FRANCO VIZZARDI, appassionato di formaggi e… del silenzio della montagna
In una splendida giornata di luglio inizia una piacevole conversazione con Franco.
Un infortunio, avvenuto in casa di amici, lo costringe ad una parziale immobilità: col piede ingessato e le stampelle Franco non può spostarsi - se non per necessità - dalla sua casa, una baita da lui ristrutturata in modo egregio in località “Remülèn”, a circa 1.200m sui monti di Pasturo, poco sotto il Pialeral.
Era il 2001 quando ha acquistato da Gianni Ticozzi la baita: “Volevo venire a viverci da solo; una scelta suggerita dal cuore e anche dai “ricordi”. La baita allora fungeva da punto di appoggio e da capanno di caccia per il mio amico Gustavo Plebani, che ricordo con nostalgia e con simpatia; anche lui era un ‘oriundo’ ma si era radicato a Pasturo come me”.
Infatti Franco Vizzardi, classe 1939, è nato a Rovato (BS): “Il nonno materno, Emilio Mauri (capostipite dell’omonima industria dei formaggi), si faceva spesso accompagnare dalla figlia Luigia (Gina) al mercato di Rovato, uno dei più importanti per il bestiame ma anche per i latticini”. Fu così che Gina incontrò Giovanni Vizzardi, che proprio lì aveva un’attività di commercio all’ingrosso di grana padano e parmigiano reggiano. Nel 1938 decisero di sposarsi a Pasturo e il matrimonio fu celebrato dal parroco don Riccardo Cima. La famiglia Vizzardi continuò però a vivere a Rovato, dove nacque Franco e nel 1941 il fratello Fulvio. A causa della guerra, e dei bombardamenti più frequenti nella “bassa”, la mamma tornò presso la propria famiglia a Pasturo dove nacque il terzogenito Mario nel 1944.
Franco trascorse la prima infanzia a Pasturo, presso il caseificio Mauri, alla “Fòla”, respirando l’aria valsassinese: “Per questo mi sento molto legato alla valle e alla Grigna…”.
Fu iscritto all’asilo di Pasturo dove lo accompagnava in macchina Giovanni Carozzi (che era un po’ il ‘factotum’ della famiglia Mauri) ma lo frequentò pochissimo: “Non mi piaceva proprio; strillavo e mi rotolavo per terra finché mi riaccompagnavano a casa… Successivamente mi hanno costretto a frequentare privatamente la prima elementare dalla maestra Bambina Ticozzi”.
Finita la guerra i Vizzardi sono tornati a Rovato, dove sono nati, nel 1950, i fratelli gemelli Emilio e Maria Pia. Tuttavia ogni occasione (feste, vacanze ecc.) era buona per tornare a Pasturo dove Franco aveva i compagni di gioco in particolare, perché più vicini di casa, Carlo e Angela Civilini, oltre ai cugini Millo e Bruno (purtroppo deceduto ancora giovane nel 1951 per un incidente1): “La casa della Fòla con le casere, i locali dove si lavorava il latte, le grotte e i boschi circostanti sono stati i nostri nascondigli ed il nostro parco giochi”. Più tardi, durante l’adolescenza, i rapporti “pasturesi” si ampliarono a molti altri suoi coetanei.
Dopo aver frequentato Ragioneria al collegio “Maria Hilf” a Schwyz nella Svizzera Tedesca, seguito da un breve corso alla Scuola Casearia di Lodi, nel settembre del ’58, a 19 anni, Franco inizia a lavorare nella Ditta Mauri: “Ho cominciato dalla gavetta… incartavo i taleggi, aiutavo a caricare e scaricare i camion e a spostare i cassoni con la pasta per i caprini…; finito il lavoro manuale, alla sera, andavo in ufficio per aiutare a scrivere bollette e fatture. C’era molto entusiasmo allora ed eravamo tutti contenti di far parte dell’azienda Mauri. A volte facevamo anche la gara a chi era più veloce ad incartar robiole ma non c’era storia con la Cristina (Bergamini che ha sposato il Ganassa Eugenio) e l’Antonietta (del Domenico). Ricordo che il mio primo stipendio è stato di 58.000 lire, come quello di un buon operaio. Sono contento di aver mantenuto un rapporto di amicizia con i molti collaboratori che ho avuto in oltre cinquant’anni di lavoro… Ho molti ricordi ed aneddoti riferiti a quel periodo, ma ne vorrei raccontare uno. Negli anni sessanta e settanta la Mauri raccoglieva buona parte del latte prodotto in Valsassina e una volta all’anno, poco prima di Natale, i ‘bergamini’ venivano chiamati in sede per accordarsi sul prezzo del latte. In attesa che arrivassero tutti, siccome faceva freddo, alcuni si rifugiavano al caldo, nel ‘casone’, dove il casaro Dino Maroni cagliava e faceva i taleggi a latte crudo. Uno di Crandola, che chiamavano ‘Topo’ per la particolare configurazione del viso, visto sul tavolo un fiasco quasi pieno di un liquido dal colore ambrato, chiese di poterne bere un sorso. ‘Certamente’, rispose il casaro, ‘a me ne danno un fiasco al giorno…’ Così il ‘Topo’ ne sorseggiò ‘a canna’ una buona dose dicendo subito dopo: ‘N’ò bevù de vin gramm, ma come questo mai’. ‘Per forza - disse il casaro - l’è quàcc’ (caglio), e vi lascio immaginare le risate e… le conseguenze per il povero ‘Topo’.”
Anche Franco si cimentò come ‘casaro’ ma con scarso successo: era arrivata da una grossa Ditta francese, con sede in Normandia, che voleva estendere le vendite dei propri prodotti in Italia, la proposta di lavorare il taleggio presso i loro stabilimenti acquistando il latte quasi a metà prezzo rispetto a quello raccolto in valle. Occorreva però vedere se funzionava: “La ‘spedizione’ in Normandia era composta dal Millo, dal direttore del deposito di Milano, signor Consensi, da un nostro grosso cliente di Abbiategrasso e dal sottoscritto. Ricordo che prima di entrare in scena il signor Consensi mi raccomandò: ‘Franco, fam fà béla figura!’. In realtà fu un fallimento… Ma forse è stato meglio così altrimenti avremmo importato, come purtroppo hanno fatto altre aziende, anche Valsassinesi, i taleggi dalla Francia o dalla Baviera, taleggi che per tanti anni hanno invaso l’Italia. Non c’erano ancora i Consorzi e le DOP che obbligano le aziende ad utilizzare solo il latte locale per i prodotti tipici. E’ stato Millo Merlo, lungimirante, a battersi proprio per il Consorzio del taleggio, prodotto solo nelle province lombarde. In compenso, in Normandia, ho imparato a mangiare le famose ostriche e a bere il Calvados, un distillato di mele, che loro chiamano il ‘buco normanno’ perché, bevuto, creerebbe nello stomaco lo spazio necessario per gustare un altro piatto…”.
Dalla Francia… si ritorna a Pasturo e alla ‘passione’ per l’attività casearia: “Questa vera e propria passione mi è stata inculcata da una persona secondo me straordinaria, il prof. Giovanni Spinelli, insegnante alla Scuola casearia di Pandino, che una volta alla settimana veniva in Ditta qui a Pasturo per seguire e migliorare la lavorazione del latte. Le mucche allora venivano alimentate prevalentemente, se non esclusivamente, con foraggio locale e il latte era eccezionale e di conseguenza anche il prodotto finale. Ricordo una frase del prof. Spinelli: ‘Per me mettere le mani in questo latte è come mettere le dita su uno Stradivari’. Spinelli era infatti anche appassionato violinista e raccontava sempre che una volta aveva avuto la fortuna di suonare proprio uno Stradivari, appartenuto ad una contessa. In effetti quella frase mi fece ben capire quanto fosse importante, per avere un prodotto speciale, la materia prima cioè il latte. Latte che però andava poi seguito con cura in tutte le fasi dalla raccolta alla lavorazione. In quegli anni seguivo Ticozzi Carlo (Picét) che si occupava appunto della raccolta, e poi gli altri addetti nei diversi reparti”.
Nel frattempo Franco, dopo il servizio militare alla Scuola di Fanteria a Cesano di Roma negli anni ‘60 e ’61, nel 1963 si sposa con Flavia Aliprandi di Seregno e nascono i suoi due figli: Laura nel 1965 e Giovanni nel 1968. Entrambi vivono a Milano (anche se Laura trascorre lunghi periodi in Kenia). Dei quattro nipoti solo Jacopo, figlio di Laura, sembra interessato alla montagna anche se ora vive a Barcellona e può frequentarla solo raramente.
Presso il caseificio Mauri, Franco si è occupato prevalentemente delle vendite: “Avevo un buon successo, grazie soprattutto alla collaborazione di chi sceglieva i vari formaggi sulla base delle segnalazioni e dei gusti dei clienti. Ricordo in particolare Tognèto (Ticozzi Antonio), che aveva ‘imparato il mestiere’ dal mio zio Peppino ed era diventato davvero un grande conoscitore del taleggio”.
Nei primi anni 2000 la “MAURI” ha dato corso a significativi lavori di ammodernamento dello stabilimento di Pasturo2: “Il 26 giugno del 2004 abbiamo celebrato con una grande festa la fine dei lavori: una giornata particolare, aperta a dipendenti, autorità, clienti e giornalisti; una giornata molto bella in cui tutti hanno avuto modo di visitare lo stabilimento ed anche di gustare un menù particolare a base di formaggi. In quell’occasione ho avuto modo di accompagnare gli ospiti lungo il percorso appositamente creato per osservare i processi di produzione e di stagionatura dei diversi tipi di formaggio, con il suggestivo passaggio nelle famose grotte naturali sotto la montagna, dove Il clima particolarmente fresco e umido completa ineguagliabilmente la maturazione dei formaggi. E questa attività l’ho proseguita in diverse occasioni perché sovente gruppi di cittadini o di studenti o di associazioni vengono a visitarci”.
Non posso concludere questo incontro con Franco Vizzardi senza chiedergli, visto che Corin, un bellissimo bracco tedesco, continua a scodinzolare vicino al padrone, di una sua passione, la caccia: “In effetti sono veramente appassionato della caccia fin da giovane. Ho avuto la fortuna di andare soprattutto nelle varie riserve e un po’ in tutti i paesi sia europei che in altre zone. In Austria ho potuto prendere un cervo il cui trofeo a 15 punte è appeso qui nella baita sopra il camino. Ma sono stato anche in Siberia a cacciare il gallo cedrone, in Argentina, in Sudafrica e in Namibia…”.
Ci sono altre cose che Franco vorrebbe raccontare, riallacciandosi alla sua scelta di vivere qui in questa casa di montagna da solo: “Quando ho scelto di trasferirmi qui mi ero da poco separato. Devo dire che amo davvero questo posto, mi piace stare solo anche se spesso mi vengono a trovare, ben accolti, degli amici ed anche alcune amiche che si fermano per brevi periodi ed hanno modo di apprezzare questi luoghi meravigliosi. Qui vicino hanno la baita Mariella e Mario, due persone “squisite” che per me sono di grande aiuto e sulle quali so di poter contare per qualsiasi bisogno”.
Si conclude così questo piacevole incontro; qui, in questo angolo di paradiso (“Il mio nido”), tra una lettura di cui è appassionato e una passeggiata, Franco si avvia verso gli ottant’anni godendosi il silenzio che la montagna ogni giorno gli offre.
Guido
1 IL GRINZONE n. 34 – marzo 2011
2 IL GRINZONE n. 7 – giugno 2004
IL GRINZONE n.64