della cucina, ma ho avuto anche modo di imparare tanto dagli altri (eravamo in quindici) che vi lavoravano. Ho cercato come si dice di “rubare” il mestiere. Ricordo le tre regole del nostro capo: puntualità, pulizia, educazione. Per me comunque sono stati dieci anni bellissimi, anche perché Milano offriva altre opportunità: ho conseguito la patente di guida, ho imparato a ballare e di tanto in tanto andavo al cinema perché una cognata del nostro titolare era proprietaria di ben tre sale cinematografiche”.
Prima di tornare a Pasturo Gianni, forte anche di quanto appreso all’Hotel dei Cavalieri, ha lavorato in diversi alberghi ed hotel di Lecco: al Larius per un paio d’anni e, dopo un periodo significativo a Mariano Comense, ha lavorato per sei anni al ristorante Alberi. Successivamente è passato al Griso (“Il gestore, Sanni, era veramente un grande maitre d’hotel”) e all’Orestino (“Era un grande cuoco da cui si imparava molto”) per sostituire un dipendente che stava facendo il militare.
Nei turni liberi e quando aveva le ferie Gianni saliva a Pasturo e nel ristorante di famiglia aiutava in cucina la mamma Bambina e la sorella Teresa. Era riuscito, con l’aiuto di un maresciallo e su consiglio del dr Magni, ad evitare il militare: “Per una forma di paradontite mi hanno tolto quasi tutti i denti, così all’ospedale militare mi hanno concesso l’esonero. Ho messo una protesi dentale provvisoria che mi è durata oltre quarant’anni e solo quando sono andato in pensione ho messo la dentiera”. Sempre nel periodo “lecchese” Gianni, che aveva conosciuto e cominciato a frequentare Luigia, la figlia del panettiere, si è sposato, nel 1960, ed ha avuto due figli, Ivana nel ’61 e Mauro nel ’66. Negli stessi anni, mentre in accordo coi genitori decide di ampliare il ristorante con un nuovo salone, si trasferisce definitivamente a Pasturo, anche se durante il periodo invernale per alcune stagioni lavora ai Piani di Bobbio, al Ristorante all’arrivo della funivia.
Tutto questo sta a significare come Gianni, senza frequentare alcuna scuola specifica per cuochi, abbia fatto una lunga “gavetta” incontrando diversi chef ed imparando ‘sul campo’. Ha ottenuto anche alcuni riconoscimenti significativi e premi come, ad esempio, il diploma di “Cuoco Maestro”, alla fine degli anni sessanta, al concorso di cucina a Bologna: aveva portato tutta l’attrezzatura di cucina con un camion della Ditta Mauri di cui utilizzava poi i prodotti per i suoi piatti. E’ stato pure premiato con la “Padella d’oro” al Club del Buongustaio di Como; il riconoscimento è ancora appeso nel salone del ristorante.
Dagli anni settanta fino al 2000 sia l’Albergo che il ristorante funzionano a pieno regime: “A Pasqua avevamo già tutto prenotato per la successiva stagione estiva e i clienti si fermavano per lunghi periodi. C’erano molti avventori anche al ristorante e si svolgevano diversi pranzi di nozze o per gruppi di vario tipo, dagli Alpini alla Banda ecc. Purtroppo la situazione in questi ultimi anni è molto più difficile. D’estate soggiornano soprattutto anziani che si fermano al massimo un paio di settimane… Oppure abbiamo ospiti in occasione di alcuni eventi come il raduno delle moto Guzzi di Mandello o il Nameless nella piana di Pasturo. Posso dire che la clientela più affezionata arriva dalla Brianza o comunque dalla zona attorno a Milano, mentre è calata quella locale. Ciononostante io sono sempre orgoglioso del mio paese anche se non ne condivido tutte le scelte. Penso che si debbano sfruttare meglio le risorse che abbiamo come territorio”.
Parlare di futuro non è semplice: “Penso che mio figlio Mauro possa continuare, magari aiutato dalla sorella per il Bar, ma la situazione è sempre più difficile, anche per le tasse, per la concorrenza come pure per un cambiamento significativo nei gusti della clientela. Sembrano funzionare di più alcune proposte “estemporanee”, legate ad una festa o a un particolare avvenimento. A volte ti chiedono semplicemente un po’ di affettato e… un piatto di castagne. E magari chiedono di poter portare a casa il vitello tonnato…”
Ma quali sono i piatti tipici preparati al ristorante “Grigna”?
“Accanto ai piatti per così dire tradizionali e nostrani, la vera specialità sono i piatti di selvaggina”. Forse questo riguarda anche la passione che Gianni ha per la caccia: “Ho iniziato appena ho compiuto i 18 anni e sto continuando ancora…”.
E poi ci sono le “famose” castagne, che molti clienti apprezzano (Paolo Rumiz ha scritto “Come faccio a dimenticare il vostro stufato in salsa di castagne...”) ma di cui Gianni tiene gelosamente segreta la ricetta: “La cosa più importante è trovare il prodotto iniziale veramente buono… Solitamente acquisto le castagne in Valvarrone ma ultimamente ci sono problemi anche per colpa dei cinghiali. Le sto acquistando anche in altre zone ma non sono sempre altrettanto buone, perché non devono rompersi… La ricetta l’ho sperimentata un giorno e mi sono reso conto che, soprattutto con la carne di maiale o di tacchino, costituiscono l’abbinamento ideale… e tanti clienti me lo riconoscono”.
Guido
IL GRINZONE n.63