MYANMAR: UN VIAGGIO "DA SOGNO"
E' stato un viaggio desiderato e preparato: sapevamo tutti, eravamo in tredici, che avremmo visto luoghi bellissimi e che avremmo incontrato persone gentili e disponibili, ma nessuno di noi immaginava di essere assorbito da un'atmosfera di semplicità e serenità, come quella che caratterizza un paese ed un popolo molto attivo e per nulla fatalista. Il Myanmar, chiamato impropriamente Birmania per un errore che nasce dalla dominazione inglese (da Burma, nome di una popolosa etnia di quei luoghi), è nata da un miscuglio di etnie, unificate negli anni '30 del secolo scorso dal generale Aung San al governo in quel tempo, il padre di Aung San Suu Kyi.
La religione che aggrega gli abitanti è quella buddista, connotata però da un misticismo e una essenzialità che la rendono molto diversa da quella che noi conosciamo, identificabile nel Buddismo tibetano del Dalai Lama. Per la strada si incontrano frequentemente monaci e monache che attendono con semplicità e dignità che una persona offra loro del cibo, il solo di cui si nutriranno quel giorno.
Le pagode sono luoghi di culto, di incontro, di festa familiare, di preghiera, di allegria e di religiosità semplice, aperte ai turisti purché accettino di rispettare le regole del luogo sacro: si può entrare solo a piedi nudi, senza nemmeno i calzini.
Il nostro viaggio ci ha portato a visitare siti famosi per qualità artistica e importanza storica, offrendoci un forte contatto con la cultura del Paese: è stato un percorso che ci ha consentito di avvicinare un popolo che, nonostante le difficoltà causate da un regime politico dittatoriale, è splendidamente sorridente e trasmette un grande senso di cordialità, infondendo al visitatore un senso di pace.
Il viaggio si è svolto in occasione del festival della Luna Piena sul lago Inle, più precisamente il festival della Pagoda Do Phaung Daw Oo.
E’ una ricorrenza eccezionale per chi è interessato ad incontrare da vicino il folklore del Myanmar in una delle sue manifestazioni più belle, nel contesto particolarmente accattivante del lago di Inle dove si trovano villaggi e templi in legno di tek su palafitte e la vita si svolge in simbiosi con l’acqua, con i mercati che si tengono sulle barche e le coltivazioni sviluppate sugli orti galleggianti. Durante il festival le immagini sacre della pagoda di Phaung Daw Oo, le più venerate della regione dello Shan di cui il lago è parte, vengono trasportate con tutti gli onori su una barca speciale (il Karaweick) in processione da villaggio a villaggio.
Ma l’evento più atteso si è svolto nella giornata del 2 novembre, quando si tengono le tradizionali gare dell’etnia Shan, con donne e uomini vestiti nei propri abiti tradizionali che si affrontano in competizioni con le barche a remi governate con i piedi in stile rigorosamente shan. Tutto attorno si crea una situazione gioiosa e di festa, con rappresentazioni di danza in costume ed anche un ampio mercato con miriadi di banchetti che propongono cibi e mercanzie, dove si vedono spettacoli teatrali e con pupazzi.
Abbiamo visitato la Golden Rock, un’enorme roccia sferica coperta di lamine d’oro in bilico sul bordo di un precipizio di una montagna (si crede con l’aiuto di un capello del Buddha), importante luogo di pellegrinaggio e sicuramente una delle immagini più conosciute del Paese, viaggiando per circa 11 km su una strada dissestata. Eravamo nella prima parte del percorso sistemati come sardine nel cassone di un camion dotato di panche di legno e successivamente abbiamo proseguito a piedi per l’ultimo tratto in salita (circa 45 minuti). La vista sulla pianura circostante era mozzafiato.
Qualche giorno dopo si è svolto l'evento inaspettato che ha avuto Luigi come protagonista principale. Stavamo andando in pullman verso il Monte Popa (1518 m.), roccia che domina drammaticamente la pianura circostante, sulla cui sommità, al termine di una lunga e ripida scalinata, si trova uno stupa (costruzione sacra tipicamente buddista) luogo di pellegrinaggio per i birmani in quanto ritenuto dimora degli spiriti Nat più potenti. Durante il viaggio il nostro pullman si è rotto irrimediabilmente, nonostante Luigi abbia cercato di aggiustarlo insieme all’autista ed a volonterosi che passavano per quella strada.
Abbiamo quindi chiesto un passaggio ad un veicolo tipo pick-up che trasportava altre persone, e ci siamo sistemati in undici come si poteva nel cassone, insieme ad una coppia birmana con due figli che raggiungeva i parenti nel villaggio.
Due dei nostri non avevano altro posto se non sul tetto: uno di questi era Luigi, che ha fatto un viaggio di circa due ore sfidando le buche della strada, gli insetti, il caldo ed il sole. Alla fine eravamo tutti un po' rotti, ma lui sicuramente di più!
La Birmania è avventura in un mondo a noi ignoto, da approcciare con rispetto e voglia di conoscere, ma è anche luogo suggestivo con alberghi accoglienti, buon cibo, bel clima, magnifico artigianato.
E soprattutto è bella gente: la nostra giovane guida birmana quando ci ha salutato alla fine del nostro viaggio si è commossa ed anche noi lo abbiamo salutato con affetto sincero: speriamo di rivederlo presto in Italia....o in Birmania.
Ornella
IL GRINZONE n.41