SHANGRI-LA


A Pasturo esiste da alcuni anni un’Associazione denominata “Shangri-La”. A volte qualcuno si chiede cosa significhi o da dove arrivi tale nome. Alcuni amici che hanno visitato recentemente la Cina sono passati proprio da Shangri-La.

 

Il mito tibetano di Shambala, oggi meglio conosciuto in occidente come Shangri-La, è arrivato a noi come un insieme di tradizioni orali e scritte, contenute negli antichi documenti buddisti, che raccontano di come Shambala “(…)è circondata da un anello di risplendenti montagne innevate che proteggono il regno da coloro che non sono sufficientemente preparati per avvicinarsi ai suoi domini. Gode di immense ricchezze in oro, argento, e altri preziosi, di meraviglie della natura come animali esotici e piante tropicali. Un’altra caratteristica è quella riguardante la longevità di abitanti e sovrani. I suoi abitanti raggiungono l’età anche di alcune centinaia di anni grazie allo stato di meditazione e in generale di pace in cui vivono”

Nel 1933 James Hilton, sceneggiatore e scrittore inglese, scrisse e pubblicò il suo libro più famoso: Orizzonte Perduto in cui raccontava di una valle himalayana chiamata Shangri-La. Il mondo era appena uscito dalla Prima Guerra Mondiale profondamente provato e stava subendo il collasso economico e la disoccupazione di massa conseguenti al Crollo di Wall Street del 1929. Inoltre era il periodo di ascesa del militarismo e di dittatori come Hitler e Mussolini, con la prospettiva di una guerra ancora più distruttiva all'orizzonte. Non c'è da stupirsi, quindi, se le masse trovarono così facilmente un rifugio fantastico nel mondo di pace, civiltà e bellezza descritto da Hilton. Orizzonte Perduto divenne un bestseller e venne trasformato in film dal leggendario regista Frank Capra nel 1934; Shangri-La, la fantastica valle del libro, ebbe una così forte attrattiva che persino l'allora presidente degli Stati Uniti Roosvelt diede questo nome alla sua residenza in campagna, poi rinominata Camp David.

La storia che tanto affascinò il mondo ha in realtà una trama piuttosto semplice. Un gruppo di tre uomini e una donna inglesi e americani, fuggendo dalle rivolte del Pashmir, viene dirottato dal pilota del piccolo aereo su cui viaggia verso quelle che deducono essere le montagne della catena Himalayana. Il protagonista del romanzo, Conway, riesce ad intuire la direzione presa dall'aereo, ma fin dall'inizio l'indicazione del luogo in cui si trovano rimane piuttosto vaga. Quando il piccolo velivolo si schianta in mezzo al nulla ghiacciato di quello che potrebbe essere l'altopiano tibetano, gli sventurati viaggiatori vedono comparire una piccola carovana di portatori e una portantina con un anziano monaco cinese. Questi li scorterà attraverso un sentiero impervio in mezzo alla neve fino all'imbocco di una valle che ospita il monastero di Shangri-La e che è circondata da una catena di fitte montagne, dominate da un picco imponente; la vallata appare così nella prima descrizione che ce ne dà Hilton:  "(...) Poi il terreno si appianò ed emersero dalla nebbia in un'aria chiara e piena di sole. Davanti a loro, non molto lontano, sorgeva il monastero di Shangri-La. A Conway, che lo vedeva per la prima volta, sembrò quasi un'ondeggiante visione scaturita unicamente dal ritmo a cui tutte le sue facoltà erano state costrette dalla mancanza di ossigeno. Era infatti un'apparizione stranissima, quasi incredibile. Un gruppo di padiglioni colorati si aggrappava al fianco della montagna, ma non con la truce ostinazione di un castello della Renania, bensì con la grazia delicata di petali in fiore impigliatisi nella balza rocciosa. Era stupendo. (...) Di lontano il fondovalle, un po' indistinto, appariva piacevolmente verde; al riparo dei venti e sotto alla sorveglianza più che sotto il dominio del monastero, la vallata parve a Conway un luogo deliziosamente privilegiato, benché le catene di montagne altissime e inaccessibili che si ergevano all'orizzonte costringessero all'isolamento gli eventuali abitanti."

 

Più avanti nel libro Conway e i suoi compagni scendono nella vallata a visitare il villaggio; quello che appare ai loro occhi ci viene descritto così:  "(...) La vallata era infatti un piccolo paradiso meravigliosamente fertile: vi crescevano a profusione le messi più disparate, le une accanto alle altre, senza lasciare infruttuoso un solo palmo di terra. L'area coltivata si stendeva per una ventina di chilometri, con una larghezza che variava dai due agli otto chilometri. Questa striscia di terra, benché stretta, aveva la fortuna di ricevere il sole nelle ore più calde. Anche all'ombra infatti l'aria era tiepida benché i ruscelli che irrigavano il terreno fossero gelidi e d'origine nevosa. (...) L'enorme massiccio che sovrastava la valle, faceva un perfetto contrasto con i praticelli e i giardini ben curati, con le case da tè dai colori vivaci disposte lungo il fiume e le casette deliziose come giocattoli. Gli abitanti, un felice incrocio tra cinesi e tibetani, erano più belli e più proporzionati di quanto non lo fossero le due razze prese singolarmente; (...) erano allegri e poco curiosi, cortesi e spensierati, affaccendati in svariatissimi lavori, ma senza mostrare alcuna fretta. (...) ."

 

Il libro di Hilton, come già detto, per una serie di motivi, ebbe un enorme successo. Subito esploratori partirono alla ricerca di Shangri – La, luogo della pace e della soluzione a tutte le guerre. Inutile dire che ogni ricerca è stata vana. Ma, grazie a Hilton, le zone del Tibet, dell’Himalaya e dei Paesi che li circondano sono diventate famose. Negli anni il numero di esploratori alla ricerca della mitica valle di Shangri-La - Shambala sono aumentati; le ricerche si sono concentrate nell’area tibetana, ma molti si sono diretti anche altrove, seguendo le indicazioni date da leggende e da libri guida della tradizione buddista e dove si trovano le indicazioni per raggiungere Shambala.

Oggi, in un mondo che ha ormai apparentemente poco spazio per i miti, alcuni ancora cercano il regno nascosto di Shangri-La – Shambala. Nel dicembre 2001 Shangri-La è finalmente comparsa; si trova in Cina, in una delle sue province più periferiche, lo Yunnan, a pochi chilometri dal confine con il Tibet. Non si è trattato di un ritrovamento, né di un mistero legato alla magia; più semplicemente, il 17 dicembre 2001 il Concilio di Stato ha dato alla cittadina di Zhongdian, nel nord ovest dello Yunnan, il permesso di cambiare ufficialmente il proprio nome in Shangri-La. Quest’operazione non deve stupire; si tratta di una manovra che va ad aggiungersi a molte altre volte a fare dello Yunnan, e in particolare della regione confinante con il Tibet, una delle zone più turistiche del Paese. Questa regione è diventata nel corso degli ultimi dieci anni una delle mete più ambite per il turismo etnico di massa, un nuovo tipo di turismo che porta i più abbienti appartenenti alla etnia Han a visitare le zone con una maggior concentrazione di minoranze etniche. Lo Yunnan, con una presenza sul territorio di 25 etnie delle 56 ufficialmente riconosciute, è quindi una delle mete di maggior interesse. In quest’ottica di sfruttamento turistico le aree confinanti con il Tibet sono tra quelle più interessanti; ecco quindi spiegato come Shangri-La sia apparsa in Cina.

 

Arrivare a Shangri-La, per chi ha letto il libro di Hilton, può essere definito un'esperienza traumatica. Dopo un viaggio di molte ore a bordo di un autobus di linea, valicando passi montani e discendendo lungo valli verdissime, con cime innevate a dominarle, d'un tratto ci si apre davanti una vallata più ampia delle altre. Il verde dei campi, il fieno steso a seccare, gli yak (tipo mucche ma molto più pelose) che pascolano, tutto ricorda le nostre Alpi ... ma guardando con più attenzione in fondo alla strada si inizia a scorgere una cittadina, spiccano grattacieli e palazzoni, e man mano che ci si avvicina le grandi insegne di hotel a dieci piani diventano più evidenti. Sulla destra compaiono cartelli stradali indicanti la strada per l'aeroporto. A quel punto, piuttosto stupiti, si tira fuori la guida turistica per un controllo: non ci siamo sbagliati, questo posto è davvero a quota 3000 ... un aeroporto qui? Grattacieli? Neanche a Cervinia hanno fatto tutto questo casino!

Una volta entrati in città ci si accorge che non è tutto come sembra ... la stazione degli autobus è piccola e sporca (cioè come tutte quelle delle piccole cittadine cinesi, e non solo delle piccole...), i tassisti, legali e non, saltano addosso ai pochi occidentali sbarcati, presunte guide turistiche distribuiscono biglietti da visita; la particolarità è che la popolazione è tutta chiaramente di origine tibetana, parla un cinese tremendo e un inglese anche peggiore...

Con un po' di fortuna (e parlando cinese...) si riesce ad evitare di essere turlupinati o, almeno, di esserlo troppo, e si attraversa in taxi una città assurda: strade ampie, anche a quattro corsie, fiancheggiate da palazzoni in pseudo stile tibetano, pareti di cemento dai colori brillanti, insegne in cinese e tibetano (che poi si scopre essere una mera traslitterazione del cinese e quindi privo di significato), turisti cinesi con cappelloni da cow boy e scarpe da trekking, ristoranti “tipici” con appesi all'ingresso teste di yak e altre cose pelose non identificabili... e dietro tutto questo una vallata verdeggiante circondata da una “bassa” catena di montagne innevate. Una volta arrivati nel centro della città, si ha una nuova sorpresa; vi si scopre infatti quello che era in origine il piccolo paese di Zhongdian, un tipico agglomerato tibetano, fatto di case di legno e pietra con stradine anch'esse di pietra che si srotolano lungo le pendici della collina fino al tempio della città. Tempio che è stato restaurato (così come la maggior parte delle abitazioni) negli anni Novanta, ricavando il vantaggio di avere la ruota di preghiera* più grande del mondo; anche il tetto del tempio ne ha ricavato dei vantaggi: è ricoperto di lamine dorate, che alla luce del tramonto donano al profilo dell'edificio contro la montagna un'aura ancor più magica.

Girando per il “centro storico” di Shangri-La, ci si accorge che il paradiso perduto è in realtà il centro dello shopping da alta montagna: ad ogni angolo le vecchie case dove viveva la gente si sono trasformate in negozi di abbigliamento sportivo; possono annoverare tra le loro offerte giacche a vento, pantaloni da sci, passamontagna, calzettoni, guanti, zaini, e chi più ne ha più ne metta... il tutto naturalmente di grandi marche a prezzi per noi quasi stracciati, mentre per i cinesi un po' meno. Accanto alle attrezzature sportive abbondano i negozi di sciarpe tessute a mano, con tanto di giovane tibetana in presunto costume tradizionale che si esibisce al telaio davanti all'ingresso del negozio.

La zona offre di tutto: piste da sci d'inverno, bird watching nei periodi migratori, valichi a più di 5000 metri, scalate, uscite a cavallo, piacevoli gite in jeep con guida parlante inglese che illustra i segreti delle varie etnie tibetane e vi porta per monasteri... anche se la cosa può non sembrare allettante, è piuttosto interessante, odore di burro di yak a parte.

Insomma, il circo offre ogni genere di divertimento per ogni gusto turistico; andandosene dalla valle del paradiso perduto ci si potrebbe chiedere se il paradiso non si sia trasformato in una sorta d'inferno per le popolazioni che vi abitano... ma cosa importa, con in mano un ottimo spiedino di carne di yak, la macchina fotografica zeppa di foto e lo zaino pieno di souvenirs, giacca a vento nuova compresa?!

 

                                                                                                   Greta Novati

 

* Le ruote di preghiera si trovano all'esterno di tutti i monasteri e templi del buddismo tibetano; consistono in cilindri generalmente di legno, all'interno dei quali si trovano rotoli di pergamena con le formule di preghiera, che vengono fatti girare più volte in senso orario dai fedeli prima di entrare nel tempio.

 

IL GRINZONE n.31