TICOZZI GIUSEPPE, "BARISTA" E MOLTO ALTRO...

 

Se ci si ferma per una sosta sulla Via Provinciale, appena arrivati a Pasturo, capita di trovarlo dietro il banco a preparare un caffè oppure un panino a seconda dell’orario… In effetti da diversi anni Ticozzi Giuseppe, assieme alla moglie Giuseppina, gestisce la storica “Osteria della Fermata”, aperta nel 1924: “La corriera allora si fermava qui sulla provinciale perché non c’era la strada di collegamento al paese”. Solo quando, col Podestà Pozzi, terminarono i lavori per la costruzione del Viale dell’Impero (l’attuale Viale Trieste e Via per Introbio), anche i pullman hanno iniziato ad entrare in paese, come ci racconta Andrea Orlandi: “Il giorno 27 giugno 1937, in domenica, partendo dalle ore 11 da Lecco, per la prima volta la corriera passò di qui mentre suonava mezzogiorno, salutata con entusiasmo dalle autorità, cittadini privati, banda musicale del paese1”.



L’Osteria era gestita allora da Ticozzi Calimero, nonno di Giuseppe, aiutato anche dalla zia Martina: “Faceva anche i gelati, anche se il suo lavoro principale era alle Poste di Pasturo dove fu impiegata per molti anni”. Giuseppe ricorda che, quand’era un bambino, nella loro casa sotto la cantina c’era la “giazzéra”, di circa 16 mq e con una profondità di circa 5 metri: “Il Pioverna d’inverno ghiacciava e da lì si prendevano blocchi di ghiaccio per alimentare la ghiacciaia stessa”.

La gestione passò poi dal nonno al padre Giovanni (1902 – 1980), aiutato dalla moglie Giuseppina: “Ma mia mamma è morta giovane, nel 1949 a 36 anni, e quindi in casa dovettero darsi da fare un po’ tutti e per l’osteria, oltre alla zia Martina, hanno collaborato molto le mie sorelle”.

Giuseppe, nato nel 1934, è il primogenito poi nacquero nel 1936 Maria Giovanna (Iucci, che ha sposato Prandi Bortolo); Adalberto nel 1938, morto nel 2015, ed infine nel 1947 Carmen (sposata con Artusi Mario). Fu dopo la nascita di Carmen che la mamma si ammalò: “I medici gli avevano dato pochi mesi di vita ma il parroco don Cima l’aveva mandata da un prete di Barni che la curò per circa due anni con una serie di decotti di vari tipi di erbe. Era mia zia Delfina che se ne occupava e anche i medici si erano meravigliati dell’effetto benefico di quelle cure”.

L’osteria ha sempre funzionato a conduzione familiare, in particolare con l’apporto di Iucci e Carmen, fino a quando, dopo il matrimonio, ne hanno assunto la gestione Giuseppe e la moglie Giuseppina. Nei fine settimana può capitare di incrociare anche il figlio Giovanni, laureatosi nel 2004 in Ingegneria delle telecomunicazioni, che attualmente lavora a Milano presso la Ditta Fitre, dove si occupa in particolare di sistemi di sicurezza per luoghi potenzialmente esplosivi (per esempio gasdotti, raffinerie, impianti chimici, miniere...): “Normalmente parte da casa verso le 6.30 e rientra la sera alle 20”.

Ma Giuseppe fa il barista da pensionato… la vita l’ha visto però protagonista in diverse altre vesti…

Nato nella stessa casa dove tuttora vive, ha frequentato l’asilo e le scuole elementari a Pasturo: “Sono sempre andato avanti e indietro da solo a piedi attraverso i prati e i sentieri – non c’era ovviamente lo scuolabus – e qualche volta mi fermavo da mia zia Martina a mangiare a mezzogiorno. Ho avuto come maestri il Muttoni di Cortabbio, l’Ercolina (Firlo) e infine la maestra Bambina che, per non lasciarmi andare subito a lavorare, in quinta mi ha bocciato così ho fatto un anno in più. Dopo sono andato per alcuni mesi anche a Introbio dalla moglie del dr. Magni per una specie di doposcuola”.

A 12 anni Giuseppe inizia a lavorare col papà che faceva vari mestieri… Come già il nonno, cavava sabbia e ghiaia attorno al Pioverna: “Sulle rive allora c’erano molte piante che venivano tagliate, per poi scavare e prendere la ghiaia che nel tempo si era depositata fino a raggiungere uno spessore significativo, anche più di un metro. Poi, quando non si trovava più sabbia, si metteva un po’ di terra e diventava prato… e sono i prati che si vedono ancora adesso ai lati del fiume”. La ghiaia era venduta alla Provincia di Como per fare strade, ma anche ad alcune imprese che iniziavano un’attività edilizia.

Anche il commercio della legna si rivolgeva all’area milanese a alla Brianza: “Ricordo che un giorno stavo portando un carico di legna a Casatenovo e sono stato fermato dalla polizia a Valmadrera: dovevo avvertire mio padre di portarmi alcuni documenti ma non c’erano i cellulari… Da un telefono pubblico ho chiamato Pédro Marcotél, che gestiva il Bar in piazza a Pasturo; questi si diede da fare per avvertire mio papà, che però non poteva lasciare il Bar se non sopraggiungeva qualcuno… Solo verso sera mio papà è riuscito a scendere a Valmadrera col motocarro e sbrogliare la situazione”.Sempre continuando l‘attività del nonno, anche il papà di Giuseppe faceva contemporaneamente il taglialegna. Complessivamente aveva una decina di operai. Finita la guerra c’era un surplus di legname, soprattutto fascine, che non si riusciva a smerciare: “Allora mio papà, per utilizzare il legname, decise di realizzare una ‘calchèra’ per fare la calce. Il materiale lo si prendeva in una cava presso i Mauri o anche alcuni sassi nel Pioverna. La calce allora era molto richiesta dai muratori ma anche dagli agricoltori; si vendeva addirittura ad alcuni viticoltori nel bresciano e in Emilia per spargere sulle piante contro i parassiti”.

Nel frattempo si era incrementato anche il commercio di sabbia e ghiaia che venivano estratte non solo sulle sponde del Pioverna ma, sul finire degli anno ’40, anche in una cava, ora chiusa, sulla strada della ‘Spinéra’. La ghiaia veniva fornita anche al Comune di Pasturo, in particolare per “insabbiare” le strade durante l’inverno. Infatti i Ticozzi avevano l’appalto per la neve, che poi Giuseppe tenne fino al 1985: “La slitta nei primi anni era trainata da due o anche tre cavalli, che ci prestavano alcuni agricoltori perché d’inverno non ne avevano bisogno; in particolare Invernizzi Giorgio (Bitòt), e Invernizzi Giuseppe, Carlo e Giovanni (Campèto). Era molto faticoso soprattutto quando capitava di fermarsi perché la ripartenza era sempre molto difficile; le cose sono migliorate molto quando nel 1951 ho acquistato una Jepp, la famosa Willy… C’erano alcuni cittadini che collaboravano a spalare la neve mentre altri, appena passavi con la slitta, si affrettavano a ributtare la neve in mezzo alla strada... Per insabbiare (non c’era e non si usava il sale…) avevamo il motocarro, l’Ercole della Guzzi; io guidavo e Santo (Cipéta) in piedi sul cassone spandeva la sabbia sulle strade. Adesso tutti si lamentano se rimane un po’ di neve, mentre allora i ragazzi si arrabbiavano perché dopo non potevano più slittare; allora la neve rimaneva sulle strade per diversi mesi e si poteva partire con la slitta dalla Cappelletta, sulla strada dei monti, e scendere quasi fino alla provinciale. Il Comune ha fatto anche un’ordinanza prevedendo delle multe per quelli che continuavano a slittare sulle strade del paese… era Sindaco Vittorio Doniselli e fra i primi a prendere la multa sono stati i suoi figli Livio e Antonio…

Negli anni 1955 e ‘56 Giuseppe presta il servizio militare prima ad Avellino con la cavalleria poi a Palmanova del Friuli ma per alcuni problemi respiratori è tornato a casa in convalescenza prima del termine e questo ha significato anche la ripresa del lavoro. Era appassionato di motori per cui il sabato e la domenica, quando non doveva lavorare, andava a Barzio nell’officina Corti per imparare. Nel 1957 è andato anche a Milano in un’autofficina dove è rimasto per circa un anno: “In effetti ho sempre aggiustato io i miei mezzi, dal motocarro al trattore, dalla Jepp alle ruspe, e a volte anche quelli degli altri”.

Nel 1972 si sposa con Giuseppina Maroni di Primaluna e insieme prendono direttamente in gestione – si tratta della terza generazione - l’Osteria della Fermata.

Giuseppe continua però l’attività soprattutto col Comune dove aveva pure la gestione del servizio di raccolta dei rifiuti: Inizialmente si mettevano davanti a casa dei secchi con l’immondizia e io passavo due volte alla settimana, con l’aiuto di Doniselli Giovanni (Gioanìn de Tagna) e Santo (Cipéta), a vuotarli. Dovevo anche raccogliere i mucchietti di sabbia che i due addetti alla pulizia delle strade, Giuseppe Bergamini (Moschét) e Pietro Cimpanelli (secrista), lasciavano in diversi punti. I rifiuti li portavamo all’inizio vicino al ponte dei Riva poi in un discarica che il Comune aveva realizzato nei pressi del ponte di Chiuso, dove di tanto in tanto si bruciava, mentre da ultimo erano stati posti dei “cassoni” che gli addetti al Forno Inceneritore di Valmadrera, attivato nel frattempo, provvedevano a vuotare periodicamente. Anche sotto l’oratorio, dove poi è stato ricavato il campo di calcio, capitava di portare soprattutto materiale di scavo o di demolizione”.

Giuseppe, che conosce la storia del paese e dei suoi abitanti da diversi punti di vista, è stato un collaboratore prezioso per il Comune, ma non solo. Infatti lo chiamavano anche altri imprenditori o privati quando avevano determinati lavori da effettuare: è stato ad esempio ai Piani di Artavaggio sia per realizzare alcuni Skylift che per far “brillare”, coi candelotti di dinamite, alcune rocce che ostruivano i passaggi delle piste.

Si potrebbe continuare perché Giuseppe è veramente ‘una miniera di ricordi’, peraltro tutti documentati: mi mostra ad esempio l’atto di acquisto della Licenza di “Esercizio pubblico per vendita di vino e liquori di bassa gradazione” , come pure le copie delle fatture emesse negli anni quaranta a carico della Provincia di Como o del Comune di Pasturo sia per la vendita di sabbia e calce, che per la raccolta rifiuti ecc: “Mia mamma teneva la contabilità ed era molto precisa, e noi abbiamo conservato tutto…” conclude Giuseppe.

                                                                      

                                                                                                            Guido

 

1 Andrea Orlandi - Memorie Storiche di Pasturo e Bajedo in Valsassina – Comune di Pasturo, 1995

 

IL GRINZONE n.67