MICHELE "MARTINAL"

 

Primi giorni di giugno: ci sono ben quattro nidi di rondine nella stalla dove Carlo col padre Michele sta lavorando. “I piccoli sono già volati via dal nido - mi dicono - ma alla sera ritornano a dormire e al mattino, quando è ancora buio e veniamo in stalla per iniziare il lavoro, appena accendiamo la luce, è il loro cinguettio a darci il buongiorno”. Ancora per poco perché verso metà mese si sale all’alpeggio di Biandino …

Anche per Michele e la sua famiglia, come per gli altri “bergamini”, la giornata è lunga: inizia molto presto, quando ancora è buio, e si conclude dopo che il sole è tramontato da parecchio tempo … E questa vita la conduce, si può dire, da quando è nato: “All’inizio di ottobre del 1938, quando mio papà è sceso con la mandria a Bernate Ticino con la classica transumanza, mia mamma con le due figlie piccole Mariuccia e Teresa si è fermata a Pasturo perché mancavano pochi giorni alla mia nascita. Infatti sono nato il 10 ottobre e pochi giorni dopo, mi hanno raccontato, mio papà è tornato col cavallo e il carretto per riportarci tutti a Bernate”. La vita di Michele Platti, come quella delle sorelle (vedi IL GRINZONE n. 55) si è svolta prevalentemente nella “bassa milanese” mentre a Pasturo e soprattutto a Biandino si tornava solo d’estate.

Questo fino al 1969 quando Michele, il 31 maggio, si sposa con Bellati Irma, una premanese conosciuta nelle estati trascorse a Biandino dove Irma lavorava al Rifugio gestito dai “Folàt”. L’anno successivo Michele decide di costituire una propria azienda agricola, inizialmente con circa venti capi bovini e diversi suini, e si ferma definitivamente a Pasturo. Gestendo l’azienda da solo non era in grado di sobbarcarsi anche il trasferimento “alla bassa” per la stagione invernale. Col resto della famiglia (le sorelle e il fratello Nino) continua però a condividere l’alpeggio di Biandino in estate, così come avviene ancora oggi.

All’inizio gli dà una mano anche lo zio Antonio (Tonèla) che, non avendo avuto figli, vive col nipote “Tutti i giorni andavo a Baiedo a prenderlo e alla sera lo riportavo a casa, ma di giorno è sempre stato con noi; aveva proprio la passione per questo mestiere e anche gli ultimi anni, pur essendo in carrozzella dopo aver avuto un ictus, chiedeva di essere accompagnato in stalla dove avrebbe voluto ancora dare una mano…”.

Sono stati anni molto difficili per Michele ed Irma; ancora adesso si commuovono pensando alla prima figlia, Giovanna, nata nel 1970. Quando erano a Biandino stava bene ma a casa faceva sempre fatica a respirare; i medici non capivano le cause finchè il dr. Grossi, assieme al Primario Pediatra di Lecco dr. Zanini, ha pensato di inviarla in un centro specializzato che allora era a Verona: lì hanno diagnosticato la fibrosi cistica. Ha avuto vari ricoveri e da ultimo, nel 1975, è stata a Verona parecchi mesi assistita dalla mamma Irma, mentre Michele andava a trovarle la domenica. “Siamo stati aiutati dalla famiglia Fazzini, originari di Premana ma residenti a Verona”. Irma in quel periodo era incinta e i medici non volevano lasciarla tornare a casa; per questo Carlo è nato a Verona. Pochi giorni dopo Michele ha riportato a casa la moglie, Carlo ed anche Giovanna ormai in fin di vita. La ricordano con gli occhi lucidi Michele ed Irma: “Era una bambina molto vivace, affettuosa e socievole ed era veramente una tristezza vedere la sua sofferenza, i suoi sforzi per respirare e non poterla aiutare …”. Michele ed Irma mi mostrano un foglio un po’ ingiallito con l’omelia di don Tullio durante il funerale: “Essere immersi nella sofferenza, vivere accanto alla sofferenza innocente, spinge a volte alla ribellione, quasi alla bestemmia. Certe situazioni dolorose sono sfide alla nostra povera fede, se guardate in un’esistenza isolata, chiusa in se stessa, finita tra le pareti di questo mondo. Ma la sofferenza acquista senso (…) nella misura in cui si trasforma in impegno, in speranza, in unione alla sofferenza del Figlio di Dio per la costruzione di un mondo migliore”.

Due anni dopo, nel 1977, nasce Maria, purtroppo con la stessa patologia della primogenita; muore quando ha appena tre mesi.

Pur in mezzo a queste gravi difficoltà Michele e Irma, con la collaborazione dello zio Tonèla, continuano la loro attività. Carlo cresce e si appassiona subito al lavoro nei prati e nella stalla e pian piano diventa il riferimento dell’azienda: quando muore lo zio Tonèla, nel duemila, ha ormai 25 anni.

  

 

Nel frattempo Michele ha costruito, negli anni 1996/97, una nuova stalla, accanto alla casa acquistata dal papà nel 1957. L’azienda oggi conta circa una sessantina di capi fra mucche, vitelli e manze. A parte il periodo d’alpeggio, quando lavorano il latte e producono taleggi, hanno sempre conferito il latte ad aziende locali: inizialmente alla Mauri poi, dopo la costituzione della Cooperativa con altri allevatori, ad altre aziende e, da ultimo, alla Gildo Ciresa. E’ un tasto dolente quello del prezzo del latte: è sì riconosciuto qualche centesimo in più al litro (rispetto ai 31 centesimi del latte di pianura) ma certo non compensa la maggiore fatica e minore redditività dell’allevamento in montagna.

Michele è sempre attivo nell’aiutare il figlio Carlo anche se ultimamente è afflitto da un serio problema agli occhi per cui non riesce a vedere bene e deve stare più cauto ed attento. Anche la moglie ha i suoi acciacchi, in particolare alla schiena, che la costringono ad essere quasi totalmente curva: “Certo è anche conseguenza del portare i secchi per il latte e per l’acqua ed altri pesi… che hanno provocato dei veri e propri strappi ai legamenti che non mi permettono più di stare in posizione eretta. Ma come si poteva non aiutare quando si vedeva il bisogno?” mi dice Irma.

Nonostante tutto, nel raccontare e ricordare la loro storia, Michele, Irma e Carlo sono sereni, consapevoli delle fatiche e dei problemi ma anche delle prospettive: “Non si guadagna a fare questo mestiere - dice Carlo - ma neppure possiamo lamentarci; certo bisogna avere molta passione e voglia di lavorare”. “Nostro padre - aggiunge Michele - ci ha insegnato ad andare sempre d’accordo per cui con le mie sorelle non abbiamo mai litigato ed è bello vedere che anche Carlo va d’accordo col cugino Natale; quando c’è bisogno sono sempre pronti a darsi una mano”. “E quando non ci saremo più noi?” aggiunge la mamma, per poi concludere “Carlo è dotato di così grande passione ed entusiasmo che sicuramente sarà in grado di trovare le giuste soluzioni e l’energia per continuare”.

 

                                                                                              Guido

 

 

 

IL GRINZONE n.57