TICOZZI GIGI, PANETTIERE "STORICO" DI PASTURO
C’è sempre una certa comprensibile ritrosia a raccontare la propria “storia”… ed anche Gigi me la comunica. D’altra parte è importante che chi ha vissuto alcune vicende del paese possa darne “testimonianza” e offrirne conoscenza anche alle nuove generazioni. Per questo Ticozzi Ambrogio (Gigi), il panettiere “storico” del paese, accetta di raccontarsi. Il primo appuntamento è al “Crotto Castagneti”, mentre successivamente ci incontriamo a casa sua.
Ambrogio è nato nel 1934, secondo di cinque figli: Ignazio (1929) deceduto pochi mesi fa, Ambrogio, Oliviero (1936), Elena (1939) ed Angelo (1945).
La sua era, come molte a quel tempo, una famiglia di contadini; possedevano una ventina di mucche ed avevano la casa con annessa la stalla qui a Pasturo in Via Roma ma anche a Porcile, a Gorio e a Catei: “Si passava da una località all’altra in funzione delle stagioni, dell’erba e del fieno da lavorare”.
Il padre, Costantino, aveva due fratelli, Felice e Simone, e quattro sorelle di cui tre “accasate” lontano da Pasturo e una, Francesca (Cechìna), che per molti anni è stata la postina di Pasturo.La mamma, Piera Merlo, aveva un fratello, lo storico gestore del Bar in Piazza del Comune (Pédro Marcotél), e due sorelle: Barbara, moglie di Alfredo Aliprandi (Cabrét) e Stefanina, sposata con Invernizzi Giorgio (Vèdova).
Gigi frequenta l’asilo e le scuole elementari a Pasturo con la maestra Lisetta Ticozzi (Firlo), il maestro Muttoni e in quinta la maestra Bambina. Pur non essendo particolarmente amante della scuola, è comunque sempre promosso con bei voti e, al termine delle elementari, aiuta la famiglia nell’accudimento della stalla e dei prati. Un ricordo particolare di quando era piccolo: “La molta gente al funerale di Antonia Pozzi che ho visto nascosto dietro ad un portone, quando avevo quattro anni”.
In quegli anni lo zio Felice, che prima faceva il panettiere, aveva affittato il forno e il negozio al signor Carlo Fumagalli (papà di Luigia dell’Albergo Grigna). Fu un signore di Ballabio, che vendeva farina e altre merci e spesso passava anche da Pasturo, a suggerire al papà di Gigi di fargli fare il panettiere. “A me la cosa non dispiaceva e così a 13 anni cominciai a lavorare come garzone dal Fumagalli, i primi anni solo per la stagione estiva ma presto assunto per tutto l’anno. Ricordo che ricevevo 5.000 lire al mese che diventavano 10.000 nei mesi estivi perché si lavorava molto di più”. Allora c’era il forno a legna che richiedeva molto impegno: “Bisognava inserire nel forno un paio di fascine e altra legna e bruciarla per avere la brace.
Quando il forno era ben caldo, si toglieva la brace che si riponeva in un contenitore, si puliva il forno e si riusciva a fare due infornate di pane. Poi si ripeteva l’operazione inserendo la brace che era stata conservata, altra legna fino a quando il forno era di nuovo pronto, lo si ripuliva e si facevano altre due infornate; e così via per diverse volte in base alla quantità di pane che occorreva. Quando tutto era finito e la brace tolta si era raffreddata, la si inseriva nei sacchetti e si vendeva come carbone. E qualche volta anch’io alla sera sembravo più il garzone di un ‘carbonaio’ che di un panettiere”.
Questo lavoro lo impegnava molto ma a Gigi interessava anche imparare a fare il panettiere: “Il Fumagalli era un po’ geloso del suo mestiere, soprattutto quando faceva le torte… Una sera sapevo che avrebbe dovuto preparare la torta per il Battesimo del Gaspare, perché avevo sentito sua mamma che la ordinava. Cercavo di tardare a finire il mio lavoro ma poi alla fine ho deciso di andare a casa, tornando subito dopo con la scusa di aver dimenticato qualcosa… Ma ormai la porta era chiusa a chiave e non ho potuto vedere come si faceva la torta”.
Nonostante tutto però Gigi impara sia a fare il pane che i dolci così che, quando il Fumagalli decide di smettere nel 1956, Gigi è pronto a subentrare. “Il Fumagalli ha chiuso il negozio la domenica e il lunedì mattino la gente, positivamente meravigliata, acquistava già il pane che avevo fatto io, aiutato da mia sorella Elena”.
Il negozio a quei tempi apriva alle 6.00 e il pane doveva essere pronto per cui, oltre a preparare la pasta col lievito la sera prima, occorreva iniziare a lavorare a notte fonda. Da subito Gigi si fa apprezzare non solo per il pane ma anche per i dolci, per le torte e per i caviadini. All’inizio erano le donne di Pasturo che preparavano le loro torte e le portavano al suo forno per cuocerle (“Erano tempi duri e qualche volta, lo confesso, con una cucchiaiata presa da ciascuna delle torte, riuscivo a farne una anche per me…”) così come, quando si uccideva il maiale, portavano lo strutto e come contropartita prendevano i caviadini; poi Gigi inizia a farli in proprio per venderli. Diventa uno “specialista” con una sua ricetta di cui è particolarmente geloso. Lo scorso anno è intervenuto anche in una trasmissione della TV locale proprio per i famosi caviadini: “Sono andato a farli nel mio negozio (dove attualmente c’è un pizzaiolo egiziano) per poterli cuocere nel forno ma, non essendo più abituato a quel tipo di forno, ho rischiato di farli bruciare”. Incrementa anche la produzione di torte: “Se mi capitava di andare a Lecco, guardavo le vetrine delle pasticcerie e cercavo di fare poi anch’io torte un po’ più elaborate come quelle che avevo visto”.
Nel frattempo Gigi si era fidanzato con Invernizzi Giacomina (“Non c’erano molti soldi allora e per poterci sposare e preparare quanto necessario, fra l’altro eravamo andati a Barzio con la lana nel gerlo per fare la trapunta …”) e nel maggio del 1958 si sposa. Alla moglie, pure proveniente da una famiglia contadina, piaceva l’attività del marito come panettiere per cui l’affianca anche nel lavoro e gradualmente si sostituisce ad Elena che si sposa a Cortenova con Giacomo Bianchi (dell’Albergo Ristorante Gnocchi).
L’attività si amplia e Gigi nel 1961 cambia il Forno alimentandolo col gasolio fin verso fine anni ottanta quando passa all’elettrico: “Allora capitava che durante i temporali si interrompesse la corrente ed io andavo sul terrazzo dell’oratorio per vedere se la luce era andata via anche a Barzio o a Introbio oppure era stata ripristinata, sperando che lo fosse anche a Pasturo”. Fare quegli investimenti non è facile e deve ricorrere anche a prestiti che gradualmente riesce a saldare grazie all’impegno e al lavoro che non manca. Soprattutto d’estate, alla domenica, deve produrre fino a 100 kg di pane; deve anche portarlo ad alcuni clienti come la Colonia Pio XII, allora molto frequentata, così Gigi col suo gerlo fa anche il fattorino…
Assume poi qualche garzone e qualche commessa per il negozio e si dedica sempre più alla pasticceria: torte (dalla classica pastafrolla alla paesana: “Ricordo che per ferragosto mi è capitato di produrne e venderne oltre un centinaio”), veneziane e i famosi “gramolini” che penso tutti a Pasturo hanno avuto modo di apprezzare: “Prendevo la pasta del pane e aggiungevo burro, zucchero e uova e poi davo la classica forma”.
Al pane e ai dolci si è gradualmente aggiunta, a partire dagli anni ottanta, la produzione di focacce e di pizze, sempre più richieste dai clienti ed anche il pane si è diversificato: “Prima c’era solo il pane comune, fatto con farina ‘0’, e quello di semola con farina ‘00’, poi ho cominciato a fare anche i francesoni lunghi, le biove e vari altri tipi e formati”.
Non aveva molto tempo libero Gigi: “Qualche lunedì pomeriggio o più tardi anche il mercoledì riuscivo ad andare a Bobbio a fare qualche sciata”.
La famiglia si allarga e nascono Nicoletta (nel 1961), che ora fa l’infermiera all’Ospedale di Lecco dove vive, è sposata ed ha una figlia, Anna; nel 1965 nasce Livio che vive a Lecco, fa l’autista di camion, è sposato ed ha due figli, Mattia e Luca. Nei periodi estivi, quando il lavoro impegnava molto, Nicoletta e Livio trascorrevano le vacanze presso le sorelle Riva* assieme ad altri bambini e ragazzi sia di Pasturo che di altri paesi.
L’attività del panificio e del negozio prosegue fino al 1995 quando Gigi decide di chiudere ed affittare il negozio “Non è stata una scelta facile; cominciavano a farsi sentire alcuni acciacchi dovuti all’età ed era nato il primo nipotino…” E la moglie aggiunge: “Ho fatto fatica a convincerlo, se fosse per lui sarebbe ancora lì a lavorare, ma abbiamo fatto la scelta giusta”.
Nello stesso anno acquistano dalla famiglia Spandri di Lecco una casa in Via Castagneti: “La tenevamo d’occhio da tempo perché è in una posizione splendida; quando abbiamo visto esposto il cartello VENDESI, l’abbiamo presa subito”. La moglie Giacomina ne è entusiasta: “Abituata a stare nei campi liberi, dopo molti anni in appartamento all’interno del paese, desideravo poter vivere in una casa con una vista ampia su tutta la valle. Sono stata proprio contenta della scelta”.
In quegli anni don Leone, a seguito anche di alcuni disaccordi col sagrestano Tognèto, chiede a Gigi se può dargli un aiuto in chiesa per le varie funzioni ed è così che inizia a collaborare: “Se qualcuno ha bisogno e io posso, mi spiace non aiutare”. La collaborazione continua tuttora nella preparazione dell’altare, nell’accensione delle candele e nel seguire le cerimonie liturgiche. Spesso inoltre Gigi predispone anche delle belle confezioni di fiori come addobbo.
Ma Gigi consiglierebbe oggi ad un ragazzo di fare il panettiere e il pasticciere? Mi guarda perplesso e dice: ”Deve avere molta voglia di impegnarsi, perché non è facile alzarsi sempre prima dell’alba, voglia di lavorare e spirito di iniziativa: con questi ingredienti può fare bene”.
Guido
* Vedi IL GRINZONE n.58, Marzo 2017
IL GRINZONE n.66