LE SORELLE RIVA


Angela e Rina, le sorelle Riva: è difficile pensarle se non insieme.
E invece Rina (nata nel 1929) e Angela (nata nel 1933) hanno trascorso l’infanzia e l’adolescenza sulle sponde opposte del Pioverna.

I genitori, Alessandro e Antonia Ripamonti, entrambi del 1907, abitavano a Barzio e solo dopo il matrimonio (1928) si sono trasferiti a Pasturo dove il papà aveva rilevato una falegnameria da un Orlandi emigrato a Tripoli.
La nuova famiglia doveva, per così dire, assestarsi ed organizzarsi, anche perché allora abitava in una casa vicino al torrente Grinzone mentre la falegnameria, che necessitava di essere ristrutturata, era in via Baiedo (dove le sorelle Riva ancora abitano). Per questo la primogenita Rina è stata “affidata” ai nonni di Barzio, nella casa dei Manzoni, dove è rimasta fino ai 18 anni; Angela invece è sempre vissuta a Pasturo.

Tutte le domeniche però la famiglia si recava a Barzio a trovare la sorella “mentre io avrei voluto andare all’oratorio a giocare” dice Angela. Capitava però che anche i parenti da Barzio venissero a Pasturo; fu così che Agnese, zia materna, ha conosciuto il futuro marito, Bergamini Pierino (‘Roberto’, il papà di Bruno e di Maria Teresa), che abitava nella casa vicina. Non possono dimenticare quando Maria Teresa, nel 1962, è mancata per una patologia renale. “Le ragazze di Pasturo che rincasano frettolose per un pranzo dopo una mattinata di lavoro (…) oggi sembrano fatte silenziose  e meste. Hanno sentito suonare l’agonia, termine col quale si usa definire, nel nostro gergo popolare, il mesto rintocco della campana che annuncia al paese la morte di qualcuno. Il solito cicaleccio di questa gioventù piena di vita si è fatta quasi un bisbiglio: è morta Maria Teresa…”. Così don Tullio ricordava quel fatto sul settimanale “Il Resegone”.

Il papà di Rina e Angela, falegname, come era consuetudine allora, preparava anche le casse da morto; spesso erano i parenti del defunto a portare le tavole di legno da utilizzare per costruire la bara; il falegname poi doveva recarsi a casa del morto a “prendere le misure”.  Angela ricorda un episodio relativo a due fratelli anziani che vivevano da soli; quando uno dei due si ammalò, l’altro andò in falegnameria a chiedere di ‘prendere le misure’. Il papà chiese se il fratello fosse morto. “No – rispose – ma l’è mei vès pront e métel subet ‘n de la càsa perché a cà gh’è tanti ràt”. In effetti – ricorda ancora Angela – “quando mio padre si recò nella casa ci disse che c’era molta miseria e bisognava difendersi dai topi…”. Un altro ricordo riguarda le piccole bare per i bambini; ne morivano molti allora, anche neonati. Papà Alessandro utilizzava farina con l’albume d’uovo per incollare al legno una carta azzurra per i bambini e rosa per le bambine.

La mamma faceva la sarta; anche Rina fu indirizzata, appena terminate le elementari, “a bottega” presso una signora di Milano che d’estate veniva in vacanza a Barzio; l’anno successivo fu mandata da alcuni parenti a Lovere per seguire una scuola di ricamo presso le suore. Precedentemente aveva frequentato l’asilo dalle Suore Guanelliane e la scuola elementare a Barzio. Ricorda la maestra Gisella Zuccaro, molto brava, ma anche i maestri Rossi e Pezzati: “Ho ricevuto la croce al merito per il saggio ginnico e lo studio; è stata appesa per un po’ in casa, ma al papà non piaceva molto il simbolo del fascio…”. A Barzio ha ricevuto anche la Prima Comunione e la Cresima. “Barzio allora era un piccolo Comune – racconta Rina - con molti ‘milanesi’ che frequentavano gli alberghi ed alcune ville. Le seconde case e i condomini sono venuti molto dopo. C’erano moltissimi prati che si estendevano al di là della chiesa, che allora era piccola, fino all’asilo”.

Angela invece ha sempre vissuto a Pasturo, quasi da ‘figlia unica’, dove ha frequentato l’asilo e la scuola elementare: “Mi piaceva molto andare a scuola, e ricordo bene la maestra Baroni di Laorca (l’ho incontrata quarant’anni dopo ricoverata in clinica e ci siamo riconosciute e salutate), il maestro Muttoni e la maestra Bambina. In classe c’erano diversi compagni maggiori di età che ne combinavano… Ricordo il Nigi che portava sempre alla maestra la bacchetta per indicare i posti sulla carta geografica, ma che spesso invece le prendeva con la stessa bacchetta…”. Ha ricevuto la prima Comunione a soli 6 anni: siccome c’era Millo Merlo, di 7 anni, ed insieme i cugini Bruno Colombo e Mariuccia di 6 anni, anche Angela ha voluto aggregarsi… “Ricordo la gita fatta in pullman alla Madonna del Bosco, mentre l’anno successivo in gita sono andati solo a Primaluna”. Finite le elementari fu mandata a Lecco ‘a bottega’ da una signora che faceva la sarta. Angela aveva già imparato molto dalla mamma ma doveva comunque specializzarsi. In realtà lei avrebbe preferito fare il falegname come il papà, ma allora non era possibile. Le piaceva anche andare in campagna, fare il fieno, accudire le bestie… “Volevo un gerlo tutto per me e mio zio Piero (marito della zia Eufrasia “Frasìna”) aveva iniziato a costruirmelo, ma fu richiamato in guerra e dovette partire per la Russia da dove purtroppo non è rientrato. Tutte le volte che andavo a casa dei miei zii vedevo il gerlo, non ancora finito, appeso ad una parete ma non ho mai avuto il coraggio di chiedere a qualcun altro di terminare il lavoro…”.  Come pure gli zoccoli di legno con sotto i ferri: “Me li aveva promessi, ed aveva iniziato a farli Geremia Arrigoni di Baiedo, ma anche lui ha dovuto partire per la guerra e addio zoccoli…”  Ricorda anche che aveva imparato a mungere: “Me l’ha insegnato mio zio Edoardo perché i miei non volevano”.

Di fatto entrambe le sorelle hanno poi continuato a fare le sarte, dapprima assieme alla mamma, deceduta nel 1985, e poi da sole: Angela più portata per i vestiti dei bambini e molto abile nel cucito, mentre Rina era provetta anche nel “taglio”; la “donna di casa” era prevalentemente Angela, chi si rapportava con i clienti Rina; entrambe comunque molto apprezzate, non sono mai rimaste senza lavoro…

Le sorelle Riva hanno sempre collaborato volentieri alla preparazione dei costumi per le recite dei bambini dell’asilo o per le sfilate di carnevale. Una particolare attenzione era riservata all’abito della Madonna della Cintura quando aveva bisogno di qualche rammendo; qualche anno fa hanno addirittura dovuto sostituirlo con un abito nuovo confezionato da loro. 

   

La fornace

La casa al di là del Pioverna, dove ancora passano l’estate, era detta la “Fornace Riva” (o fornace di Canteliberto) perché poco sopra cavavano l’argilla che lì veniva lavorata per farne mattoni. Durante la prima guerra mondiale il nonno Angelo morì e la nonna rimase sola con i figli più piccoli - Enrica, morta poi per la “spagnola”, Rita, Alessandro, Maria (Mariéta) ed Eufrasia (Frasìna) - mentre i tre “grandi” - Casimiro (morto poi in combattimento e decorato con la croce al merito), Giovanni ed Edoardo - erano al fronte. Per questo la nonna si trovò in grosse difficoltà e, forse anche “raggirata” da qualcuno, fu costretta, per mantenere almeno l’abitazione e salvaguardare i figli, a cedere il diritto di cava ai Merlo (Mantovan). Questi ultimi cavavano l’argilla e la trasportavano con una teleferica fino alla zona di Pratobuscante, dove adesso c’è la sede della Comunità Montana, per lavorarla e cuocere i mattoni. 

     

Alla “fornace Riva” pertanto non si lavorava più e la stessa, dopo la guerra, fu gradualmente trasformata in abitazione, con annessa una piccola stalla, e divenne di proprietà del papà Alessandro, mentre nella casa di abitazione vicina vivevano ancora gli zii Edoardo e Giovanni.

Dopo la seconda guerra mondiale i Riva iniziarono una loro particolare “transumanza”: d’inverno vivevano a Pasturo e d’estate a Barzio al di là del Pioverna, appunto in zona Canteliberto.

Nel 1950, nella cava dove i Merlo continuavano ad estrarre l’argilla (non è chiaro se con le dovute autorizzazioni e norme di sicurezza), ci fu una grossa frana che travolse parzialmente anche la casa degli zii. Si iniziò allora un contenzioso che andò avanti oltre vent’anni. Negli anni sessanta una seconda frana costrinse i Merlo a sospendere gli scavi che ripresero in un’altra area più spostata verso Introbio (Moncucco). 

 

Il ponte

Un ponte di legno sul Pioverna fu abbattuto da una piena negli anni quaranta. L’attraversamento era possibile o su una passerella, che regolarmente ad ogni temporale subiva danni se non veniva del tutto travolta, oppure coi mezzi attraverso un guado. Negli anni ’60 Riva Alessandro ottenne i permessi per costruire un ponte privato. Il progetto fu elaborato dall’Ing. Selva e la costruzione affidata ai Camozzini di Barzio. Sulla riva di Barzio il ponte appoggia sul terreno di loro proprietà mentre sul versante di Pasturo, per non interferire con la strada comunale, hanno acquistato una porzione di terreno dove il ponte finisce. Quindi il ponte è tuttora privato. Tuttavia c’è sempre stata la disponibilità a concordare anche con altri il diritto di passaggio. Infatti attualmente, sulla base di una convenzione stipulata con la Comunità Montana, il “ponte dei Riva” serve anche per collegare la pista ciclabile tra Barzio e Pasturo. 

 

La “colonia”

Negli anni 1956/57, alcuni parenti di Usmate (da dove proveniva il nonno materno) cominciarono a portare vari nipoti ed anche alcuni amici da Rina e da Angela a soggiornare nei mesi di luglio ed agosto. Successivamente anche alcuni pasturesi iniziarono ad usufruire di tale servizio, in particolare durante la giornata: “Anche il dr. Magni  diceva alle mamme di mandare dalle sorelle Riva i figli che presentavano problemi di crescita o di inappetenza…”. Allora non occorrevano tutti i permessi ed autorizzazioni necessari oggi per cui l’esperienza, molto apprezzata, è continuata fino alla fine degli anni settanta ed ha coinvolto moltissimi ragazzi. Qualche estate le sorelle Riva hanno accolto oltre una ventina di ragazzi: “Si divertivano, scorrazzavano nei prati, organizzavano giochi e rappresentazioni, qualche volta facevano anche un po’ di compiti e soprattutto erano contenti, come ancora ricordano alcuni che ci vengono a trovare”.  Tutta la famiglia Riva era coinvolta: la mamma era addetta alla cucina, il papà spesso accompagnava i ragazzi in montagna, Rina e Angela erano le “animatrici”.  L’esperienza è poi continuata, per così dire,  coi bambini dell’asilo che regolarmente, a luglio, passano una giornata dalle sorelle Riva: “Hanno iniziato a venire suor Diamantina e suor Teresina e poi la tradizione è continuata”.

 

Nonostante l’età, Rina e Angela sono ancora attive, pur non svolgendo più il lavoro di sarta. In particolare nel periodo estivo si trasferiscono ancora al di là del Pioverna; per chi passa da quelle parti c’è sempre una gradita accoglienza.

                                                                   

                                                                                         Guido

IL GRINZONE n. 58